Quattro anni fa,
proprio non molto dopo la sua uscita, avevo addirittura acquistato
il cd dei Virginiana, facendomi colpire dai commenti entusiastici
che leggevo nella newsletter dei Diaframma.
All'acquisto ho scoperto che la copertina rende meno misterioso il
titolo dell'album, forse banalizzandolo un po'.
Ora, io vorrei tanto dire che i Virginiana sono stati una
folgorazione e che sono diventati il mio gruppo, almeno italiano,
preferito. Cavolo, i titoli degli altri album sono anche meglio e
poi è bello pensare di potersi cullare in tanti ascolti una bella
scoperta di musica nostrana.
Però no, non ce l'ho fatta. L'entusiasmo che desideravo non è mai
arrivato, neanche dopo tre o quattro ascolti, ai tempi in cui avevo
comprato il disco.
Oggi ho pensato che, magari, ero giovane e troppo avventato, quindi
mi sono messo all'ascolto con la saggezza che i miei quattro anni in
più sulle spalle indubbiamente mi garantiscono.
Ma niente, neanche questa volta ho trovato la maniglia. Ho spinto,
mi sono concentrato, ma niente.Non mi trovo a mio agio con i testi,
che credo siano il punto debole del disco, e con il cantato, la cui
serietà stride con l'autoironia che titolo e copertina mi
trasmettono. Non parliamo, poi, dei brani di testo in inglese o in
francese, che trovo insopportabili.
In ogni caso, canzoni come La vita illusa (traccia 5) o 30 (traccia
10) si sono levate dal resto e mi hanno dato almeno un po' di ciò
che avevo bisogno: testi interessanti, a parte un "nau ai chen ghet
sadisfecscion" che vorrei incenerire, e arrangiamenti molto
godibili.
(Pazoozo,
08/07) |