Uhm, Dublino, Belfast, Birmingham o Nottingham? Scelte, scelte, che cosa magnifica sono le scelte. In Inghilterra ci si pesta di più, al centro-nord pure, quindi direi che la scelta obbligata è Birmingham o Nottingham. Che poi sono una attaccata all’altra, un’ora di treno. Doppietta? Potrebbe, almeno delle città.
E l’O2 Institute Birmingham è pure notevole e mi ci potrei fermare fino al 17 per vedere anche i New Model Army. Andata, arrivo amici.
Tra poco si voterà e io, fedele alle mie funzioni di servizio, devo cominciare a scrivere sapide storielle su liste e candidati in lizza, come faccio sempre. Niente schedina, non ho tempo, ma i commenti sì. Cominciamo con lo slogan, che è uno di quelli che mi fa più ridere: niente verbi, niente costrutto, proposta sintattica dritta dritta a qualcosa del tipo: amore bello, odio brutto, per citare una parte di Lauzi, proposta politica boh, del tutto inesistente. Ecco Renzi e la lista di cui dico sotto:
Manco è suo, lo slogan. «Al passato: grazie. Al futuro: sì» è di Dag Hammarskjöld, uomo politico svedese per due volte Segretario generale delle Nazioni Unite che, almeno, metteva i due punti. Il nome della lista mi fa molto ridere, Stati Uniti d’Europa, filiazione di +Europa, addirittura lo stesso grafico, Stefano Gianfreda; la lista di scopo raccoglie +Europa e Italia viva, Partito socialista italiano, Radicali italiani, Libdem europei, L’Italia c’è, Renzi fa il buffoncello e si candida sì ma come ultimo in lista, per mostrare che gli importa ma lui non è come gli altri leaders di partito.
Non basta. C’è una seconda lista Stati Uniti d’Europa, depositata da Diego Sabatinelli per conto di Maurizio Turco per conto a sua volta della Lista Marco Pannella, con il solito simbolo della rosa nel pugno:
La cosa si infittisce. Non sono a conoscenza, ora, delle decisioni della Direzione centrale per i servizi elettorali, se consentire a entrambe le liste di partecipare, se modificarne una, e quale?, se ambe. Se la seconda si era già presentata nel 2019, in previsione di una corsa con i socialisti, poi non andata a buon fine, la prima è stata depositata prima stavolta. Cosa pesa di più?
Per restare negli Stati Uniti (minuscolo), altra lista contigua: USE – Stati uniti degli Stati aderenti all’Euro. È il tizio del salvadanaio, Enrico Andreoni, quello di Recupero Maltolto di due anni fa, simbolo molto bello a vedersi e concetti per nulla affastellati:
Solitamente questo Andreoni deposita, poi alle elezioni manco ci arriva perché non raccoglie le sottoscrizioni. Ma è il suo modo di partecipare, se sta bene lui io pure, figuriamoci. Andreoni grazie, elezioni urrà.
Si è pure bloccata la pompa della benzina improvvisamente, ora capisco: all’ultimo centesimo della carta. Molto bene. Qualcuno ha qualche moneta che devo prendere il pullmino per Torre Pedrera? Non mi drogo, giuro, devo prendere il pullmino.
Ora, ciascuno ci legga quel che desidera, i gironi danteschi, la critica al consumismo sfrenato, alla voracità, all’assenza di limiti e così via. Senza una parola, alcune figure e alcuni sguardi qualche cosa la dicono. C’è anche la signora Leningrad cowboys, magnifica.
«Abbiamo portato il futuro» dice lo slogan sul manifesto di Fidesz-Unione Civica Ungherese, partito politico ungherese di destra, nazional-conservatore, populista e illiberale guidato da Viktor Orbán, per le elezioni comunali ed europee di giugno.
Proprio. È davvero il futuro in cui hanno portato l’Ungheria.
E benedetto sia maggio anche per le uscite musicali: Beth Gibbons su tutti, il suo Lives Outgrown di fatto è il primo da solista; Brad Mehldau che corre dietro per la seconda volta a Bach e per la prima a Fauré; poi il bellissimo Gringo Vol. 1 dei Selton, e ci sarà pure un due; e che dire di Nevermind the Tempo degli I Hate My Village? Ascoltare, in attesa di qualche giro estivo, spero; un Paul Weller in più, che dichiara l’età, 66, e Fu##in’ Up degli intramontabili per fortuna Neil Young & Crazy Horse. E senza dimenticare A noi piace il liscio! de L’Orchestrina di Molto Agevole, che apre la stagione estiva delle feste salaminose. Slurp.
Estrosi anche stavolta. Il museo ebraico di Berlino si conferma a direzione eclettica e brillante – visitare, senza remore – e propone l’esibizione: Sex: Jewish Positions, titolo notevole per una mostra che «plays with the differing perceptions of sexuality in Judaism». Ottimo il titolo, ironico, interessante il tema, gestito con apprezzabile leggerezza e, appunto, ironia.
La posizione ebraica non entrerà nel kamasutra, mi pare ovvio, ma nel novero delle idee ben riuscite, come diceva Hannibal, di sicuro.
All’improvviso, la notizia della scomparsa di Steve Albini, produttore, musicista, critico, ingegnere del suono, soprattutto direi conoscitore della musica e persona intelligente. I commenti sono stati numerosi, spesso competenti, la sua famosa lettera di produzione dei Nirvana è stata citata in ogni dove: «I think the very best thing you could do at this point is exactly what you are talking about doing: bang a record out in a couple of days, with high quality but minimal “production” and no interference from the front office bulletheads», etc. Il fatto che in primis lui fosse un musicista e del periodo più florido del suono di Seattle e filiazioni varie ha influenzato positivamente tutto il suo lavoro. Oltre ai dischi suonati, Shellac sopra tutto e ci dev’essere un’uscita a breve, quelli prodotti sono innumerevoli, di cui direi ne conosco il tre per cento. Gli elenchi dei migliori album da lui prodotti si sprecano, quasi tutti riportano In Utero dei Nirvana per primo, poi Surfer Rosa dei Pixies, Rid of Me di PJ Harvey, Walking Into Clarksdale di Page and Plant e Ys. di Joanna Newsom. Che comunque si dovrebbero conoscere.
Per quanto mi riguarda, se Walking Into Clarksdale lo metterei solo per la felicitazione della reunion, confermerei PJ Harvey, i Pixies, anche Death to the Pixies pur essendo una raccolta, poi ci metterei dritto dritto Razorblade Suitcase dei Bush, scherziamo?, poi Pod dei Breeders che, alla fine, sono la costola significativa dei Pixies, aggiungerei Blow It Out Your Ass It’s Veruca Salt delle Veruca Salt, pur essendo un EP, infine Urge Overkill, direi The Supersonic Storybook e Jesus Urge Superstar. L’impronta di Albini nella musica della seconda metà dei Novanta è stata poderosa, quel suono inconfondibile delle chitarre e delle batterie è per buona parte suo, gli va dato merito.
Ci sarò, perdio, biglietto preso. Arrivo Mike, Mr Bungle, saròcci.
facciamo 'sta cosa
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