Che peccato.
Mese: Giugno 2016
temo che il Levium non ce la farà
Nel gennaio scorso riportavo brevemente una proposta della rivista Nature di battezzare uno dei quattro nuovi elementi chimici ‘Levium‘, ovvero l’elemento di Primo Levi.
Proposta meravigliosa e condivisibile da ogni essere umano dotato di testa pensante, dicevo io, così da non ripetere gli obbrobri di germanio, francio, scandio, americio e californium e celebrare il fatto che «Levium potrebbe significare che la tavola periodica è per tutta l’umanità». E, invece, ieri sono state rese note le proposte ufficiali:
- l’elemento 113 potrebbe chiamarsi nihonium (Nh), da ‘nihon’ la parola giapponese per indicare il Giappone;
- l’elemento 115 moscovium (Mv), ovviamente in omaggio a Mosca che, secondo le motivazioni, ospita il Joint Institute for Nuclear Research;
- il 117 tennessine (Ts), orrendo, in nome del Tennessee che è sede dell’Oak Ridge National Laboratory, della Vanderbilt University, e della University of Tennessee at Knoxville, posti importanti nella ricerca di elementi superpesanti;
- l’elemento 118 oganesson (Og), infine, dedicato a Yuri Oganessian, lo scienziato 83enne dell’Istituto russo di ricerca nucleare di Dubna. Vivente.
Dai, Iupac, perdio, un po’ di coraggio, su. ‘Levium‘, ‘Levium‘, ‘Levium‘, ‘Levium‘.
E che cazzo, su.
law without order
Sbirri spassosi, è possibile? Sì, è possibile.
Un primo giro sulla trottola di Brooklyn nine-nine, ormai alla quarta stagione, ovverosia poliziotti niuiorchesi del distretto 99 di Brooklyn.
Il protagonista indiscusso è Andy Samberg (il tizio a destra qui sopra, nonché marito di Joanna Newsom per chi ne sa) e il cast assortito in modo eccellente, chiaro che l’umorismo della serie, per quanto piuttosto scassone, è del genere semisofisticato (ehm…) della East coast niuiorchese.
Strepitosa Gina Linetti, chi non la ama?
Il secondo giro di sbirri spassosi è invece di là, a Los Angeles, con Angie Tribeca.
Qui la poliziotta-star è Rashida Jones (strepitosa, la amo fin da Parks and recreation, un’altra serie spassosona) e il genere è pesantemente alla pallottola-spuntata (l’ideatore è Steve Carell), per cui i casi variano dall’omicidio di un ventriloquo ai suicidi in serie di fornai.
Le gags sono ancora più scassone ma sono talmente serrate (avete mai preso un volo della Air Jordan?) da essere abbastanza irresistibili, in particolare i dettagli (vedi Alfred Molina).
Entrambe serie eccellenti per il formato venti-minuti-di-cervello-spappolato (per deficienti, voglio dire, eccellenti per deficienti come me), non posso che consigliare caldamente.
un direttore mancato
Piazza Venezia, all’angolo con via del Plebiscito, due giorni fa un vigile dirigeva il traffico. Chiaramente un direttore d’orchestra mancato, ero estasiato.
Verrebbe da scrivere un titolo più appropriato: Mozart in the jungle.
Il che mi offre il destro per segnalare, appunto, Mozart in the jungle, serie tv (tratta dal libro di Blair Tindall e visibile in streaming) sul mondo della musica classica newyorkese – tutti vogliono suonare nella New York Symphony Orchestra – e più in generale del mondo della musica, con un direttore d’orchestra, Rodrigo De Souza, azzeccatissimo (fa un po’ il verso a Dudamel). Molto riuscita.
Questo per dire che si può fare una serie divertente sul mondo della classica, sull’impegno, sulla dedizione e sullo studio. Si-può-fare. «Hear the hair».
la passione di Ali
Nel 1967, il campione del mondo dei pesi massimi fu richiamato alla leva per combattere nella guerra in Vietnam. Il campione rispose di no, adducendo la seguente motivazione:
«I got nothing against the Vietcong, they never called me “nigger”».
(«Non ho nulla contro i Vietcong, non mi hanno mai chiamato “negro”»). Il campione era ovviamente Muhammad Ali e non sarebbe certo stato mandato in Vietnam, bensì piazzato a qualche scrivania e a combattere ogni tanto, giusto per dimostrare che tutti, proprio tutti, dovevano dare il proprio contributo alla guerra.
Ma Ali si oppose e per quello fu condannato a cinque anni di carcere per renitenza alla leva. Non solo: gli furono ritirate anche le licenze per combattere e fu privato dei titoli mondiali. E ancora: Ali aveva venticinque anni, il che vuol banalmente dire che era al suo massimo atletico come pugile e così avrebbe – come è stato – perso i suoi anni migliori.
Tra i molti che si mobilitarono in difesa di Ali ci fu George Lois che dedicò una copertina di Esquire ad Ali e alla sua condanna:
Meravigliosa. Ciò nonostante i giudici, la Difesa e le Federazioni pugilistiche furono irremovibili. Ecco le altre due copertine di Lois in difesa di Ali:
Ali tornò a combattere solo nel 1971, a quasi trent’anni, contro Jerry Quarry e poi Oscar Bonavena. Solo nel 1974 Ali riconquistò il titolo, contro Foreman a Kinshasa, nel famosissimo Rumble in the Jungle, con l’incredibile rope-a-dope.
Questa è storia e il suo rifiuto di combattere è solo uno dei motivi per cui Ali è stato, davvero, il più grande di tutti.
la pattuglia acrobatica nazionale (PAN)
Ancora le frecce tricolori, stavolta a Roma per la parata del 2 giugno.
Come quelle cose che non accadono mai per una vita e poi accadono due o tre volte a distanza ravvicinata. Comunque, devo ravvedermi e specificare che le frecce di solito sono dieci, per formare correttamente il 4-3-2-1 ma che, anche in questo caso, erano solo nove.
La parata del 2 giugno, invece, ha parecchi aspetti interessanti ma, come succede sempre in Italia, è del tutto monopolio della politica e delle famiglie, nel senso che tutti i posti a sedere sono riservati fino all’ultimo consigliere comunale e fino all’ultimo cugino di nono grado di Cadorna. Peccato, perché alcune cose sono proprio da vedere.
ups, he did it again
Banksy è entrato nottetempo in una scuola (non è ben chiaro se gli alunni gli avessero dedicato un’aula e, quindi, sia una forma di ringraziamento) e ha regalato agli scolari un mural, lasciando anche una bella letterina il cui succo è che è più facile ottenere il perdono che il permesso. Va da sé, quindi, che è meglio fare le cose che aspettare.
Qui, nei suoi out (nel senso di fuori).
corri, Ali, corri
«Service to others is the rent you pay for your room here on earth» (Muhammad Ali).
Una cosa tipo: «il servizio agli altri è l’affitto che paghi per la tua camera qui sulla terra», una delle tante cose dette da Ali. Melensa? Forse – in fondo sono qui a rimpiangerlo – ma è una frase molto molto meno banale di quanto sembri.
Alla larga i cinici.
ciao
Oggi per me è un dispiacere vero.
cose commoventi assai: il tram 28 nelle sue declinazioni
Lisbona è città di tram perché, oltre al fatto che i tram c’erano in tutte le città d’Europa, è piena zeppa di salite e discese ardite (sette colli anche qui): il tram, data la sua natura elettrica, funziona benone in quelle situazioni (vedi San Francisco). E sono i tram, come a Milano, degli anni Trenta, i Remodelado.
Una delle linee di tram più interessanti della città è il 28, che va da Graça a est fino a Campo Ourique e alla Basilica di Estrela a ovest. In particolare, passa attraverso l’Alfama, uno dei quartieri più belli della città. Per farla breve, il 28 è sempre pieno di turisti, perché tutte le guide riportano la cosa (per esempio, la lonely planet).
Come che sia, al capolinea ovest, alla Basilica di Estrela, si può scendere e attraversare la strada, entrando nel Jardim de Estrela, un bellissimo parco ricco di fontane, vasche, piante esotiche, palchetti per la banda e ogni altra amenità. Ben tenuto, tra l’altro.
Davanti al bar del giardino, come davanti a tutti i bar di tutti i giardini europei fino a qualche anno fa, c’è un gioco per i bimbi, tipo una macchinina elettrica (o un elicottero, per dire) che inserendo la moneta si agita e si muove per un po’.
A Lisbona, ovviamente, c’è questo:
Ed è proprio il 28 Estrela. Commovente, secondo me.