Manca una settimana al 4 maggio, che è la data indicata come l’inizio di una timida riapertura, come già detto, e invece l’aria che tira è l’attesa del giorno del condono carcerario, dell’assoluzione plenaria, dei supersaldi di gennaio. Tutti fuori, tutti liberi, e avanti tutta. Al lago, al lago, al mare, al mare, ma noi non abbiamo il mare. Ah, beh, adesso no, ma dopo il 4. Ah, il 4. Non solo, anche le persone più timide si interrogano se proseguire o meno con le abitudini assunte in via precauzionale in questi cinquanta giorni: continuerò a farmi portare la spesa? Potrò uscire di casa? E per andare dove? Già, tutti bei programmi e belle domande. Se la fase della chiusura era stata complicata, questa lo sarà ancor di più, non vorrei essere nei panni di chi dovrà far rispettare i decreti. Perché se là c’era il timore della pandemia, della malattia e la spinta dell’emergenza, qui c’è la spinta individuale verso i propri obbiettivi, da quelli più sciocchi a quelli più intimi e necessari. Ma non mi incazzerò, non stavolta, non voglio e non devo. Volete fare le feste? Fatele. Volete lavorare come dei matti perché vi siete accorti che a casa con la vostra famiglia, che vi siete creati con tanta dedizione, vi rompete le balle? Lavorate. Volete recuperare tutto il tempo perduto facendo tutte insieme le cose cui avete rinunciato? Fatelo. Volete ricostruire rapidamente il vostro habitat edenico fatto di palestra, catechismo del bambino, non-ho-mai-tempo-per-nulla, fast food, code in tangenziale, sbiancamento dei denti? Prego. Tanto non andavamo d’accordo prima, non andremo d’accordo ora, inutile che mi incazzi. Non sta a me dire cosa si debba fare e cosa no, ho ovviamente le mie opinioni ma sono anche poco certo che questa volta siano corrette. Staremo a vedere, forse tutta questa frenesia non ci sarà, forse sarà tutto più oculato e gestito, forse sì forse no. Forse tutto questo sarà una solenne cappellata e i contagi risaliranno velocemente, forse mantenendo le distanze e alcune precauzioni no. Siccome io non lo so, e ho il sospetto che nessuno lo sappia, andiamo a vedere. Certo, spero che il capo della commissione che consiglia Conte sulle misure da prendere, Vittorio Colao, essendo un manager esperto di grandi aziende, spero dicevo sia bilanciato da figure di scienza di valore che pongano le cose nella giusta prospettiva. Altrimenti è solo ripresa, economia, fatturato e PIL. Che non dico non si debba tenere in conto, dico che vada considerato nella giusta misura. Cioè secondario rispetto alla salute pubblica, senza alcuna discussione. Seee.
L’impressione che ho, e che mi infastisce, è di non avere una guida ferma, coerente e avveduta, quanto di essere in balia della spinta dei più, di chi rivuole la propria libertà individuale, di chi legittimamente rivuole i propri mezzi di sostentamento, di chi ciurla nel manico, di chi ha altri interessi e cui non importa nulla della collettività, di chi ne sta approfittando, di chi non ha capito e si mette in fila. È ciò che accade normalmente, ossia le decisioni vengono prese sotto la spinta di gruppi di interesse eterogenei che condizionano sia l’agenda che le risoluzioni. Ovvio. Diciamo che questa volta, però, in cui il mio animo suggerirebbe ancora cautela e prudenza, in realtà si trova legato ai destini collettivi e mal si accorda a questa situazione, mi tocca subire. Questo mi pesa, sì. Spero me valga la pena, da un lato, e dall’altro non mi stupirei se le cose poi andassero in altra maniera rispetto a quello che penso. Non sarebbe certo la prima volta. Anzi, è ciò che accade quasi sempre.
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