papi mostri e scultori boh

A pochi metri l’uno dall’altro, prima la statua di un papa soddisfatto per la riuscita del suo piano malvagio – eccellente! – e in attesa di entrare in possesso di qualcosa, ricchezze, bambini tenerini, cose così.

Il modello di riferimento è chiarissimo, l’oscuro imperatore di Guerre Stellari, avido e ambizioso tanto quanto, con le dita lunghe e affusolate da cui escono i raggi mortali:

Poco più in là quell’altro, altrettanto assetato e pericoloso, la cui testa allungata a dismisura e piegata in avanti è funzionale all’avvicinamento alle vittime:

E anche qui, facile dire a cosa assomigli, il mostro:

Bella coppia, sia Paolo VI e GP II, sia le due sculture, in mostruosa competizione a meno di trenta metri l’una dall’altra ma di autori e periodi diversi. Venite, parvulos.

occasioni sul mercato immobiliare sottostante

Vagolavo su immobiliare.it alla ricerca di affaroni ed eccone due che mi sono saltati agli occhi. Chiunque legga è pregato di non approfittarne, almeno di uno, perché tra poco scrivo e compro.
Il primo, più goloso, è la Winn House di Frank Lloyd Wright, anno 1957 ma ristrutturata di recente, 229,4 metri quadrati con tre camere da letto e tre bagni, patio e giardino. Piccola ma apta.

Mobili originali sempre di Frank Lloyd Wright, e butta via, tutta bella risistemata dagli ultimi proprietari. L’architettura organica di Wright si espleta oltre a tutto col fatto che è sul lungolago del Little Asylum Lake, un lagotto mucillagginoso. Costo? 1,85 milioni ma di dollari, quindi ci si guadagna oltre. Michigan? Certo. Sarà mica un problema?

Ah no, spetaspeta, mentre scrivevo è pure calata di prezzo, adesso è a 1,3 milioni dolla, perdio scrivo. L’annuncio.
La seconda proposta immobiliare è la casa progettata da Gae Aulenti in Costiera Amalfitana. La casa è costruita su una grotta, anvedi, sul mare, soffitti a volta e maioliche dipinte a mano.

500 metri quadri interni e 1000 esterni, a picco sul mare, anno di costruzione 1972, ha anche la cantina e l’allarme. Incredibile a dirsi, la trattativa è riservata. La grotta:

Questa è meno golosa per me, troppo leccatina, chi vuole se la pigli. Io no che forse vado in Michigan o forse anche quest’anno a Cesena, che ha il suo bello e comunque come si mangia in Italia.

poi uno dice di Belgrado (Rossi/1)

C’è anche brutalismo e brutalismo, se poi è abbandonato o semiabbandonato – vedi anche la recente Linnahall a Tallinn – aumenta il gradimento: la casa del Portuale di Napoli.

Commissionata direttamente dalla CULP, la Compagnia Unica dei Lavori Portuali, nel 1968 ad Aldo Loris Rossi (da non confondere col solo Aldo Rossi milanese), aveva lo scopo di ospitare servizi sociali, mensa e sale, per i lavoratori.

Poi uno dice di Misk e dello stile italiano. Si trova ovviamente al porto e il contesto, per sua natura intrinseca?, è già deprimente di suo. Poi se si ha la fortuna si scrivere per una rivista di architettura e si abbia voglia di celiare si potrebbe allora dire che: «La Casa del Portuale si innesta nello skyline della città come simbolo del caos produttivo delle aree urbane dedicate alle attività marittime», certo, a me pare si innesti in altro modo e in altro dove.

Se, poi, come detto è in larga parte abbandonata, il grado di piacere aumenta vorticosamente. Perché alla struttura stessa, peraltro finita nel 1980, e all’idea di allora, si accompagna lo stato delle cose attuali, e le amministrazioni succedutesi finora, le scelte e il disinteresse generalizzato per cose e persone.

Ma c’è una parte due, perché Aldo Loris Rossi ha colpito ancora, a Napoli. A breve.

photo opportunity

E proprio niente, faccio una foto da un posto (il post precedente), chiaramente un posto instagrammabile, e vualà, tutta la grande originalità e creatività sbattuta in piena faccia:

Si potrebbe andare avanti per centinaia di schermate, diciamo che ho capito.
Il punto, immagino, è testimoniare di esserci stati, in uno di quei cinquemila posti nel mondo dove c’è la photo opportunity, farla come va fatta escludendo il contesto e instagrammando e saturando la realtà, e via, verso uno snodo successivo della vita che vale la pena vivere.

astenuti, che dire?

Niente, la maggioranza degli italiani aventi diritto non vota. Tutti idioti menefreghisti? La tentazione di risolverla così è forte, mi metterebbe anche in pace cone stesso sulla mia condizione di non idiota, visto che voto. Temo purtroppo non mi vada così liscia.

Nei giorni precedenti le Europee chiedo esplicitamente alle persone più vicine: voterai? Non è come fare domande sulle tasse ma da qualche tempo un po’ di ansia la genera. Qualcuno tentenna, si vede, qualcuno sceglie per la verità, qualcuno no. Poi non va benissimo, astenuti quello che manca tra 48,31%, i votanti, e cento per cento. Venti e rotti milioni di persone.

Questo è il dato complessivo UE. Meno interessante la distribuzione territoriale dell’astensionismo, non è che si noti alcunché di nuovo o imprevisto.

Mai una sorpresa in questo paese. Comunque, al giorno prima delle votazioni, sette giugno, il mio personale sondaggio interno tra le persone più vicine dà il seguente risultato: sei astenuti; tre uomini e tre donne; tutti ampiamente sopra i quaranta, una sopra i sessanta, uno i settanta. Motivo: cinque al mare, non insieme tra loro, non tutti, il sesto non si è premurato di chiedere dove votare, se nel paese di origine o in quello di residenza, entrambi UE. Tutti buona o alta o altissima scolarizzazione e tutti, senza eccezione, con consapevolezza e coscienza politica. E ultimo e peggio: tutti voti a sinistra. Persi.

Ovvio, ci resto male. E per qualcuno vola pure un vaffanculo. Ne avrò diritto, poi? Forse no, però diciamo che aver fatto qualche sforzo per accompagnare tre ultrasettantenni non esattamente deambulanti al seggio qualche prerogativa, forse, me la dà. O me la arrogo, perché ci credo. E poi qualcuno ha pure il coraggio di sostenere che siano i giovani a non votare, pelandroni disinteressati.
Comunque, oltre a rimanerci male, non capisco. È un florilegio di: avevamo prenotato prima, è l’unico periodo possibile per andare, la mia amica, amico può solo in questo momento, nessuno azzarda le spiegazioni dei più giovani, tanto non cambia nulla. Come se il riposo dalla freneticissima vita lavorativa e non meno l’investimento per la camera d’albergo, il volo, il boccaglio costituiscano ragioni inoppugnabili, di per sé e ai miei occhi, che interrogo. Quello diviso tra i due paesi abbozza qualcosa su una qual disorganizzazione tra i paesi, pur non avendo fatto alcuna domanda. Il punto è che questi, a sinistra, li abbiamo persi. Se ci sono, votano. Se è comodo, eccome. Ma se è giugno, o settembre, o c’è la sagra del pesce fritto a Porto Empedocle, o serve fare qualcosa per accreditarsi al voto, ciccia.
Però il 28 maggio la maggior parte di loro, le donne direi per introdurre a questo punto pure una questione di genere, sono in piazza, il 25 aprile pure, le canzoni di Ivan della Mea le sanno. E allora? Forse sono le europee, alle politiche forse sarebbero andati. Probabile, visto che nel 2022 la percentuale di votanti fu il 63,91%, è di certo così.

C’è un però, però. Ed è un però bello grosso secondo me. Ritenere più importanti le politiche rispetto alle europee è frutto di una visione obsoleta e condizionata dalla propaganda locale. Proprio le stesse persone che lamentano un’Unione europea debole e poco integrata ritengono poi secondarie le elezioni stesse, quando invece nell’ottica dell’integrazione presente e futura è proprio il contrario: oggi le elezioni più importanti sono, appunto, le europee e le regionali, viste le deleghe poderose che anni di federalismo e localismo hanno garantito, sanità in primis. Per queste due serve votare veramente. Non per elezioni in cui il capo del governo gestisce sì e no un quarto della finanziaria e che, di volta in volta, avrà sempre meno capacità di intervento. Perché l’integrazione europea va giustamente in questa direzione.
Certo, poi ci sarebbe da capire chi si occupi dei diritti, perché né di qua né di là, attualmente, ciò accade. Se poi votate Meloni, stiamo proprio belli freschi.

E fanculo a chi non ha votato, comunque.