Cofondatore dei Monty Python, portatore di una comicità ricca di leggerezza e piacere, stralunata, mi mancava già. Con Cleese secondo me il più divertente, il suo suonatore di clavisorcio resterà sempre nel mio cuore. E il fatto che cogliesse ogni opportunità per recitare nudo, meglio se a sproposito, mi fa ridere ogni volta.
Bandcamp mi avvisa che Charles Bradley ha pubblicato un nuovo disco. Peccato che. È pur vero che è un disco in cui la Menahan Street Band reinterpreta i pezzi di Bradley, magistralmente tra l’altro, ed è altrettanto vero che ‘ste mail maledette ormai partono in automatico ma, vivaddio, è così difficile avere po’ di attenzione in più?
Piero Scaramucci, uno dei fondatori di Radio Popolare, giornalista RAI per una vita e un sacco di altre cose. Incontrato molte volte in manifestazione e dove bisognava essere (vedi il discorso dell’ultimo 25 aprile, rifiutato dal Comune di Pavia), ma è per i microfoni aperti alla radio che mi mancherà. Perché la domanda è: stiamo tirando su le persone giovani in grado di prendere il posto di quelle, libere e giuste, che se ne vanno? Perché io ci conto, se no siamo davvero fottuti.
Ha proprio ragione Robert Louis Stevenson: “Ma non vi pare brutto / col cielo così chiaro e azzurro, / quando si vorrebbe tanto giocare, / dovere andare a letto di giorno?”.
Mattia Torre, una delle poche teste pensanti con meno di novant’anni in Italia, se n’è andato. E la perdita per tutti è davvero molto grave.
Esistono monologhi, spettacoli, podcast disponibili in rete con ciò che Torre ha scritto. Serie tv, Boris, Dov’è Mario? e La linea verticale, un film e, naturalmente, i suoi libri sono reperibili senza troppa fatica. Questo breve monologo qui sopra, interpretato da Mastandrea, è nel suo ultimo libro: In mezzo al mare. Sette atti comici, 2019, Mondadori. QuiMigliore, spettacolo teatrale con, ancora, Mastandrea come voce recitante, qui invece Gola e altri racconti. Mi dispiace molto, Torre era brillante e arguto, oltre che spiritoso, e ora, qui, siamo tutti più poveri di idee.
Nel 1987 ho comprato il mio primo 45 giri. Era “Scatterlings of Africa” di Johnny Clegg & Savuka. In un miscuglio di zulu, inglese, slang, di danze dai movimenti curiosi a gran ritmo, di rivendicazioni politiche contro l’apartheid, di sentimenti sinceri di comunanza e fratellanza, diventò in breve una delle mie canzoni.
Johnny Clegg è un musicista, ballerino, antropologo sudafricano, detto “lo Zulù bianco”, fece molto per la ricerca su usi e costumi delle popolazioni sudafricane, fece molto per la libertà di Mandela e per la fine dell’apartheid tutto, fece molto per il proprio paese. E fece parecchia bella musica, in particolare “Third world child”, il suo disco che mi emoziona di più.
Nel 1991, mentre passeggiavo per strada a Parigi, vidi un musicista su un ponte che suonava il sassofono: era lui. Gli feci una foto che ho ancora appesa in casa, cui sono affezionato perché è un bel pezzo della mia giovinezza, musicale, politica e sentimentale. Nel 2000 decisi di andare in Sudafrica anche per lui, Johnny Clegg, perché volevo vedere come fosse il paese di cui cantava e per cui aveva tanto lottato, quando “Asimbonanga” diventò l’inno dell’United Democratic Front. Affascinante e complicato, come lui, il paese.
Ieri Johnny Clegg se n’è andato ed è un altro pezzetto della mia storia, come di tanti altri, che se ne va. Non si perdono la musica e il messaggio, non si perde l’allegria e non si perde il ritmo, non si perdono la serietà e il gioco, non si perde il desiderio di libertà e di giustizia. Fai buon viaggio.
Asimbonang ‘umfowethu thina Laph’ekhona Laph’wafela khona (We have not seen our brother / in the place where he is / in the place where he died)
“Tutti gli occhi si erano alzati verso il sommo della chiesa, ciò che vedevano era straordinario. In cima alla galleria più elevata, più in alto del rosone centrale, c’era una grande fiamma che montava tra i due campanili, con turbini di scintille, una grande fiamma disordinata e furiosa di cui il vento a tratti portava via un limbo nel fumo”. Victor Hugo, Notre Dame de Paris (1831)
Da sempre gli edifici, le chiese e i teatri, bruciano o vengono distrutti, i soldati di Napoleone non fecero di meno a Notre-Dame. Come capitò alla Fenice, al Petruzzelli, alla cappella della Sindone in tempi recenti. Aver salvato la struttura ed evitato il coinvolgimento di altri edifici è già stato moltissimo. Ora si tratta di ricostruire, forse al netto di Viollet-le-Duc e, quindi, più vicino all’originale. Ciò non toglie nulla, purtroppo, al dolore e all’impressione di quanto abbiamo visto ieri e stanotte.
Se n’è andato Roberto Perini, disegnatore, fumettista, pittore.
Lo ricordo con grande affetto ai tempi di Cuore, quando tra le tante cose fece un paginone disegnando una a una tutte le popolazioni dell’URSS: il tartaro, tremendo, l’ingrugnato kazako, il misterioso uzbeko, l’accigliato kirghizo, il basso tagiko e così via. Ci piacque e divertì moltissimo, a casa.
Era proprio bravo, gentile e deciso, politicamente sempre impegnato, capace insieme di escursioni fantasiose e stralunate.
Mi spiace molto.
facciamo 'sta cosa
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