La peggiore del giorno è questa: un paese che pensa di essere ricco, che si riempie la bocca con espressioni del tipo «la quinta, sesta, settima economia del mondo» da quarant’anni, un paese che pensa di essere il più bello, il più bravo e il più intelligente di tutti, insomma questo paese un giorno si becca una malattia e scopre di non saperla contenere. Perché gli ospedali non sono i più belli del mondo, perché non sono i più lesti a chiudere le zone rosse, perché non hanno i migliori piani di contenimento, a volte manco ci sono, i piani, perché perché eccetera. Questo paese di cui sto dicendo va in crisi, gli ospedali scoppiano, la situazione è davvero drammatica e un paese piccolino, bistrattato da tutti ma soprattutto dal primo paese, ridicolizzato e insultato, offre il proprio aiuto e invia medici e infermieri per aiutare il paese grande e ricco a risollevarsi. Dai e dai, grazie anche all’aiuto delle persone che sono venute ad aiutarlo, il paese si riprende un pochino, la situazione migliora e le cose si fanno meno drammatiche. Allora i medici e gli infermieri venuti in aiuto dal paese piccolino, la sera prima di lasciare il grande paese, nell’appartamento che è stato dato loro per la permanenza, festeggiano la fine di un periodo tremendo, bevendo insieme qualche birra e facendo un po’ di baccano. Eh no, eh no, questo non lo potete fare, siete venuti ad aiutarci – vostro dovere, peraltro – e questo non lo potete fare. I vicini chiamano i vigili e i vigili, solerti, affibbiano cinquecento euro di multa a ciascun medico e infermiere. Così imparate, prima di tornare domani nel vostro piccolo paese. Così imparate, a far casino. Ora lo dico al me del futuro, che magari non ricorderà tutti i dettagli di questa storia quando rileggerà tra molti anni: il piccolo paese è l’Albania. Il resto è facile, basta guardarsi attorno. Gratitudine senza confine.
Hanno chiaramente preso ispirazione dal mio minidiario. Scherzo. Diciamo che come me alcune persone si sono poste la questione di come documentare questa pandemia: se per i dati dei contagiati ci sono i bollettini, se per la cronaca ci sono i giornali, se per i decreti ci sono gli atti del Governo, per raccontare cosa è successo, succede e succederà nelle vite comuni, tra la popolazione, servono altri modi. Scrivere, magari, riprendere, i modi sono molti, purché siano trasmissibili. Tra i tanti, un modo interessante sono i musei. Non sappiamo ancora come si racconterà tutta questa vicenda, non sappiamo nemmeno se prima o poi qualcuno potrà tornare in un museo, se è per quello, ma sappiamo che è una cosa che andrà in ogni caso documentata. E così le teste pensanti di molti musei del mondo si sono organizzate e hanno cominciato a raccogliere materiali relativi alla pandemia covid-19 che si sviluppò sull’intero pianeta tra la fine del 2019 e… mmm. Mascherine, disinfettanti, guanti, tute, respiratori, manifesti, fotografie, avvisi, tutto quanto potrebbe essere utile. Se ricordate le immagini della zona rossa di Codogno, molti erano i fotografi che avevano documentato i posti di blocco della zona isolata. La stessa quarantena, di un paese intero prima e di molti paesi poi, va raccontata. Vanno raccolti gli elementi che possano documentare, nel futuro, le risposte mediche, scientifiche e culturali alla pandemia. La lettera di Johnson alle famiglie inglesi, per esempio, i magneti inseriti nel naso di un medico inglese a marzo nel tentativo di creare una barriera al contagio per via respiratoria, magari i respiratori creati dalle maschere di Decathlon e così via. Il British Science Museum di Londra ha una specifica galleria dedicata alla storia della medicina e, come museo anglosassone, ha una consuetudine e un’esperienza costruita negli anni sull’organizzazione di esposizioni partendo dagli oggetti quotidiani. Il museo, e non è il solo, ha dichiarato tempo fa di essere attivo nella raccolta di oggetti: «Alcuni articoli che sono già stati donati vengono per il momento archiviati in modo sicuro presso lo Science Museum, mentre altri materiali vengono custoditi dal donatore fino a quando non sarà possibile aggiungerli alla collezione». Ci verrà da ridere (diciamo…) quando rivedremo come eravamo conciati nei giorni della peggior diffusione del contagio, senza mascherine, senza guanti, qualcuno ricorderà l’ospedale di Alzano Lombardo, i medici chiusero il pronto soccorso di fronte a molte polmoniti strane dai caratteri non comprensibili e la Regione, a sera, ordinò di riaprire. A questo servono i musei, a mettere in ordine i fatti e a ricordare. Anche se a molti non fa piacere. A proposito: dopo cinquanta giorni di conferenze quotidiane e dichiarazioni a cadenza quasi oraria, chi ha visto Bertolaso e Fontana? Dileguati.
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