1956, siamo nel
periodo migliore di tutto il jazz. Cecil precorre, effianca altri
che lo fanno come lui, inventa e declina nel migliore dei modi.
E' come un fiume, che si perde in mille rivoli, e se prendi un
campione d'acqua in un certo punto non cosa ci sta esattamente nel
rivolo a fianco, ma puoi capire che cosa c'era prima che si
dividessero, e allora qualche ipotesi la puoi fare, poi arriva il
solito moscone stanco, ti entra nella provetta, tutto un vibrare d'alia
vuoto, anzi finisce sempre pių gių, e ti guarda zitto mentre anega.
Coglione, cazzo fai lė dentro, mi rovini il campione! Beh, ragazzo,
tu pensa alle analisi dell'acqua, che ad annegarci dentro ci penso
io. E via che si scopre la mescalina distillata dalle ali di
calabrone. Tutti visionari, smettiamo di fumare erba, poi qualcuno
diventa eroinomane e invece Cecil Taylor sta concentrato e suona,
duro, serio, incazzoso e tamugno, come un pugno nello svomito.
Necessario per completare la nostra discografia jazz, ma molto
difficile e da dosare.
(Gnappolo,
05/07) |