Se le sanzioni, di per sé, non sono singolarmente determinanti, esse lo possono diventare per accumulo. In effetti, si registra un crescendo di iniziative, dalla chiusura degli spazi aerei per le compagnie russe, ai porti canadesi, al congelamento degli investimenti a Londra del russo Direct Investment Fund, alle catene della grande distribuzione polacca che tolgono dagli scaffali i prodotti russi, alla Germania che ha tolto la certificazione alla società svizzera operatrice del Nord Stream 2, permettendo così agli Stati Uniti di multarla per insolvenza e portandola all’orlo della bancarotta, al parlamento europeo che con 637 voti a favore ha approvato lo status di candidato all’entrata nell’UE dell’Ucraina, fino giù giù giù alla federazione internazionale di judo che ha revocato la cintura nera a Putin. È di certo una pressione non sufficiente, da sola, ma che ben può accompagnare le iniziative politiche. E comunque comincia ad assumere una proporzione considerevole, complessivamente.
Si moltiplicano anche le iniziative di assistenza, oltre a quelle tradizionali di invio di alimenti e medicinali nel paese: per esempio, l’UE ha deciso di integrare fin da ora l’Ucraina nel proprio sistema di distribuzione elettrica, permettendo così al paese invaso di lasciare il sistema russo e bielorusso entro poche settimane; oppure, Francia, Belgio, Paesi Bassi, Germania, Austria, Repubblica ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria e Romania hanno deciso di permettere a chiunque mostri un passaporto o documento ucraino di viaggiare gratuitamente sulle proprie ferrovie, cosa davvero encomiabile. L’Italia, magari?
Tutto ciò, però, non basta. Zelenskyy chiede ripetutamente una presa di posizione netta di Europa e Stati Uniti – this is not a movie, ha detto – ma per il momento nulla e difficilmente l’avrà. Secondo il parlamento ucraino, otto ore fa delle truppe bielorusse sono entrate nel paese. I negoziati in Bielorussia hanno mostrato alcuni aspetti chiari, la delegazione russa era formata da figure di secondo piano. Immagino, e mi si perdoni la geopolitica da sottoscala, che una trattativa tra invasore e invaso abbia poche speranze, senza un mediatore o altre presenze di peso al tavolo. Che, magari, impongano un cessate il fuoco durante i negoziati. Alle ripetute richieste del governo ucraino alla NATO di chiudere lo spazio aereo sopra il paese, i vertici dell’alleanza hanno risposto di no, poiché suonerebbe come un atto di guerra a sua volta. I bombardamenti proseguono senza sosta. Insomma, la situazione continua a essere drammatica.
Perché scrivo queste righe? Nessuna analisi, non potrei, è un diario, una specie di resoconto di ciò che leggo, sento e provo. Scriverne è uno dei miei modi di affrontare le cose, belle o dolorose, mi serve per riflettere e per cercare di dare il giusto peso agli avvenimenti, per processarli. Mi rifiuto di prendere il caffè in ufficio con tutti parlando d’altro, come se nulla stesse accadendo, mi dà fastidio e mi irrita. Anzi, non ci vado proprio, in questi giorni. Dell’invasione ne parlo con amici e con tutti coloro con cui valga la pena parlarne, per riflettere, confrontarsi insieme e condividere la preoccupazione e l’angoscia. Seguo con attenzione alcuni live threads su canali affidabili e degni di attenzione, qualcosa riporto qui ma non è per quello che valga la pena leggere queste mie righe. Non ne vale la pena proprio, le scrivo per me, a quello servono. Ricomincerò a scrivere le mie cretinate, non ora.