Mi sono
sacrificato in nome della recensione, l'ho fatto per il bene
collettivo, sono sopravvissuto e posso raccontarlo.
Bugo fa il naif, quello capitato un po' per caso e che non partecipa
alla festina delle medie, sta in un angolo e dice cose bizzarre, cui
non interessa nemmeno il risultato, tantomeno le regole minime o le
convenzioni che regolano la forma e la sostanza del testo e della
musica. Canta più o meno volutamente in modo trascurato, quasi
stonato, non si concede a nessun tipo di armonia che non sia
strettamente essenziale, probabilmente non gli importa davvero di
pigliare la nota e tenerla in senso canonico. Massacra la metrica,
stravolge la melodia, i testi stanno tutti su quella sottile linea
che divide il genio dall'imbecillità sovrumana, difficile
distinguere come è difficile capire fin dove arrivi l'arte o,
piuttosto, la furbizia da quartierino musicale. Esempio: "Oggi è
morto Spock / l'hanno lanciato nello spazio / ucciso dalle
radiazioni / ma che bella la fantascienza! / ma che bella la
fantascienza! / Ma mi riporta indietro / a quel messaggio / che
diceva tanto di noi. / Oggi è morto Spock / la serie finirà". Che
dire? O uno è preda del rapimento e si sente partecipe del tutto
della musica di Bugo (e non sono mica pochi!), oppure chiude qui e
va a fare altro, con molto maggiore soddisfazione. Le prime quattro,
tanto per capirci: "Plettrofolle", "Gelato giallo", "Che lavoro
fai?", "Oggi è morto Spock". Sono incredulo tutte le volte che vedo
che suona a una festa dell'Unità o di Rifondazione e la gente sotto
il palco canta in coro "ma che bella la fantascienza!". Certo, come
no, allora andiamo pure avanti con il Partito Democratico, avanti,
la fantascienza è bellissima.
(Trivigante,
07/07) |