Quelli che hanno comprato la maglietta garabalda so per certo che sono persone brillanti, fantasiose, creative, di talento, grandi, intelligenti, originali, intuitive, acute, ingegnose, dotate, fantastiche, insomma, via… geniali.
Una delle idee che sottosta a questa cosa di Garabalda è che pensavo che tutto sommato tendiamo a pensare che la nostra storia recente cominci con la Resistenza. Il che non è vero, abbiamo una storia più lunga e altrettanto gloriosa, e bella.
E allora perché non ricordarsene?
E poi c’è un aspetto buffo: quando indossate la maglietta, le persone per strada prima vi danno uno sguardo veloce, di sicuro pensando che sia una maglietta del Che, poi fanno qualche passo e si accorgono (si vedono le rotelle cerebrali girare) che c’è qualcosa di strano, e allora vi riguardano fissi, mettendo a fuoco il punto. Uno spasso.
Si, colpisce. Io ad es. passeggiavo a Bologna, e A., che mi seguiva di qualche passo ha sentito uno che, dopo avermi incrociato ha esclamato al compagno di strada: “Oh, ma hai visto, quello, c’ha la maglietta rossa di Garibaldi!!”
E’ vero che mentalmente escludiamo il Prima-della-Resistenza. Sarà il passato fassista che non vogliamo fare nostro (per vergogna o per schifo), sarà che l’Ottocento sembra (è) molto lontano nel tempo e nel cosare (ad es. non c’era l’elettricità, si vestivano in modo buffo, ecc), ma quello che siamo viene da lì.
E aggiungo, anche quello che ancora non siamo, viene da lì. Ancora non abbiamo portato a compimento quell’idea di Italia unita. Mandiamo persone nello spazio ma quando parli, ancora oggi AD 2011, di UNA Italia, da Nord a Sud sembra un gesto futurista, sembra che si debba “osare” parlarne. Per non dire del concetto di “identità”, che è ancora altro rispetto all’unità…
Ma ora e per sempre GRAZIE Trivigante, per tutto quello che muovi, grazie grazie grazie!
A integrazione di quanto scrive Gnappolo, per quanto mi riguarda so benissimo perchè la storia patria ottocentesca con particolare riferimento all’unità d’Italia l’avevo sempre detestata, e il più possibile rimossa: perchè a scuola, le (ottocentesche) elementari soprattutto, mi ci avevano bombardato senza scampo, ma solo nel senso di un patriottismo d’obbligo tronfio e vuoto, una specie di dogma, sacro, altisonante e imposto nel disinteresse -in parte sicuramente voluto- rispetto ai contenuti autentici e significativi di una stagione incredibile, vivaddìo densa e scoppiettante come poche altre. Il che credo sia avvenuto in modo particolarmente marcato da queste parti, “terre redente”, che specie dopo l’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia si sono rivolte sempre un po’ troppo a destra; sta di fatto che quel forte imprintig patriottardo, al primo barlume di età della ragione la mia generazione l’ha rinnegato, votando all’oblio tutto ciò che ci aveva ammorbato l’infanzia, e non solo; atteggiamento che inevitabilmente e più o meno 68escamente abbiamo poi trasmesso alla prole, credo, e in quanto classe insegnante agli alunni, buttando evidentemente un po’ troppo bambino insieme all’acqua sporca.
In compenso devo dire che proprio in occasione del 150enario che ha rivivificato -Trivigante vi sia compreso- la nostra storia, risentendoli qua e là mi sono accorta che ricordo perfettamente i canti del Risorgimento imparati allora. E che non mi dispiace…
La UE vuole che io vi dica che questo sito utilizza dei cookies, anche di terze parti. Continuando la navigazione accettate la policy sui cookies. In caso contrario, ci vediamo al bar nel mondo reale.OccheiQualche info
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may affect your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
Quelli che hanno comprato la maglietta garabalda so per certo che sono persone brillanti, fantasiose, creative, di talento, grandi, intelligenti, originali, intuitive, acute, ingegnose, dotate, fantastiche, insomma, via… geniali.
Geni!!! genii? genî? Comunque faccio l’ordine…
Una delle idee che sottosta a questa cosa di Garabalda è che pensavo che tutto sommato tendiamo a pensare che la nostra storia recente cominci con la Resistenza. Il che non è vero, abbiamo una storia più lunga e altrettanto gloriosa, e bella.
E allora perché non ricordarsene?
E poi c’è un aspetto buffo: quando indossate la maglietta, le persone per strada prima vi danno uno sguardo veloce, di sicuro pensando che sia una maglietta del Che, poi fanno qualche passo e si accorgono (si vedono le rotelle cerebrali girare) che c’è qualcosa di strano, e allora vi riguardano fissi, mettendo a fuoco il punto. Uno spasso.
Si, colpisce. Io ad es. passeggiavo a Bologna, e A., che mi seguiva di qualche passo ha sentito uno che, dopo avermi incrociato ha esclamato al compagno di strada: “Oh, ma hai visto, quello, c’ha la maglietta rossa di Garibaldi!!”
E’ vero che mentalmente escludiamo il Prima-della-Resistenza. Sarà il passato fassista che non vogliamo fare nostro (per vergogna o per schifo), sarà che l’Ottocento sembra (è) molto lontano nel tempo e nel cosare (ad es. non c’era l’elettricità, si vestivano in modo buffo, ecc), ma quello che siamo viene da lì.
E aggiungo, anche quello che ancora non siamo, viene da lì. Ancora non abbiamo portato a compimento quell’idea di Italia unita. Mandiamo persone nello spazio ma quando parli, ancora oggi AD 2011, di UNA Italia, da Nord a Sud sembra un gesto futurista, sembra che si debba “osare” parlarne. Per non dire del concetto di “identità”, che è ancora altro rispetto all’unità…
Ma ora e per sempre GRAZIE Trivigante, per tutto quello che muovi, grazie grazie grazie!
A integrazione di quanto scrive Gnappolo, per quanto mi riguarda so benissimo perchè la storia patria ottocentesca con particolare riferimento all’unità d’Italia l’avevo sempre detestata, e il più possibile rimossa: perchè a scuola, le (ottocentesche) elementari soprattutto, mi ci avevano bombardato senza scampo, ma solo nel senso di un patriottismo d’obbligo tronfio e vuoto, una specie di dogma, sacro, altisonante e imposto nel disinteresse -in parte sicuramente voluto- rispetto ai contenuti autentici e significativi di una stagione incredibile, vivaddìo densa e scoppiettante come poche altre. Il che credo sia avvenuto in modo particolarmente marcato da queste parti, “terre redente”, che specie dopo l’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia si sono rivolte sempre un po’ troppo a destra; sta di fatto che quel forte imprintig patriottardo, al primo barlume di età della ragione la mia generazione l’ha rinnegato, votando all’oblio tutto ciò che ci aveva ammorbato l’infanzia, e non solo; atteggiamento che inevitabilmente e più o meno 68escamente abbiamo poi trasmesso alla prole, credo, e in quanto classe insegnante agli alunni, buttando evidentemente un po’ troppo bambino insieme all’acqua sporca.
In compenso devo dire che proprio in occasione del 150enario che ha rivivificato -Trivigante vi sia compreso- la nostra storia, risentendoli qua e là mi sono accorta che ricordo perfettamente i canti del Risorgimento imparati allora. E che non mi dispiace…
Ma l’avete vista la Settimana Enigmistica di questa settimana a pagina 17?
No, che dicono? Che fanno?
E che devono fare… quello che hanno sempre fatto, ad esempio inventare dei rebus.