Vento, ancora

Eh lo so, ma questa l’ho letta dopo, ciascuno passa la festa della Repubblica come crede. Stanca.

Stanca, sfinita, esausta.
Annoiata, affaticata,
Nauseata, fiaccata,
Logorata.
Abbattuta, atterrita, esasperata.
Torturata, sfruttata,
Disfatta.
Sterile, debole, deperita e cerea.
Vorrei tornare a casa,
La casa mia.
Lontana.
E non pensare più.

Ancora Flavia Vento, sempre dalla sua raccolta poetica Parole al Vento. Solo in apparenza un elenco, il cerea sorprende, in certi passaggi sembra una canzone di Rino Gaetano o una lista di Salvini.
Inaspettata la chiusa, devo dire.

Ultima, giuro. D’altronde le ho lette tutte. Mostro marino.

Pavoni,
Balene,
Pagliacci,
Maghi,
Cantanti,
Mare.
Isola,
Mosquitos
Zzzzzzzz…
Mosquitos
Zzzzzzzz…
Mostro marino
Fischio divino.
Mostro marino
Canto divino.
Zzzzzzzz…

Il che sposta ancora più oltre la difficoltà di definire cosa sia, davvero, la poesia. E, forse, in maniera definitiva.

dopo Leopardi

E tu, luna splendente, Luna, che ci fai lì?
Mi guardi e stai zitta, Poi mi sollevi e mi fai pensare.
E stai lì, ferma immobile Nel tuo mondo e io nel mio.
E siamo noi due
Che ci guardiamo e ci diamo Un saluto leggiadro Come una stella cometa.
E siamo qui.

Flavia Vento, Luna dalla sua raccolta poetica Parole al Vento.
Facile dire che basti andare a capo a caso – qui peraltro quattro casi in cui secondo me mancano -, usare qualche parola evocativa e pescare dalla terminologia ad hoc, facile pensare sia facile. No no, non lo è. Dimmi, che fai, silenziosa luna?