Ah, l’allegria slovacca, ci vado a nozze. A cena in un posto proprio slovacco che per trasmettere compiutamente la bella atmosfera è meglio se accludo una foto. E la macchina del telefono trasforma in festa ciò che già è allegro di suo. Una delle più antiche trattorie tipiche slovacche di Bratislava e in effetti lo è, sembra il 1985, cibo con maiale e formaggio di capra e zuppa variato in mille modi. Cosa, sinceramente, potrei chiedere di più? Non molto in effetti, anche se comincio a sentire il bisogno di verdura, il mio corpo mi sta dicendo qualcosa.
Poi si è riempito, sono arrivate due franzose amanti del tipico cone me. Manca solo Petrektek per il suo festoso compleanno, le lampadine da trenta candele sono tre ma una è rotta. Diciotto euro mancia compresa, il che dimostra che appena fuori dal centro dei balocchi le cose vanno a un altro registro. Indagine socioeconomica di grande valore, ne sono conscio. A parte gli scherzi, è ferragosto e le persone stanno fuori e si divertono, un tizio mi invita amichevolmente a provare i cento migliori vini slovacchi, bianchi perlopiù, e ho il sospetto che intenda provarli tutti adesso. In albergo, in memoria dei bei tempi, alla reception vendono vodka e sigarette, sai mai, il corredo minimo per tirare a notte. Una ragazza mi racconta che è di Castelvetro e che è qui con un viaggio organizzato, partito da Piacenza in pullman e che faranno poi Praga, a ferragosto entrambe delle succursali d’Italia, in qualche modo.
Mi rimuovo verso nord e prendo uno dei treni più interessanti d’Europa: l’Amburgo-Budapest via Berlino, Dresda, Praga. Ne ho parlato, credo, l’anno scorso, quando lo prendemmo in direzione contraria. Viste le tappe, ci si potrebbe comodamente fare una settimana di viaggio senza sbagliare nemmeno una tappa, consiglio di viaggio. Io vado semplicemente a Brno via Kuty e Břeclav, ovvero per gli appassionati di regioni storiche e non dell’Europa, attraverso buona parte della Moravia. E, in termini contemporanei, passando dalla Slovacchia alla Repubblica Ceca, storia recentissima come il fatto che questa ha adottato l’euro, con le difficoltà dette, e quella no, ancora le corone. Le scorrerie per queste pianure furono innumerevoli, per citare la più nota, Austerlitz è appena fuori Brno. Anzi no, le più note sono il gran premio di motociclismo, vero evento in città oggi. Ci furono poi gli svedesi durante la tremenda guerra dei trent’anni, sottolineano ovunque con orgoglio che Brno fu l’unica città a non cadere, le guerre hussite di cui non ho capito un accidenti durante storia moderna, e giù giù fino alle epoche remotissime dalle quali queste zone sono occupate dall’uomo. E dalla donna, certamente.
Dove le donne non finivano era lo Spielberg, la peggior prigione dell’impero austroungarico, sia per i costumi dell’epoca sia per l’evidente esclusione, con luminose eccezioni come Cristina di Belgioioso, del genere dalle cose della politica ancor più se rivoluzionarie. Ed è così che nel 1822 il pericoloso Maroncelli, il suo amico Pellico e altri si beccarono delle condanne a morte poi commutate in carcere a vita e finirono, appunto, allo Spielberg, la terribile fortezza di Brno. I più fortunati finirono invece al castello di Ljubljana, quelli meno pericolosi. Le sue prigioni. Al di là della retorica ottocentesca francamente faticosa oggi e di una fede in dio non so quanto di sostanza e quanto clericale, colpisce nello scritto di Pellico la fede negli uomini – e nelle donne, dico io, lui meno -, anzi con la maiuscola, e direi anche austriaci, in qualche modo. Fece più quel libro che battaglie perse, disse Metternich non a torto, si preparava il terreno per i decenni successivi. Un chiarimento su Maroncelli, invece, senza nulla nulla togliere alle condizioni tremende di detenzione: patriottissimo, per carità, ma la gamba gliela tagliarono perché aveva un tumore, cioè lo operarono, mica per sadismo. Che va bene austriaci cattivoni ma non stavolta. E l’operarono pure bene, visto che morì a New York un paio di decenni dopo la grazia. Ecco, sulle condizioni dell’operazione non metto becco, non ci voglio nemmeno pensare. A seguito dei moti del 1820-21 anche Confalonieri e Rosa fecero lo stesso percorso, mi colpisce che al primo capitò che la pena detentiva allo Spielberg fu commutata, a un certo punto, in deportazione in America. E lui fece di tutto per sfuggirvi, ritenendola la morte morale e politica, nascondendosi a Gradisca d’Isonzo. A Gradisca, dove al contrario la vita pullula che si fa fatica a starle dietro.
Mi rendo conto solo ora che ho in parte percorso il tragitto che dall’Italia occupata dagli austro-ungarici i carbonari e gli aderenti alla giovine Italia arrestati percorrevano per venire rinchiusi qui, allo Špilberk, quella che viene chiamata ‘La prigione delle Nazioni’, qui al museo, tanto l’impero era esteso. Verona, Ljubljana, Graz su su fino a qui. Sono seduto nella cella di Maroncelli e Pellico mentre scrivo queste righe, non c’è molta gente, anzi nessuno qui, parecchia nel cortile del castello, dove non si paga e ci sono i ristoranti, stasera c’è una presentazione della Kia. Mah. Al di là del freddo e delle torture ingenti, la Constitutio criminalis teresiana spiegava in dettaglio come procedere, attacco qui sotto un paio di illustrazioni, il problema grosso erano le malattie.
Per questo, i prigionieri solitamente venivano messi a due a due nelle celle, così che si curassero l’un l’altro, figuriamoci. Pure, il gracile Pellico sopravvisse. Non era raro fossero incatenati al muro, oggi ci sono due tavolacci, un tavolo e una panca, due ritratti e una catena coi ceppi. Conto circa una cinquantina tra carbonari e giovinitaliani imprigionati qui, ne morirono cinque di cui uno pazzo, alcuni si fecero quindici anni. Parecchie lapidi e un monumento fascistello della prima ora, 1922, li ricordano. Anche il libro delle presenze dei turisti registra parecchi italiani e qualche commento giustamente conmosso per quei giovani che lottarono per la libertà. Se per Napoleone aver vinto qui significava un colpo mortale per l’impero austroungarico, in realtà così mortale non fu, come si vide, perché i patrioti di ogni parte qui ci finirono anche dopo, eccome, e l’impero durò ancora un secolo. E Napoleone no.
Bella, Brno. In posizione notevole, altamente pedonalizzata, ogni volta che provo ad attraversare c’è un tram che passa, devono essere tantissimi e frequenti, alta qualità e servizi, la pianto qui se no mi ripeto, come le cose funzionino meglio qua fuori che da noi, anche se non possiamo crederlo, spocchiosi, persino in Repubblica Ceca. Dico solo che in centro, in piazza cone nei parchi, sono disseminate sdraio pubbliche che uno le piglia e si mette comodo. Attenzione: senza dover consumare alcunché. Lo so, per noi è incomprensibile. Non sono rotte, nessuno ci ha cagato sopra o rovesciato la birra, nessuno le ha rubate per portarsele a casa o, almeno ne restano ancora parecchie, nessuno ci fa accoccolare il cane, nessuno le sta usando impropriamente. Io stesso sono seduto su una di queste sdraio, anzi sono ovviamente sdraiato, in un parco e sto scrivendo e tra poco, mi sa, mi ci abbioccherò pure. Che cose assurde, qua fuori, ogni tot ho davvero bisogno di ossigeno.
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