Non dica altro!

Non dica altro!
Che potrebbe essere breve, a mangiar quei cosi.
Allora, lo dico subito: queste son cose brutte. E non sta bene ridere delle cose brutte.
Lo so. Io racconto la storia, poi vediamo quanto insensibile io sia.
Nel dicembre del 1975 la polizia di Chicago arrestò un tizio, indagando su una serie di rapine a mano armata nei sobborghi della città. Durante gli interrogatori il tizio, Michael Hubert Kenyon, si chiamava così, venne riconosciuto colpevole di sei rapine e aggressioni ai danni di numerose donne tra il 1966 e il 1975; man mano che veniva interrogato, aggiunse alcuni particolari alle vicende delle rapine e qualcosa attirò l’attenzione degli investigatori: in almeno tre casi, dopo la rapina, Kenyon praticò ad altrettante donne contro la loro volontà un clistere di acqua calda. Già. Era nato “il bandito del clistere” o, pure per dirla alla locale, lo “Champaign Enema Bandit”, “The Ski Masked Bandit” o “The Illinois Enema Bandit”.
Lo so, lo so, non bisognerebbe. Ma se la cosa colpisce la mia immaginazione oggi, si immagini allora: Frank Zappa scrisse una canzone raccontando la storia, The Illinois Enema Bandit, facendo lo scemo come cerco di non fare io scrivendo ora, cantando con il tono di voce del poliziesco; c’è chi ispirandosi ci girò un porno e così via. Attenti, anzi attente al bandito del clistere. Agirà per perversione o per il benessere delle vittime? Ecco, lo sapevo, non ce l’ho fatta. Eh, niente, commissario. Poi alla vittima è stato praticato, ehm, ecco… mmm, un clistere. Un clistere di acqua calda. Ma fategli scontare la pena lavorando in ospedale, no? Kenyon si beccò dai sei ai dodici anni per ogni capo d’accusa, poi fece sei anni di carcere e basta, è vivo da qualche parte, ottantenne. Non è dato sapere quanto della pena fosse riferito ai clisteri e, immagino, in carcere avrà goduto una di una certa, seppur forse non tanto ammirata, notorietà.
Necessario il chiarimento sotto il titolo della rivista Puzzle colossali:
Ahah, non è perché siano sterminati, è perché sono grandi, grossi. Ora è chiaro.
No, né Dürer né Matia Bazar, e le foglie morte nel vento / tra le pale del Moulin Rouge… Bensì Fosse, il neopremio nobel per la letteratura. Dovendo ovviamente non solo giustificare le proprie scelte ma, in qualche maniera, anche convalidarle, l’Accademia fornisce quasi sempre motivazioni altisonanti per l’assegnazione del premio e, anche stavolta, non ha fatto di meno: «Fosse è stato paragonato a Ibsen e a Beckett, ma è molto di più. Per una ragione: la sua intensa, poetica semplicità». Impegnativo, su Ibsen discuterei, su Beckett non accetto. Vero che il Telegraph lo metteva tra i cento genii viventi già nel 2007 ma nzomma, discutemone. La rapace ‘Nave di Teseo’, la sorella non è da meno del fratello, casa editrice nota perlopiù per la ristampa continua di testi di altre case passate, ripubblica quanto già pubblicato di Fosse, spesso con nuova traduzione, come con, appunto, Melancholia, Fandango 2009, ripubblicata or ora. Mi piace anche la recensione sul sito della casa editrice, che si conclude con: «Il risultato è un romanzo immaginifico, selvaggio e intenso come il cielo del Nord, con una scrittura musicale che racconta la perdizione dell’arte e la forza di sentimenti irrefrenabili», scritta chiaramente con un generatore di aggettivi casuali. Ma evocativi, perdio, evocativi.
Io Fosse non l’ho mai letto e non so se lo farò, perché non mi pare cosa per me. Narra qualche leggenda non verificata che il suo Settologia conti oltre milleduecento pagine senza mai un punto, il che mi fa venir proprio voglia. E, in effetti, aprendo a caso un altro suo libro, Io è un altro, piglio alcune righe:
perché quando sono via non vedo l’ora di tornare alla nostra vecchia casa a Dylgja, perché la penso sempre come la nostra casa, anche se ormai sono già tanti anni che ci abito da solo, penso, ma dovrò imparare a pensarla come la mia casa, non alla nostra, sì, solo a questo, alla mia casa, penso e guardo il muro bianco e vedo che dei fiocchi di neve si stanno posando uno dopo l’altro sul parabrezza e guardo dritto davanti a me e vedo Asle nel letto d’Ospedale e un medico apre la porta e va da lui, gli sente il polso e il suo corpo continua a tremare, vibra
Speriamo che tra poco gli passi, dice Medico
e l’uomo seduto a monitorare dice che le condizioni sono variabili, a volte il tremore è quasi nullo, poi il paziente ricomincia a tremare, dice e Medico dice che è una buona notizia, poi si avvicina all’altro letto e Medico passa la mano sopra la bocca e il naso dell’uomo che vi è disteso
In effetti i punti non ci sono. Ma le virgole, gli a capo e le maiuscole sì, curioso. L’effetto di certe pagine intere senza mai una pausa mi inquietano un po’, a non esser Joyce. E mettilo qualche punto, che t’hanno fatto?
Esco stamattina e a un certo punto, debbotto mentre cammino, mi assale una domanda fatale: uhm… ma il subcomandante Marcos? E la monetina per il Chiapas? E quella per Filippo che è partito per Caracas? E tutti i ventenni italiani persi nella giungla da allora?
Fumo dappertutto con quell’aria a metà tra la Baghdad degli scud e una fabbrica pirotecnica piena di Saddam e Osama Bin Laden appena esplosa, buon anno.
Comunque le falangi sono tutte a posto. Ho perso un occhio, certo, ma le mani a postissimo. E poi qualcuno ha scritto ‘bandita’ sulla targa del negozio della Ferragni qui dietro, mica poteva durare all’infinito.
Bravo bravissimo Mattarella, per carità, e tutti a lodarne le sagge parole e gli argomenti, salvo poi fregarsene lasciando le concessioni balneari così come sono e considerarlo un vecchio rincoglionito quando ci sarà da prenderne il posto o discuterne qualche scelta.
Come da tradizione, il discorso però di cui tenere davvero conto è quello parapresidenziale di Balasso.
Il video vero vero:
Eh, buon anno.
A chi lo desidera, buon natale.
Per quanto riguarda me, bene che sia fuori dalle balle per un altro anno.
Cattivissimo come Afold Hilter. E tu come Guida. O Stlain.