Ricordo un’intervista in cui disse che la sua vignetta preferita, tra le proprie, era La Guernica.
Beh, come dargli torto? Per celebrare Quino e per ricordarlo, pubblicherò una vignetta al giorno per un po’, ringraziandolo in cuor mio per tutto ciò che si è inventato negli anni.
Fantasioso, delicato, spiritoso, stralunato e spietato con il regime, a volte cattivissimo, con Mundo Quino cambiò le regole del fumetto e con Mafalda regalò parola e fantasia alle bambine di tutto il mondo.
Ma anche Felipe diede tanta soddisfazione a molti di noi. Un gigante, toccò vette che solo i migliori tra i migliori possono sognare di raggiungere. Io ne porto con me grandi ricordi e grandi risate. Grazie.
Rossana Rossanda e il gruppo del Manifesto avevano ragione a criticare il PCI, forse meno quando parlava dell’«album di famiglia» riguardo alle BR e alla sinistra ma queste son valutazioni che sono state fatte e che possono essere discusse anche in futuro, che si sia d’accordo o meno. Si può anche non essere d’accordo con parecchie delle sue prese di posizione, spesso rigide, ma anche ciò adesso conta poco. È il presente che mi dice che c’è una testa fina in meno, un contributo al ragionamento in meno, una parola ponderata in meno, una lettura dei fatti non convenzionale in meno e, dati i tempi, è un problema. Perché ci restano gli scartini.
Se ne potrà anche dire altro, ma a me ha regalato un’esperienza piacevolissima, emozionante, irripetibile e davvero particolare.
Quindi gliene sono grato. Grazie, Christo. Dice il comunicato: «ha vissuto una vita piena, in cui non solo ha sognato ciò che sembrava impossibile, ma lo ha realizzato. Il lavoro di Christo e Jeanne-Claude ha unito le persone facendo condividere loro esperienze in tutto il mondo, la loro opera vive nei nostri cuori e nei nostri ricordi». L’ultima frase sarebbe una cazzata di circostanza per quasi tutti, nel suo caso, invece, è del tutto vera.
Tre giorni fa se n’è andato Tony Allen, grande batterista nigeriano. Tra le sue infinite collaborazioni, che dimostrano quanto fosse eclettico, Art Blakey, Fela Kuti, Manu Dibango, Air, Charlotte Gainsbourg per quel bel disco che è «5:55» e «The Good, the Bad & the Queen» con Albarn, Simonon e Tong. Un bel pezzo, suo, con cui vorrei celebrarlo qui è «Wolf Eats Wolf».
Orecchie alla batteria, dunque. Perché lui sapeva suonare leggero, a pestare son bravi tutti.
Il personaggio di Ted in Scrubs è uno dei più riusciti per generale ammissione: le mani perennemente sudate, l’ansia tracimante, la sottomissione all’autorità del direttore ma covando una segreta ribellione e desiderio di rivalsa che sfociano in aspettative ridicole, l’amore per il canto a cappella, il disagio fisico, una vita disastrosa da ogni punto di vista, soprattutto relazionale, ma in definitiva una vita interiore più ricca delle apparenze e una generosità inespressa di fondo. E quella capacità di innamorarsi di ogni ragazza che conoscesse il suo nome.
Tutto questo è merito di Sam Lloyd che ha dato consistenza al personaggio e, purtroppo, se ne è andato tre giorni fa prematuramente. Mi spiace, le scene con Ted sono tra quelle che mi sono piaciute di più e che ricordo con piacere. Non è poco, anzi, per un comprimario con bassissimo minutaggio in una serie tv. Complimenti, questo per me e molti resterà.
[Ted ha appena ritrovato la stima di sé dopo una discussione con Cox e sfida il dottor Kelso] Ted: Mi licenzio! Dott. Kelso: No, niente affatto. Ted: Be’, vado via prima oggi. Dott. Kelso: No, tu torni nel mio ufficio e sbrighi tutto il lavoro. Ted: Bene, ma prima mi prendo una bibita! Dott. Kelso: Come vuoi. [Ted si allontana trionfante]
Il tweet di Salvini cui replica Sepúlveda non lo riporto, si intuisce, accusava ovviamente due cinesi di aver portato il contagio in Italia, a fine gennaio. Ovviamente, come tutte le volte, smentito dai fatti, oltre che da Sepúlveda stesso.
Quella mattina brutta in casa sua, in corso Umberto 75 a Torino, che ancora non si è capito se fu suicidio o vertigine. Ma che importa, a questo punto? Conta che non c’è più da trent’anni e che avrebbe avuto ancora molto da dire, anche se lui stesso disse pochi giorni prima a Einaudi di non riuscire più a scrivere. Ma, magari, son cose che passano e che capitano a tutti gli scrittori. Oppure no, il peso era davvero troppo. Di Levi penso, con riconoscenza, tutto il bene possibile ed è sempre un piacere rileggerlo, anche nei passaggi più duri, perché mi riporta a sprazzi di coscienza più consapevole, o quando mi fa ridere, perché sì, c’è parecchio Levi divertente, o quando è leggero e arguto. Ne ho scritto qualcosa nel tempo e non serve a nulla ripetermi qui, serve invece a molto ripetere le cose dentro la mia testa. Una fortuna, averlo avuto.
Non conoscevo di persona Elisabetta Imelio (lei è quella col basso che salta di qua e di là), non amavo molto i Prozac+, certo ho saltato come tanti su Acido acida, ho seguito marginalmente i Sick Tamburo, ciò nonostante a lei volevo bene. Come si vuole bene a una coetanea con cui, bene o male, sei cresciuto, hai fatto percorsi diversi ma bene o male non troppo divergenti, ogni tanto senti che fa delle cose, le senti e sei contento che stia bene e che faccia cose. Ecco, proprio per questo motivo è da ieri che sento un dolore qui, di quelli che fanno male perché è morta una persona come te che avevi seguito in qualche maniera, che si era incazzata a vent’anni per Berlusconi, la guerra, il terrorismo, i governi del cazzo, Genova, la guerra nella ex-Jugoslavia e così via esattamente come te. I compagni, in senso letterale. Ecco perché oggi anche a me fa male. Ciao, Elisabetta.
Ancora sulla scomparsa di Terry Jones: una parte non trascurabile del bello delle persone che interpretano, girano, scrivono, pensano, dicono, diffondono, immaginano cose significative è che quando, purtroppo, se ne vanno a noi resta la possibilità di rivedere, rileggere, riascoltare ciò che ci hanno lasciato. Pare una banalità a dirla o leggerla ma non lo è. Una nuova assunzione di numerose puntate del Flying Circus mi ha sì portato la malinconia per la morte di Jones e per il fatto che oggi nessuno è all’altezza di quelle meraviglie ma me la sono anche fatta addosso dal ridere, come accade tutte le benedette volte. Quindi? Grazie Terry Jones e grazie a tutte le persone come Terry Jones. Un accidenti, invece, al tristo mietitore e alla mousse di pesce.
A margine, rimando a una cosa che avevo scritto in riferimento alla scomparsa di un altro Monty Python, Graham Chapman, indimenticato.
facciamo 'sta cosa
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