Ci sono giorni pazzeschi e non serve nemmeno andare al Cairo.
Pure una miniluna a fianco della punta, troppa grazia signore (e la macchina fotografica non è più capace di tirare le linee dritte per l’emozione).
Ci sono giorni pazzeschi e non serve nemmeno andare al Cairo.
Pure una miniluna a fianco della punta, troppa grazia signore (e la macchina fotografica non è più capace di tirare le linee dritte per l’emozione).
Si potrebbe prima volare con il Boeing 737-800, strepitoso nome in codice: GoldbAIR (qui nel 2009, della TUIfly), e non sarebbe niente male perché io cercherei senza dubbio di morderlo.
O con il meraviglioso HaribAIR, elegante ma non gommoso purtroppo, anch’esso un Boeing 737-800 della TUIfly, qui nel 2014.
La terza scelta potrebbe essere l’Haribo Tropifrutti Paradiesvogel, nome meno fantasioso, stesso tipo di aereo e stessa compagnia ma nel 2015.
L’orsetto gommoso, o goldbären come di chiama propriamente, si riproduce a gran velocità – per mia e nostra fortuna – e figlia al ritmo di cento milioni di esemplari al giorno. Che è, nonostante io sia gran campione, decisamente più di quanti io riesca a mangiarne, per fortuna. Poi, si sa, vanno in letargo nel colon.
Il 21 agosto scorso negli Stati Uniti è stata visibile una poderosa eclissi solare, come molti di noi dovrebbero ricordare. È la cosiddetta The great solar eclipse del 2017 e qui c’è una spiegazione tecnica dettagliata dell’avvenimento.
Bene. Per quelli come noi che non l’hanno vista, ci sono un sacco di immagini in rete ma una tra quelle più inedite è, come spesso accade, quella della NASA, che ha ripreso l’ombra dell’eclissi da 250 miglia di altezza.
Un’eclissi come io non l’avevo mai vista. Qui il sito.
L’approvazione della legge ha del miracoloso, oggi siamo un paese un pochino meno incivile e ritardato. Sono sinceramente commosso.
Ne ho già parlato: Pagina99, uno dei migliori settimanali di ragionamento sulla piazza fino ad alcune settimane fa, prima ha tirato parte delle cuoia abbandonando il formato cartaceo, adesso sta dibattendosi con difficoltà tremende. Il 12 dicembre la redazione ha rilasciato un terzo comunicato, opponendosi ai licenziamenti e promuovendo giorni di agitazione, poche ore dopo l’editore ha risposto con un altro comunicato dai toni più forti, il che non fa presagire nulla di buono. Spiace che venga a mancare un’altra testa (collettiva) nel panorama già striminzito, la mia solidarietà – per quel che vale – ai bravi giornalisti della testata, che hanno sempre fatto un ottimo lavoro.
Ricevo la solita newsletter da Kobo, per gli ebook, con le «novità che mi piaceranno»:
Il libro del momento è Tutte le novelle di Verga? Mi pigliate per il culo?
Devo decisamente ricostruirmi un profilo accettabile.
Nachtwey è un fotografo di guerra tra i più bravi ed esperti, fotografa, documenta, ricorda e testimonia, senza cercare l’effetto facile o la via più breve.
Qui altre sue foto, Nachtwey sarà in mostra a Milano fino a marzo, qui.
«The events I have recorded should not be forgotten and must not be repeated».
Lo sapevo persino io che so a malapena la differenza tra una bicicletta e un’auto, immagina lo shock (c’è già tutto in Danilo Di Luca, Bestie da vittoria e soprattutto in Confessioni di un ciclista mascherato di Anonimo con Antoine Vayer, che ne dicono tutto il peggio possibile). Il tùr non si vince senza aiuto, figuriamoci quattro volte (o sette, come la storia dimostra).
Da far imparare a memoria.
Chamath Palihapitiya, entrato in Facebook (nell’azienda, non nel social) nel 2007, ha contribuito allo sviluppo del sistema fino a diventarne vicepresidente. Ecco cosa va dicendo da un po’ di tempo:
“Abbiamo creato un sistema di gratificazione a breve termine di like e di feedback, guidato dalla dopamina, che sta distruggendo il modo normale in cui la società funziona: non sono cresciute né le discussioni, né la collaborazione. Ma solo la disinformazione e la mistificazione della realtà. E quello che dico non è un problema solo americano, non ha niente a che fare con i post della propaganda filorussa, ha a che fare con tutto il mondo”.
Qui l’intervento complessivo. Si dice ovviamente pentito e dice, insieme, che naturalmente ai suoi figli non è permesso usare Facebook. Bravo, alla buon’ora.
Esempio strepitoso di giardino all’italiana, non tra i più appariscenti ma tra i più precisi, il giardino della Reggia di Colorno è un posto molto bello che vale un viaggio. Il satellite testimonia con esattezza.
Oggi, purtroppo, in condizioni più preoccupanti, per l’esondazione del Parma.
Pare che in fondo al giardino vi fosse una grotta tutta piena di automi cinquecenteschi, in grado di muoversi come divinità mitologiche.