Disco bello,
bellissimo, forse il più meglio di tutti i suoi. La Veirs ha uno
stile tutto suo, non particolarmente originale (non è - mi ricìto -
Ani di
Franco o Natalie o Cat Power) ma la senti e capisci subito che è
lei. Perchè ha una voce leggermente sospirata, sempre naturale e mai
sforzata, gli
arrangiamenti sono molto molto molto carini. Altra nota di stile: le
sue canzoni sembrano un po' suonate dentro un tubo, o sott'acqua,
sono come "stoppate".
Questo disco nuovo non esce dal selciato ed è un buonissima cosa,
anche perchè è - parere mio, potete non crederci - proprio bello.
Pink light pare un riff sperimentale, ma è la prima del disco per
aprire l'energia (anche se c'entra poco). Dont loose yourself è
bellissima, c'ha la
batteria elettronica stoppata e il piano scordato che suonano da dio
solo se tenuti insieme dalla melodia della sua voce (che qua indugia
verso "c'ho una
voce coi controcazzi")
Drink Deep, oltre ad avere un titolo da quarti di finale, è la sua
canzone paradigmatica, la matrice con cui tutto il resto viene
stampato. Nightingale è
sospesissima, bella e folk.
La title-track Saltbreakers sembra una canzone di Michelle Shocked,
e forse era meglio se la cantava Michelle (un po' come la numero 1),
però ci grugnisce
una buona chitarra alla fine (ripresa nella rockerissima Phantom
mountain). Visioni ed estasi in Black Butterfly, capolavoro di
sottrazione "less-is-more",
mentre Wrecking torna sul sacro territorio "Laura Veir, cantautrice
folk" (chitarra, viola e organetto)
Piccolo concorso: "Cast a hook" sembra smaccatamente una cover di un
cantante molto scambista. Se siete orecchioni scambisti origginali,
indovinerete il cantante entro i primi 10 secondi. Io so la canzone,
ma non ve la dico.
PIRILLARE senza ritorno, è meraviglioso.
(Gnappolo,
04/07) |