isterismo, isteria
Lungi da me insinuare alcunché, riporto solamente un’etimologia interessante e non scontata:
Il che mi serve, tra l’altro, come pretesto per rimandare a questa storia, ben raccontata da sanfello.
Lungi da me insinuare alcunché, riporto solamente un’etimologia interessante e non scontata:
Il che mi serve, tra l’altro, come pretesto per rimandare a questa storia, ben raccontata da sanfello.
Lungi da me pure, caro Trivigante, insinuare alcuncaltro (eh?), ma di che anno è la pubblicazione da cui riporti?
1926, ristampa dell’edizione del 1907… ma le etimologie mica cambiano, no?
No, effettivamente le etimologie non cambiano.
Cambia, per fortuna, tutto quello che ci gira intorno: il mondo; la società e il grado di repressione da essa esercitato sui suoi membri, segnatamente quelli di sesso femminile (anche se pure gli uomini possono soffrire d’isteria, e qua già mi casca mezzo asino).
E, parallelamente, cambiano i criteri di formazione delle definizioni (con ovvia crescente complessità del compito di renderle aderenti alle patologie che devono designare, man mano che se ne approfondisce la conoscenza e la comprensione).
Ma mi fermo qua, anzi, per concludere in bellezza ci aggiungo parole non mie:
“È sempre molto difficile scrivere di isteria, per motivi di tutti i generi: teorici, clinici, tecnici, inerenti alla elaborazione che dell’isteria si è fatta o non si è fatta più. E si può intendere la parola elaborazione in tutta la sua gamma semantica psicoanalitica…” (A. A. Semi)
Infatti, per fortuna, il concetto stesso di isteria è scomparso e con esso tanta parte di tempi che sarebbe da dementi rimpiangere.