Decade, il nuovo disco dei Calibro 35 in uscita a febbraio. Pre-comprato al volo, gnam!
Per chi non sapesse chi siano i Ca… ma no, non diciamo sciocchezze, su.
Mese: Dicembre 2017
il quarantottesimo dodici dicembre
Noi ricordiamo, che altro è rimasto? Provo vergogna, sempre più.
il nonno che racconta le cose in fondo al tavolo (e che tutti ascoltano con grande attenzione)
Scalfari, padre eterno della Repubblica e leader eterno del giornale (fine delle prese per il culo, c’è già chi ci pensa abbondantemente), dopo numerosi editoriali chilometrici è passato a un livello superiore: l’intervista a sé stesso, in cui spazia tra gli argomenti più disparati.
Va bene, in fondo è libero di far quel che vuole e di vessare i suoi giornalisti finché non lo mettono su un Intercity che va lontano, e io sono parimenti libero di non leggerlo. Cosa che infatti non ho fatto, ho solo individuato un passaggio che mi interessa. Eccolo (Z è Zurlino, l’intervistatore sé stesso, E è ovviamente il grande Eugenio scritto tutto con il suo proprio font):
Z: E il rock?
E: Per me non esiste. È solo ritmo senza alcuna melodia. Nella vera musica jazz c’è il ritmo, volume del suono, melodia. È musica, una parte della grande musica. Ma poi c’è una musica completamente diversa e di grande e più elevata importanza, operistica e sinfonica. I grandi di questa Musica sono a volte compositori, a volte direttori d’orchestra, cantanti e specialisti di vari strumenti detti appunto “solisti” e voci di diverso volume femminile e maschile. Ognuna di queste figure compone la grande Musica e naturalmente con essi e anzi prima di essi ci sono compositori dei testi musicali, Rossini, Donizetti, Verdi, Puccini, Bellini.
D’accordo, ha detto «per me», ma la frase dopo è lapidaria, troppo, abbiamo litigato per molto meno. Ti lascio ai tuoi ponteggi soliloquosi e mi riprendo per me il rock, tutto, alla facciazza tua.
recorded and produced by Ty Ueda and Lina Tullgren
Resta del tutto insoluto il mistero su cosa abbia spinto Lina Tullgren, interessante cantautrice, a dotare il suo disco di debutto, Won, di questa copertina:
Mistero, più guardo e meno capisco. Il disco di Tullgren si può sentire qui.
satellite of love #101: B.G.
Benjamin Grant si diletta con le fotografie aeriali (ita: aerofotogrammetria con ripresa planimetrica, detta bene, che vuol dire fatta in verticale dritta) e io con lui. Lui ne ha fatto una professione (la raccolta, il sito, il libro) io no, faccio il guardone e basta.
È che vedere il mondo dall’alto è una delle cose che più mi piacciono, sia le zone che si prestano per via delle geometrie, come per esempio il concentratore solare di Siviglia, qui sotto, che usa 2.650 specchi per concentrare l’energia solare nella torre al centro e produrre energia elettrica in cambio di 30.000 tonnellate di CO2 ogni anno, sia le zone curiose, come Lombard street a San Francisco, già citata e ben famosa grazie anche a Steve McQueen, via che dà certamente il meglio dall’alto.
Anche il ponte sul Bosforo, dritto come un graffettone a unire le due sponde del mondo, fa una gran figura, se ammirato dall’alto. Anche qui, per dirla bene, il ponte è il “Ponte dei Martiri del 15 luglio”, uno dei tre ponti di Istanbul sul Bosforo, è lungo 1.510 metri, largo 39 e tra i due piloni c’è più di un chilometro.
Nel 1980, mentre stavamo attraversando in camper proprio questo ponte, vedemmo salire dalla parte asiatica i carri armati: era il colpo di stato. Unica cosa da fare, fatta: inversione a ‘U’ rapidi e scappare in Grecia. Per un pelo.
più il tuo lavoro è divertente e meno guadagni
Chaz Hutton fa dei buffi disegnini sui post-it grandi, con delicatezza e tatto.
Più incisivi, i Wumo – un duo danesico di creativi – disegnano spassosi grafici sui piccoli fatti della vita, dalla banca al telefono ai campi da compilare nei forms, cose di questo genere (Kind of normal, appunto).
Cose abbastanza buone.
#metoo: dell’uso improprio (e stronzo) di giuste rivendicazioni
Mia Merrill, una giovane donna e non certo una beghina novantenne, ha promosso una petizione da rivolgere al MET per rimuovere o, magari, contrassegnare con un’etichetta particolare un quadro di Balthus, che lei trova offensivo e in aria di pedopornografia (è scioccata, altroché).
Poiché l’aria che tira è quella delle denunce contro molestie e abusi sessuali a cascata dal caso Weinstein, la petizione raggiunge in pochi giorni oltre diecimila firme, in nome della – supposta – indecenza del quadro di Balthus, che a questo punto ha senso vedere. L’accusa, pesantissima nonostante la forma non del tutto esplicita, è di apologia della pedofilia, peraltro da parte di un ente pubblico.
Il quadro incriminato è Thérèse dreaming del 1938, qui la scheda del MET.
La Merrill, prima di lanciare la petizione, ha inoltrato una richiesta al museo, il cui direttore – il signore della misura e del buon senso lo benedica – ha risposto giustamente picche.
La questione sta diventando molto difficile da gestire: la signorina costringe con argomenti mal posti a un ragionamento di retroguardia, nel senso che ci si trova, poi, a discutere se il quadro di Balthus rappresenti un soggetto morboso o no, e in caso se si tratti di una qualche forma di pedofilia o meno. Gli argomenti utilizzati da lei sono bastardelli, l’hashtag #metoo implica furbescamente che se si è d’accordo nella condanna di Weinstein e compagnia bella di molestatori allora non si può che esserlo anche in questo caso, e quella seconda frase («se siete sensibili alle implicazioni dell’arte nella vita reale») non vuole dire assolutamente niente ma spinge nella medesima, identica, direzione.
Il discorso, ovviamente, non è quello, quanto piuttosto si dovrebbe discutere sulle tendenze censorie della signorina e di molti come lei, abili ad annusare l’aria e sfruttare argomenti giusti in altri contesti. Il problema è che simili argomentazioni fanno presa: nel 2014 una mostra in Germania sulle polaroid di Balthus preferì chiudere per non incappare in eventuali conseguenze e una mostra su Schiele a Berlino in questi giorni ha preferito ritirare delle locandine promozionali con immagini (quadri dell’autore) ritenute sconvenienti da qualcuno.
Lei e chi come lei scrive due righe in un tweet e si aprono le cateratte: polemiche in ogni direzione con critici a sostegno del concetto stesso di arte e di libertà e professionisti dei social che, invece, dilagano in ogni dove dicendo le peggio cose possibili inframezzando il tutto con fotografie di se stessi al mare con i pargoli.
Quello che a me spiace di più, oltre ovviamente al fatto di utilizzare rivendicazioni giuste in contesti sbagliati con scopi censori, è che a fare questo sia proprio una donna, in nome di un femminismo di facciata che risulta essere del tutto controproducente a qualsiasi causa utile.
il genio politico degli ultimi dieci anni
Ieri sera, a sorpresa, ha dichiarato che non intende candidarsi alle prossime elezioni: «E non farò neanche il ministro ma lascio il Parlamento non la politica». Ma come?
Quattro legislature consecutive (XIV, XV, XVI, XVII) e poi, attenzione!, Ministro della giustizia dal 2008 al 2011 (governo Berlusconi) quando è costretto dagli eventi a prendersi una piccola pausa dal governo (infatti fa il segretario del Popolo della Libertà dal 2011 al 2013) e poi di nuovo: Ministro dell’interno dal 2013 al 2016 (governo Letta, riconfermato dal governo Renzi), dal 2016 a oggi Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale (governo Gentiloni). Ma non basta: vicepresidente del Consiglio dei ministri dal 2013 al 2014 (governo Letta).
Breve riassunto, quindi: Ministro (sempre di quelli pesanti, Giustizia, Interni ed Esteri) per nove anni negli ultimi undici attraversando cinque diversi governi e rappresentandone quattro, di cui tre consecutivi, sia di centrodestra che di centrosinistra (essendo un politico vero è stato a riposo con i tecnici), se questo non è genio politico io non so cosa altro sia.
Come chi? Angelino Alfano, savasansdir. Eh, aimsorri, ze uaind… Imbattibile, altroché.
breve vademecum per comprendere la questione Gerusalemme capitale
La decisione di Trump di spostare l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme ha suscitato non poche polemiche, poiché appare per quello che probabilmente è: una provocazione. Infatti, sebbene Israele sostenga che la propria capitale sia Gerusalemme, dove peraltro hanno sede il parlamento, il primo ministro, la corte suprema e i ministeri, nessun paese del mondo – nemmeno gli Stati Uniti, almeno finora – ha mai riconosciuto la città come capitale, preferendo appoggiare le ambasciate e gli uffici diplomatici a Tel Aviv.
È evidente come la scelta di Gerusalemme vada a toccare le sensibilità dei credenti delle tre religioni monoteiste, oltre a suscitare la rabbia del mondo arabo, di Erdogan, della Giordania, dell’Iran e dell’Egitto e, non bastasse, contravvenendo al fatto che la zona è considerata territorio internazionale, amministrato dall’ONU come da decisione del 1948. Io stesso, a domanda, avrei risposto che la capitale di Israele è Tel Aviv, o Haifa, persino Nazareth ma di sicuro non Gerusalemme.
Per chi avesse voglia di approfondire la questione capitale-Gerusalemme, qui una guida molto chiara (inglese a parte, ovvio) alla questione: A Guide to the Dispute Over Jerusalem and Israel’s Capital di Jonathan Ferziger.
i musei lombardi, un possibile regalo ben fatto e le difficoltà del vivere quotidiano
Lo dico senza falsa modestia, questa è un’idea che io avevo avuto centotrenta anni fa, tutto da solo. Vabbè, pazienza, è il continuo tormento del precursore dei tempi. Comunque, finalmente la Regione Lombardia – copiando bellamente, va detto, la Regione Piemonte – ha lanciato la propria Carta dei Musei, ovvero un abbonamento annuale che, cito, «permette di accedere liberamente ai musei, alle residenze reali, ville, giardini, torri, nonché alle mostre di Milano e della Lombardia aderenti al circuito».
Ottima idea, dico io, e non solo perché l’avevo avuta prima io. Con 45 euro all’anno, come cifra massima, uno scorrazza liberamente per i pascoli museali della regione tutte le volte che vuole per un anno, con un grado non indifferente di soddisfazione. Ottimo, davvero.
Ma per quali musei è valido l’abbonamento? Giusta domanda, la risposta è sul sito dedicato, lombardia.abbonamentomusei.it, mi ci collego prontamente. Ecco.
Maccazzo, il certificato. E rinnovarlo, no? E proprio scaduto oggi, che culo.
Vabbè, aggiungo l’eccezione e proseguo (la dicitura riportata è: «Il gestore di lombardia.abbonamentomusei.it ha configurato il sito in modo non corretto», già, e la cosa si ripercuote su quasi ogni pagina) e l’offerta è buona, basterebbero da soli il Palazzo Ducale di Mantova, Santa Giulia a Brescia, il Museo di Storia naturale, il Museo delle Scienze, le Pinacoteche Ambrosiana e di Brera di Milano, il Castello Visconteo di Pavia, la Villa Reale di Monza a giustificare la spesa.
Quindi: ottima idea l’abbonamento, io già provvidi a procurarlo per me stesso, e ottima idea come regalo specie di ‘sto periodo, molto buona l’offerta e la proposta di luoghi da visitare, facciamo un ultimo sforzo, Maroni? Lo rinnoviamo il certificato così da non dare la solita impressione che la cultura da queste parti stia un po’, come dire?, sulle balle, specie ai leghisti d’accatto? Grazie.