esplorazioni: i libri della via Pal (Puskás livrók)
Se dopo i reportages della scorsa primavera sulle librerie franzose, germaniche e ceche alla ricerca degli autori italiani apprezzati all’estero, io non fossi entrato nella più importante libreria di Budapest per proseguire l’indagine, di certo non sarei un buon riportatore.
Sono entrato, che domande.
La libreria è Irók Boltja, che sta al quarantacinque di via Andrássy, ed è la più internazionale della città: infatti, alcuni scaffali sono dedicati (grande idea, sul serio) ai testi di autori magiari tradotti all’estero, ovvero si trova, per dirne uno, Sandor Marai in edizione Adelphi. Inoltre, con cortesia lontana anni luce da qualsiasi delle nostre librerie, alcuni tavoli tondi sono disposti verso la luce, a disposizione dei lettori (lettori, non clienti), e in un cantuccino, aggratis, un bel carrelletto con acqua calda, bustine del tè, tazze, latte, limone e zuccheri vari. Costo: zero. Progressione della civiltà: incommensurabile.
Ed ora, le domande; ci sono autori italiani nelle librerie magiare? Sì. Una selva di titoli di Eco, che riscuote successo a tutte le latitudini europee, un titolo di Tabucchi (Indiai éjszaka), anche lui con una buona reputazione nella Comunità, due miracolosi titoli di Pasolini, Amado mio e Tisztátalan cselekedetck, e un incredibile edizione magiara della vita di Cellini. Complessivamente, il grado di richiesta culturale della popolazione budapestina pare essere piuttosto buona, compatibilmente con le condizioni finanziarie, non equamente ripartite sulla popolazione e piuttosto indecenti in generale: suppongo comunque che il numero dei titoli di scrittori magiari tradotti in Italia sia suppergiù il medesimo di quelli italiani tradotti in Ungheria, probabilmente a livello equivalente. Questo è tutto?
Ma no, ovvio che sto tergiversando: e vualà, due titoli due (Felelj nekem e Szólohángra) della strepitosa, immarcescibile, spigolosa beghinona Susanna Tamaro, trionfante nelle librerie del sopra e del sotto, nonostante lei non si muova, piantata nelle proprie certezze. Bang! Anche stavolta speravo di no e invece sì. Praga era risultata positiva al test-Tamaro, difficile che Budapest non lo fosse. Esiste, dunque, un vaccino, un antivirus, un qualcosa per disinstallare il flagello? Pare proprio di no.
Dal momento che il flagello si è già installato (come tu stesso, nostro trivigante esploratore-segugio sguinzagliato per il mondo ci hai dimostrato), non sarebbe meglio optare per… bo’… diserbante? pesticida? napalm? un simpatico cocktail arsenico-cianuro-vetriolo?
Mò però mi viene anche un dubbio, che si fonda sulla qualità dei suoi libri, e va nella direzione di ribaltare semplicemente l’effetto che fanno su un lettore dotato di intelligenza anche di poco superiore a quella di Gasparri: e se fosse sufficiente una buona dose di Guttalax?
Lassativi e fermenti lattici, allora, contro il moloch-Tamaro. Basterà? Non è troppo troppo forte, lei? Io ho un po’ paura.
Propongo un antidoto certamente non gradevole ma probabilmente efficace nell’allontanarne lo schifo quando la vediamo sullo scaffale. Non è che magari sarebbe sufficiente (non lo sto dicendo) leggere uno o due romanzetti tamari per iniziare ad ignorarla? (non l’ho detto).
Quando hai tanto terrore di una cosa può capitare che trovarti faccia a faccia con quella cosa faccia scomparire il… Oddio, ma cosa sto scrivendo…
No, no, scusate, mi sono sbagliato! Ritiro ogni parola. indietro tutta, annullare, annullare!
(ho realizzato all’improvviso che lo stesso criterio potrebbe applicarsi a Moccia, Pasini, Alberoni… e col cazzo che passo la vita a leggerli per ignorarli!)
Ma io uno l’ho letto! Me l’aveva regalato un’amica (amica?). E di “Va’ dove ti porta il cuore” (burp, scusate, conato immediato) ho visto il film. No, non ero entrata al cinema con una canna di mitra puntata alla schiena, ero incuriosita per il fatto che il film era girato da queste parti.
Perchè, io e lei, oltre ad avere in comune il nome (evabbè…) e il fatto di non saper scrivere (héhéhé…), siamo della stessa città, anche se è una cosa che lei schifa abbastanza (essere triestina, non che lo sia anch’io).
Per dire, magari poteva dichiararsi contraria all’intitolazione della famosa scala al giornalista fascista e combattente fascista Granbassi. Figuriamoci.
(Se qualcuno ha seguito un po’ l’argomento, all’intitolazione, prevista per maggio, si frappone ormai solo un’ultima iniziativa, anzi due: una denuncia alla Procura per apologia di fascismo contro gli assessori comunali che hanno approvato la delibera, e una al TAR, per illegittimità del provvedimento in quanto carente della motivazione. Scongiuri.).
In conclusione, autoestintasi la proposta gnappolica per intollerabile tasso di autolesività, ed essendo effettivamente fondati i timori di Trivigante, direi che alla purga ci aggiungiamo una bella mestolata di veleno per topi, e via che siamo tranquilli.