deograzzias: il voto europeo

Finalmente l’UE ha votato una proposta che prevede, in caso di elezioni europee, che 28 seggi del parlamento europeo siano assegnati su liste di candidati comuni a tutta Europa. Molto bene, è una cosa che desidero da decenni, anche se i miei sogni elettorali son sempre stati ben più spinti, per esempio poter votare qualsiasi partito di qualsiasi paese aderente (i verdi tedeschi, perché non votare gli originali?).
Certo, adesso tutti i parlamenti nazionali dovranno approvare la cosa, certo, son 28 seggi su 705, d’accordo. Certo. Ma è un passo avanti.

E poi 28 seggi non sono mica così pochi, visti i raggruppamentini che girano. Tra pandemia e guerra, per quanto si possa lamentare qualsiasi tipo di lentezza, il processo di unificazione sta subendo, a parer mio, un’accelerazione, necessaria. Sia dal punto di vista sanitario, come abbiamo visto, che di difesa, almeno così io leggo la parificazione delle spese di ciascuno stato. E politica, sempre più urgente di fronte agli eventi su scala mondiale e di vicinato.

finalmente, di nuovo la festa più bella

Dopo due anni, finalmente di nuovo in corteo. Non eravamo andati via ma non ci siamo visti, non si poteva. Oggi sì, la Liberazione, e io non vedevo l’ora. Buon 25 aprile a tutti, a chi sarà in piazza e chi a casa, anche a chi pensa che sia un giorno di vacanza e basta. Alla fine, son stati liberati pure quelli.

[Aggiornamento post: manifestazione un po’ spentina, nonostante i due anni di pausa. Il pensiero della guerra aleggia ovunque ed è occasione, in diversi punti del corteo, di discussioni anche aspre. Intervento sì, con armi, no, pacifismo. A un certo punto una contestazione tra brigata ebraica, gruppo con bandiere NATO, gruppo con bandiere americane, qualcuno di Rinfondazione, prende una pieghetta urlazzata, gli animi son tesi. Poi arriva il PD e mette tutti d’accordo, come sempre: insulti a Letta].

e qui si dice loro: bravi

O del saper gestire gli errori, senza mettere il proprio orgoglio davanti a tutto.
Ecco il fatto. Ediciclo pubblica Dell’andare in montagna e altre amabili ascensioni, una Antologia per escursionisti e sognatori, curata da Francesca Cosi e Alessandra Repossi e illustrata da Giulia Neri. L’idea non è nuova ma ciò non significa nulla, le due curatrici hanno raccolto e tradotto testi di Dumas, Hugo, Kipling, Salgari, London, Twain e così via pertinenti con l’argomento, tutto bene. Poi, a stampa avvenuta, ci si è accorti che c’è un testo di troppo, di una precedente antologia, rimasto nel volume. Vuoi perché serviva a occupare lo spazio, vuoi perché chissà, è accaduto. E posso dire per esperienza diretta che non è nemmeno così difficile che accada, questo e altre mirabolanti sviste.
La domanda ulteriore è: possibile che nessuno se ne sia accorto? Risposta: possibile. Panico, lo immagino. Peraltro un conto è una casa editrice robustosa, che regge l’urto delle temperie, ma una più piccola come questa che deve costruirsi e difendere una reputazione, oltre a contenere i costi, deve fare una scelta complicata. E Ediciclo opta per non buttare una tonnellata di carta e di esplicitare la cappellata: un bel bollone sulla copertina, eccolo. Ops!

Inutile cincischiare sui dettagli, bravi. Così si fa. Costo del bollone: risibile, sia in termini economici che di orgoglio; risultato: di grande impatto, sia per l’operazione buon-senso e simpatia, sia per la pubblicità indiretta cui sono lieto di contribuire, nel mio minimo. E lo compro, pure, mi servirà alla prossima svista. Mia.

la colazione dei campioni in cima al monte

In cima al monte Washington, che sta di qua sulla costa e non di là, dove c’è invece lo stato, c’è un osservatorio meteo, perché nonostante il monte sia poco più di un pandorone, duemila metri, lì c’è notoriamente uno dei peggiori tempi meteorologici del mondo: freddo cane e vento infidone. Ci fanno pure le gite per quello. Spettacolari certe ghiacciate attorno ad antenne e cartelli, celebri nelle immagini.
Il lavoro nell’osservatorio deve avere alcuni tempi morti, a giudicare da quegli estrosi degli abitanti scienziati, e per ben impiegare i tempi, appunto, e le condizioni, essi si lanciano in iniziative che io trovo altamente meritorie. Per esempio, la colazione sul terrazzo, come da video del 1990:

Guardo e riguardo e me la rido ancora, è una specie di Monty Python drogato dal meteo. Zisis ze vorst servis in ze uorld, a 1:12 non resisto proprio. Ci sarà qualcuno a cinquecento chilometri di distanza che si sarà visto arrivare in faccia un toast volante.

vedere in grande

All’inizio di febbraio del 2020 sono stato tre giorni ad Amsterdam perché c’era un magnifico concerto dei Supergrass in una chiesa protestante sconsacrata. Già qualche mascherina si vedeva ma, io per primo, consideravo allora il tutto piuttosto esagerato. Bravo, molto. Comunque, visto che c’ero, sono andato al Rijksmuseum per vedere quei tre o quattro quadri bellini che conservano lì. Tra essi, serve dirlo?, la Ronda di notte di Rembrandt. È nella stessa salona della lattaia di Vermeer, quando ci si volta si vede un lato corto occupato da un quadro piuttosto grande, la Ronda appunto. Solo che quella volta, due anni fa, c’erano un paio di persone su uno strano macchinario che trafficavano sul quadro, all’interno di un parallelepipedo trasparente. Persino io non ci ho messo molto a capire che non trattavasi di restauro ma di scansione ad alta risoluzione. La mia foto, a bassa risoluzione, mentre mi ostacolavano la vista.

Le scansioni di questo tipo non servono tanto a mettere in rete le immagini dei dipinti quanto più a renderle disponibili agli studiosi così che le possano studiare senza dover vedere il quadro di persona, ovvero riescano a cogliere la trama pittorica, la qualità della tela, le pennellate e così via, cose da addetti. Per dare due dati tecnici, la scansione è stata effettuata a 717 gigapixel che, in pratica, significa: il quadro – grossino, 359×438 centimetri – è stato fotografato con una Hasselblad da 100 megapixel per 8.439 scatti da 5,5×4,1 centimetri ognuno; le immagini sono state unite da un software che ha generato un’immagine da 5,6 terabyte, niente male, e come dicevo da 717 miliardi di pixel, ognuno dei quali è relativo a una superficie pari a 5 micrometri quadrati, 0,005 millimetri quadrati. Bum.

Non l’immagine originale, sarebbe ovviamente da pazzi, ma un’immagine ad alta risoluzione ricavata dalla prima è disponibile sul sito del museo ed è zoomabile fino a livelli notevolissimi.

E ancora ancora più su, o giù, per arrivare al dettaglio più minuscolo.

È sempre l’occhio del capitano Frans Banning Cocq, nella «più grande immagine digitale di un’opera mai realizzata».
La Ronda non è certamente la sola opera, tra le tante ormai scansionate, c’è un altro dipinto conservato nei Paesi Bassi ed è la Ragazza col turbante di Vermeer (sì, noi patiti la chiamiamo così, altro che orecchino); scansionata a minor risoluzione, 10 megapixel, è comunque dettagliatissima. Ecco l’occhio, non della madre.

Che, allontanandosi di poco, assume l’aspetto noto, qui l’immagine disponibile.

C’è da dire, di questa seconda scansione, che è altrettanto interessante perché è stata condotta dalla Hirox, società giapponese specializzata nella produzioni di lenti per microscopi, con un intento inedito: farne una scansione tridimensionale, oltre a quella piana. Una visione aggiuntiva che aiuta moltissimo gli studiosi, che colgono ulteriori aspetti della tecnica pittorica, della stesura del colore, del tipo di amalgama, dello stato del dipinto e altre cose che non so. Ecco come si vede il riflesso nella pupilla:

Tàc, un colpo di pennello unico, minuscolo, bianco e preciso. Bellissimo.
Io ho detto quel che dovevo, visto due anni fa, disponibile ora. La Ragazza si trova al Mauritshuis de L’Aja, consiglio visita anche di quello anche se molto più ridotto, perché due o tre quadretti bellini li hanno anche lì. Giuro.