il quarantaseiesimo dodici dicembre

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Racconta Giovanni Pesce che il 12 dicembre 1969 si trovava in stazione Centrale a Milano quando udì un tuono lontano, un colpo secco, un’esplosione.
Dalla stazione si precipitò in centro, riuscì a superare i cordoni della polizia in piazza Fontana: “Nella mia non breve vita sono stato in guerra più di una volta e ho partecipato a parecchie tremende battaglie, ma mai avevo osservato uno spettacolo tanto terribile: corpi insanguinati, brandelli di carne disarticolati. Tornai nella strada non riuscendo a reggere quella vista“.
Che la memoria non si spenga, perdono mai.

1 dicembre 1955

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«Non potevo immaginare che in quel momento si stesse facendo la Storia, ero solo stanca di arrendermi sempre». Rosa Parks, 1955. Incredibile, a pensarci bene: non il gesto, ma il contesto, solo sessant’anni fa.
A tutti coloro che decidono di non arrendersi, anche solo a un certo punto.

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BObama seduto nell’autobus originale nel quale Rosa Parks fece la sua protesta (è conservato all’Henry Ford Museum):

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9/11

Non mi piacciono i memoriali contemporanei, perché intrisi di retorica media, cioè misurata; i memoriali risorgimentali, per dire, sono più significativi perché eccessivi, epici, eroici, tutto insieme purché esagerato. Pugnaronvi alla nobile morte.

Nella World Trade Center Plaza a New York hanno costruito, sui perimetri delle basi delle due torri, due vasche di marmo nero, per ricordare i caduti.

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L’acqua scivola sulle pareti senza fare troppo rumore e poi scivola di nuovo all’interno del quadrato al centro, sparendo dove non si vede. Sulle balaustre che circondano le vasche sono incisi i nomi dei caduti, disposti secondo criteri di relazione tra loro.

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Per essere chiaramente uno spazio irrisolto, e tale sarà finché il ricordo sarà vivo, devo ammettere che è emozionante, nel senso che la sensazione di vuoto fisico che le vasche creano si percepisce chiaramente, la mancanza di qualcosa (per i newyorkesi anche di qualcuno, chiaramente) è ciò che io ho sentito di più.
Fa anche impressione quanto siano piccole, nel senso che la base delle torri era un quadrato di cinquanta metri suppergiù, il che visto da vicino è uno spazio piuttosto ridotto (il concetto è piuttosto ovvio, visto che costruiscono per questo motivo in verticale ma ammetto che da vicino fa un certo effetto) ed è difficile farlo collimare razionalmente con i 2.983 nomi incisi sulle placche.

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A ogni modo, io ho trovato il memoriale pienamente riuscito, coinvolgente per l’assenza che demarca, lo stesso precipitare dell’acqua in un luogo inaccessibile e che non si vede dà il senso della sparizione, insomma un memoriale contemporaneo significativo, che mi ha dato da pensare. (Le foto sono mie, spero diano un’idea).

11 de septiembre de 1973

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«Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l’uomo libero, per costruire una società migliore».
(Estratto dall’ultimo discorso radiofonico di Salvador Allende, poche ore prima della sua morte, l’11 settembre 1973. Figura controversa ma senz’altro un simbolo).

Sant’Anna di Stazzema?

Alla commemorazione per la strage di Sant’Anna di Stazzema, ieri, erano presenti – oltre alle autorità locali – l’ambasciatore della Repubblica di Armenia, il sindaco di Moers e un rappresentante della città di Distomo, in Grecia, dove il 10 giugno 1944 le truppe naziste uccisero 218 civili.

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Rappresentanti del governo italiano? Zero. Nessuno. Una letterina di Mattarella.
Io provo vergogna.

ancora Bologna, ancora il quattro agosto

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1974, alle ore 1.30 del 4 agosto, una bomba esplose nel secondo scompartimento della quinta carrozza del treno Italicus, Roma-Monaco di Baviera, mentre transitava all’interno della galleria della Direttissima a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Morirono dodici persone: Nunzio Russo di Merano, tornitore delle ferrovie, la moglie Maria Santina Carraro e Marco, il figlio quattordicenne. Nicola Buffi, 51 anni, segretario della Dc di San Gervaso (Fi) ed Elena Donatini rappresentante Cisl dell’Istituto Biochimico di Firenze. E poi Herbert Kontriner, 35 anni, Fukada Tsugufumi 31 anni, e Jacobus Wilhelmus Haneman, 19 anni. La bomba uccise anche Elena Celli, 67 anni e Raffaella Garosi, di Grosseto, 22 anni. Silver Sirotti, invece, non era stato coinvolto nell’esplosione. Aveva 24 anni ed era stato assunto dalle Ferrovie da dieci mesi, stava svolgendo servizio sul treno quella notte e, quando vide le fiamme in galleria, impugnò un estintore e incominciò a estrarre i feriti. Rimase anche lui bloccato tra le fiamme. Fu decorato con la medaglia d’oro al valor civile. L’incendio rese irriconoscibili molti corpi, tra cui quello di Antidio Medaglia, 70 anni, che venne riconosciuto dalla fede al dito.

L’attentato fu subito rivendicato. Fu fatto ritrovare un volantino di Ordine nero che proclamava: “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti“.
Poi qualcuno fece il nome di Tuti, qualche pista portò poi a Gelli (Arezzo è vicina), al SISMI e così via. Facile indovinarne la conclusione: nessun colpevole individuato.

Questo è un post di otto anni fa. E la cosa tragica è che non fa nessuna differenza.