L’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), che prende in considerazione gli anni 2020-2021, evidenzia come proprio nelle Provincie di Bergamo e Brescia si sia concentrato il maggior consumo di suolo annuo con ben 143 gli ettari di terreno cementificati nella prima e 307 nella seconda. Per un totale di 450 ettari, pari al 51% di tutto il suolo “consumato” in Lombardia. Le due Province da sole hanno consumato più suolo di tutto il Lazio e quasi quanto la Campania o la Sicilia.
Ora. Esempio più che brillante di comunicazione, rapida, efficace, trasmissibile, notevolissima. Complimenti. Naturalmente, oltre a questo, solleva questioni non da poco ma non è con questo che cambierà la testa dei bresciani e dei bergamaschi, in questo gnucchi ben più di tanti altri. Inutile, però, riempirsi la bocca di cultura o presunta tale – infatti al momento si sta scambiando intrattenimento per cultura – se non si affrontano le questioni, se non si apre la mente ai problemi nella loro interezza, se ci si atteggia a villan rifatti facendo finta di niente sul resto.
Quelli artificiali, di inciampi, tipo tombini, buche, cantieri, cave, gnente, ma madonna quelli naturali che pericolosi che sono. Ci si tuteli, sindaco, ci si tuteli, che poi il cittadino cade a causa delle radici superficiali o altro e son guai.
Per citare alcuni tra i tanti dietrofront del governo degli ultimi giorni, il ministro Giorgetti che spiega candidamente che hanno accolto alcune indicazioni marginali dell’UE sulla questione soglia dei pagamenti con il POS – da 60 euro come voleva il governo a zero – e che per un errore della ragioneria la soglia dei contanti per i pagamenti è scesa un pochino – da cinque/diecimila come voleva il governo a mille come è ora, cioè niente di fatto -, la sensazione del cane che ha mangiato il compito si fa sempre più forte. Poi arriva questo e il cane passa nel dimenticatoio, vince il crescendo emotivo:
Ma, naturalmente, sono piccoli aggiustamenti, contentini, accomodamenti per andare d’accordo. Cosine. Perché è finita la pacchia, la nostra voce in Europa è più tonante che mai, ora sì che ciò che diciamo è tenuto nel giusto conto. Finalmente, grazie a questa destra piagnucolosa che riesce a fare la voce grossa quanto il più timido dei PD. E io dico bene: per ogni pezzo in più di sovranità amministrativa, politica, sociale che perdiamo a favore dell’UE io mi rallegro e mi rassicuro. E, magari per esempio, avere una cazzo di legge sul fine vita, maledetti.
Sabato scorso, intervenendo all’iniziativa per i dieci anni di Fratelli d’Italia a Roma, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica Alessio Butti (nome segnato!) ha dichiarato bellamente di voler: «spegnere gradualmente Spid che raccoglie una serie di identità digitali e facilitare l’azione delle nostre imprese e dei cittadini con la Pubblica amministrazione. D’accordo tutti dobbiamo cominciare a spegnere lo Spid e avere la carta d’identità elettronica come unica identità digitale».
Bravissimo. Dopo che alcuni di noi hanno perso anni di vita per fare la SPID ai genitori, zii, parenti vari, a questo vengono le belle idee. Giuro, piglio il treno e vengo a Roma: Butti, prima ti corco di botte e poi ti mando mia mamma, la zia e un bel pullman di persone per fare l’identità della carta d’identità elettronica. Giuro.
Ho un sussulto alla notizia dell’attentato a Susanna Schlein, ovviamente per lei, e un altro per la dichiarazione della presunta matrice, riportata da tutti i giornali nessuno escluso ed evocata da il presidente del consiglio in giù.
Cinquant’anni da piazza Fontana e siamo ancora lì. La prima pista? Anarchica. E si potrebbe andare ancora più indietro, fino al tempo in cui gli anarchici, quelli veri, colpivano sul serio. Caserio, Bresci, Licheni, Vaillant, decine. Almeno questo avrebbe senso. È tutta la vita che per qualsiasi atto delittuoso sento denunciare immediatamente la pista anarchica. E indovina? Mai visto uno, di anarchico, poi. Pensa te.
Dunque, io vorrei dire che The bad guy è una serie che si fa seguire volentieri. Luigi Lo Cascio, che è uno che fa cose interessanti al cinema e in teatro, interpreta un magistrato che viene accusato di essere colluso con il superboss imprendibile della mafia. E da lì, succedono cose. La serie fa parte di quei pacchetti che una legge protezionista impone di produrre e girare in Italia ai broadcasters esteri che intendono proporre in Italia i propri contenuti e ne escono prodotti scadenti e medi – se Netflix assume come responsabile del settore una direttrice in uscita da RAI1 il rischio è un po’ quello, vedi Odio il natale – e buoni, The bad guy, che però è Amazon. Ironico, girato veloce, bella fotografia, scene incastrate una nell’altra, fa anche un po’ il verso alle piovre e sceneggiati del genere mafioso. Beh, a un certo punto della vicenda crolla il ponte sullo stretto di Messina.
Crolla perché, guarda te, costruito con materiali scadenti dalle imprese delle cosche. E uno, io, si chiede: è una scena plausibile, funzionale allo svolgimento della narrazione? Forse non del tutto, ma è divertente piazzarci una scenona catastrofica che fa da spartiacque nella storia e le cui premesse non sono del tutto infondate, in effetti. Ma per Salvini, che ebbro del suo ruolo di ministro delle infrastrutture ha fatto del ponte il suo argomento quotidiano guadagna-spazio sui giornali, no: «Non possiamo più accogliere in silenzio insulti e offese al nostro Paese. L’Italia da sempre crea capolavori ingegneristici dentro e fuori dai confini: il Ponte sarà l’ennesimo esempio di genialità italiana nel mondo» e aggiunge balordo: «Volere è potere». Certo. Il senatore messinese della Lega Nino Germanà e il presidente della Commissione Difesa della Camera dei Deputati Nino Minardo gli vanno dietro e avanti così. Ninonino.
Sarebbe bastata una battuta, il nostro ponte sarà molto più solido e ben costruito, vigileremo, bella idea di fantasia, ma che devo dirlo io? E invece no, quello ha l’umorismo dell’oratorio, quindi la prende seria, e i suoi epigoni si agitano come le bestioline sotto le pietre e poi scappano via. Ma abbiamo bisogno di questa gente? No, è ovvio, no. E allora perché? È sempre un bel mistero, un bel miscuglio di motivi non molto entusiasmanti. Ma io chiedo: qualcuno me la mostra, oggi, non ieri, oggi, la genialità italiana? Anche non nel mondo, mi basta in Italia. Anche due minuti, uno, di genialità italiana. Giusto per vederla, poi giuro mi tacerò per sempre. Di fronte alla genialità italiana.
Alla luce di una piccola prova che ho fatto, devo rivedere parzialmente alcune mie affermazioni dell’altro ieri sulla dotazione finanziaria dei parlamentari italiani per l’acquisto di devices tecnologici: cinquemilacinquecento euro è poco, molto poco, non ci si compra quasi nulla. Un paio di cuffiette, ecco, manco le rotelle del mac pro.
Vedere il totale. Certamente ben spesi per un tera e mezzo di ram, utilissima.
Fermo restando che secondo me in Qatar manco bisognava andarci, una volta lì le regole sono abbastanza ferree in termini di morale.
Che vabbè, perché mai sarà vietato vestire magliette con la stella… Più interessanti sono le cose vietate (vado in ordine): bere alcool, l’omosessualità, l’impudicizia, bestemmiare, non rispettare i luoghi di culto, fare casino, frequentarsi a scopo amoroso, fare foto senza chiedere.
Ora, almeno una cosa: il calcio di per sé spinge ad almeno quattro di queste cose, ma con decisione. Anche cinque o sei, a voler andare appena appena più in là, magari attorno allo stadio. Non so, io dico a chi è là: fatele. Fatele tutte.
Il cacciatore uccide sempre per giocare, diceva quello, di certo il rapporto tra cacciatore e cacciato si basa sull’equità, o perlomeno su una certa parvenza di essa, sulla sfida fisica, atletica, sull’astuzia della preda e del predatore e là dove la preda supera in velocità o altro il cacciatore, è giusto che abbia la libertà che si è guadagnata, a fronte di una situazione senza mezzi troppo impari. Infatti.
Volete fare i safari, o idioti? Massimo con un bastone e a piedi, maledetti. Poi vediamo.
facciamo 'sta cosa
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