Io lo bevo sempre il caffè Torino, specie all’estero. Mi dà subito quel sapore di casa, quel ricordo di Torino, che bella città, con il duomo, il campanile, che ricordi belli della madrepatria. Un caffè, ragazzo. Ma che sia Torino, non un altro caffè.
Paghi duecentomila dollari per andare lassù, dove ormai ci sono stati bambini di otto anni, persone senza una gamba, non vedenti, ottantenni e ti incazzi perché c’è coda?
Diciamo che per un qualche motivo qualcuno voglia comprare un tavolo, impiallacciatura di rovere mordente marrone, diciamo un MÖRBYLÅNGA. Tre immagini esemplificative. Un anno e mezzo fa era così:
Un anno fa, stesso tavolo medesimo medesimo (le due foto sono di shotsandvideos):
Ora, con la dicitura IKEA sul sito “Nuovo prezzo più basso”, falsoni (immagino bisognerebbe verificare le dimensioni):
Ora, detta strappata l’inflazione è che la stessa cosa costa di più. Qui ovviamente l’inflazione non basterebbe a spiegare un aumento così poderoso, il caso rientra nell’aumento dei prezzi generalizzato, dovuto senz’altro anche alle spese di reperimento e trasporto del legname nell’ultimo anno ma non solo. Il governo Meloni di questo dovrebbe rispondere, in qualche maniera, per questo aumento. O, perlomeno, dire qualcosa su come intenda affrontare la cosa, visto che non corrisponde un aumento delle retribuzioni, nemmeno paragonabile. Ma tant’è, però nel frattempo in Sardegna perde, così van le cose. Quindi: lo stesso tavolo costa il cinquanta per cento in più di un anno e mezzo fa – e francamente quasi settecento euro per un MÖRBYLÅNGA appaiono davvero esagerati -, non aumentando le entrate di solito i consumi si contraggono e quel che il produttore immaginava di guadagnare all’inizio poi ci perde più largamente. A quel punto, sono necessarie misure di governo che invitino ai consumi, bonus e sovvenzioni come questi anni ci hanno abituato, brutto costume, perché è chiaro da parecchio che il sistema è poco sostenibile. Se poi si pretende di sostenersi a un MÖRBYLÅNGA o a un Giorgetti, allora stamo messi proprio bbene.
Al culmine della prima guerra mondiale, due giovani soldati britannici, Schofield e Blake ricevono una missione apparentemente impossibile.
In una trincea un gruppo di soldati inglesi, guidati dal mentalmente provato Stanhope, attende il proprio destino.
Uhm. Entrambi inglesi, il primo Sam Mendes nel 2019, il secondo Saul Dibb nel 2017, impossibile che uno non conoscesse l’altro anche se quello che ha avuto più successo è il primo. Cioè il secondo. Cioè prima 1917 ma dopo 2019, uff. Che le locandine dei film si ripetano per genere non è mica una scoperta, devo averne scritto da qualche parte: queste due confermano in pieno, a meno che il grafico non sia lo stesso. Lazzarone.
Uh oh, ma ne ha fatta un’altra, allora.
Beh, certo, è seconda guerra questa, tutta un’altra cosa. Sciocco io.
Le capitali europee della cultura 2024 sono Bodø in Norvegia, Bad Ischl in Austria e Tartu in Estonia. Se la prima è oltre il circolo polare artico, le altre due si segnalano per essere graziose cittadine nel mezzo dei boschi che bisogna davvero voler raggiungere. E qui l’UE secondo me un po’ confonde la cultura con la promozione dei piccoli centri, bisogna tornare al 2013, Marsiglia, per trovare una città di una qualche dimensione, popolare e culturale, e prima Istambul, Linz, Tallinn, Vilnius, Liverpool e così via. Da allora, piccolette e non sempre significanti. Scelta precisa, chiaro. L’unica, dunque, è offrire programmi attrattivi per l’anno in corso così da spingere i turisti della cultura in direzione: «Puntiamo a un milione di visitatori» spiegano gli organizzatori di Tartu 2024. Eh beh, allora mi son guardato il programma, per capire se. Ed è se, eccome.
Imperdibili. Il 10 e 11 maggio è in programma il primo festival culturale mondiale e si svolgerà dentro le saune con dibattiti diversi per ogni sauna, massimo 30 minuti. Alcune mostre per neonati. Dal 4 al 7 luglio si proverà a realizzare la più grande mostra di sticker al mondo. Ma è il 18 maggio che bisognerà essere a Tartu, perché ci sarà il leggendario festival del bacio: «lanciando una storica epidemia del bacio vogliamo porre fine ai preconcetti sulla freddezza degli estoni» e tutti giù a limonare.
facciamo 'sta cosa
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