Si diceva ne avesse passate di tutti i colori, e così probabilmente era ed è stato, mi dispiace proprio, un altro pezzo importante che se ne va poco dopo Sinéad O’Connor, con cui duettò con intensità. Stasera, Dirty old town in onore di quell’irlandese gentile dal cuore sensibile e punk.
2.327 artisti e 6.409 brani nel 2023, ovvio, vuol dire come è che uso il coso per ascoltare nuova musica. I trentanovemila minuti come l’anno scorso quest’anno sono però senza podcast perché adesso c’è Antenna pod. Buffi i brani, il mio quinto più ascoltato dell’anno è questa spassosa assurdità.
Morto Kissinger con – per quanto mi riguarda – novant’anni di ritardo.
Qui sopra durante l’ennesimo insulto del premio Nobel per la Pace per aver «messo fine alla guerra in Vietnam e ristabilito la pace», assegnato con Le Duc Tho nel 1973. Le Duc Tho rifiutò il premio (motivazione dalle sue parole: «Quando gli accordi di Parigi saranno rispettati, quando le armi taceranno e la pace tornerà davvero nel Vietnam del Sud, allora potrei considerare di accettare il premio») e la notizia dell’assegnazione del Nobel a Kissinger fu accolta dal comico statunitense Tom Leher con la famosa frase: «La satira politica è obsoleta». E la guerra mica era finita, tutt’altro, ci mise ancora almeno due anni. Kissinger se lo tenne («con umiltà», parole sue) ma è decisamente il meno peggio che fece, rispetto al resto.
Avanti con le immagini matte dai repertori, tutte perfettamente acquistabili, per chi non c’era metto il riepilogo in fondo. Grafici e pubblicitari, fatevi avanti, io suggerisco le categorie:
La tragicomicità dell’esistenza.
Simpatica signora per esemplificare… mmm… ehhh… l’energia della verdura.
Quelo alimentare.
Innovazione e tradizione.
I piccoli inghippi della vita quotidiana.
Amici animaletti.
Famiglia, amore, coppia, trasmissione di conoscenza, somiglianza.
Toc Toc? Sono l’Amore. Ah, sei tu che bussavi? Esatto (relazioni pericolose).
Amore butta gli spaghetti.
Chissà che bei pieghevoli, ora.
Esistono dei repertori di immagini a pagamento in cui i grafici o chiunque ne necessiti può acquistare immagini ad alta risoluzione per i propri scopi, di solito volantini, slides, manifesti promozionali. Pensate alle foto del tizio in spiaggia col portatile, la ragazza sorridente dal dentista, la gente in riunione in ufficio fico e così via. Chiunque può aggiungere e mettere in vendita le proprie foto in questi portali a patto di rispettare certi criteri di qualità. Qualità dell’immagine, per lo più, non del contenuto. E infatti.
Mi fa un chilo di ostie consacrate, due crocifissi belli freschi, una, no, facciamo due vie crucis che mi servono, mezza mangiatoia, un quarto di bue e un quarto di asino, oh, mi raccomando, sette pastori secchi, tre bibbie versione Girolimoni, due litri di opusdei bello spumoso. Sì, sì, lasci pure e impacchetti, grazie.
Alcuni ascolti buoni che condivido. Molto bene 11:36. La strage del Ponte Morandi, podcast inchiesta del Fatto Quotidiano sul crollo del ponte e, soprattutto, sulle decisioni criminali di Autostrade e Atlantia che hanno portato al disastro. Altrettanto Cinema Eros di Alessandra Coppola per Fondazione Corriere della Sera, racconto dell’incendio doloso del cinema Eros, una sala a luci rosse in viale Monza a Milano, nel 1983 per mano del gruppo Ludwig, con una buona ricostruzione del contesto milanese di quegli anni. Spassoso Le Caporetto degli altri di Guido Damini per OnePodcast in cui si raccontano grandi sconfitte militari mescolando esattezza storica a un po’ di buffe cretinate dell’autore, per disinnescare un po’ il barberismo imperante. Molto ben fatto e interessante Supercrash di Will Media e Boats Sound che racconta i crolli imprenditoriali italiani più roboanti degli ultimi anni; la prima stagione si occupa di Bio-On, la startup unicorno che promise l’eliminazione della plastica, ed è piuttosto estesa essendo il caso complicato. La seconda stagione è appena cominciata. A proposito di crolli imprenditoriali e dagli stessi autori, Mele marce di Will media era molto bello, ora interrotto immagino per Supercrash, una puntata per caso.
No invece per Dove nessuno guarda – Il caso Elisa Claps di Pablo Trincia per Chora che risente dei difetti dei podcast di Trincia, vedi Costa concordia per dirne uno, molta emotività, storie individuali e personali raccontate con pathos, spesso qualche piccolo sotterfugio per tenere alta l’attenzione, omettendo qualche particolare dal momento giusto per riportarlo solo alla fine e così via. E sì che passa per il grande guru italiano dei podcast. Tanto quello di Trincia non è buono, secondo me, e ne hanno pure fatto una serie su Sky, quanto il caso vale la pena ascoltarlo dalle parole di Stefano Nazzi in Indagini. Il quale è invece asciutto e giornalistico, grandi pregi, e più interessato alla vicenda giudiziaria, processuale e sociale dei casi che alla cronaca nera in sé. E il caso Claps è interessante per quello, non per il lato morboso che invece Trincia indaga con soddisfazione e dovizia di particolari inutili.
Oggi me la prendo con Veltroni per un articolo appena pubblicato sul Corriere.
Non posso certo dire che si sia rimbecillito, non avendo mai raggiunto grandi risultati di pensiero prima, quindi direi prosegua nel solco. Se esordisce con la premessa a tutto il discorso, «Due italiani che hanno dimostrato come le virtù nazionali, quelle che ci hanno fatto grandi nel mondo, non siano smarrite», e già qui bisognerebbe capire quali siano queste doti, Veltroni lo dice subito: «Noi italiani siamo capaci di creare, da sempre, e siamo capaci di migliorarci, di applicare a quello che facciamo tanta determinazione e tanta abnegazione». Doti che non solo gli altri non hanno, ma che tutto il resto del mondo ci riconosce ampiamente: chi dirà mai “determinato come un tedesco o giapponese”? Nessuno, ma come un italiano sì. Ah, l’abnegazione italiana, scolpita nella mente di chiunque là fuori. E chi crea meglio di noi? Nessuno, è ovvio, cosa conta se il nostro – ehm, sì – momento d’oro è stato tra sette e cinque secoli fa e poi pochino? Prosegue, e dev’essere andato all’EUR domenica scorsa: «Siamo stati sempre emigranti e artisti, artigiani e inventori, pittori, architetti e imprenditori, piccoli e geniali». Dimentica peraltro i poeti, gli eroi, i santi, i pensatori, gli scienziati, i navigatori e soprattutto i trasmigratori, ma insomma si capisce, l’importante è fare il riferimento gradito a destra e alla vulgata. «Abbiamo, per tutta la nostra storia nazionale, immaginato e faticato», il che, considerando i centosessant’anni di storia nazionale non è che sia un granché, in effetti, meno solo la Germania. «Tanti italiani lavorano duramente, cercano, creano» nonostante «una politica frivola e zuzzurellona e da uno Stato arcaico e goffo» – e qui come non ricordare l’indimenticabile “il principale esponente dello schieramento a noi avverso”, chi l’avrà detto? – certo Veltroni, certo, siamo molti qua fuori, senza che però queste siano «le qualità che ci caratterizzano e che ci hanno fatto grandi nel mondo». Quali? Lavorare duramente? Creare? Cercare? Che retorica balorda. Poi prosegue celebrando il film di Cortellesi e le recenti vittorie di Sinner nei due paragrafi successivi, uno ciascuno, entrambi senz’altro meritevoli perché lei ha fatto un film importante, ben scritto e ben girato, e lui ha colto alcune vittorie di alto livello, peraltro poi facendo ritorno nella sua casa di Monaco, senza però che si capisca quale sia la relazione tra questi due fatti e lo spirito del paese, della nazione direi meglio, ammesso che ve ne sia uno reale e non immaginario. «In quel misto di talento, fatica, onestà siano rintracciabili le doti migliori di questo Paese oggi smarrito e emotivo», scrive sempre Veltroni, e queste sono le doti migliori di chiunque e di qualsiasi paese, non del nostro in particolare né, tantomeno, degli italiani. Qualsiasi cosa indichi questa espressione, ‘italiani’. Poi conclude con la tiratina retorica, banale e paternalistica: «L’Italia però è piena di Paole e di Jannik, per questo ne parliamo senza cognomi. Loro due appaiono davanti a noi, e ne siamo orgogliosi. Gli altri, come ciò che è essenziale, sono lì, al loro posto di lavoro, ogni giorno, “invisibili agli occhi”», il che non ha proprio nulla a che vedere con il discorso delle «qualità che ci caratterizzano e che ci hanno fatto grandi nel mondo», discorso sciocco, melenso e privo di qualsiasi fondamento. Ma, d’altra parte, è Veltroni. Come diceva Cossiga, «si intende di cinema e Africa. Non costringiamolo a capire anche questa cosa», potendosi qui riferire a tutto ciò che non è cinema e non è Africa.
Nuovo layout per gugolmaps. Qualche considerazione estetico-funzionale a caldo, la cosa è di oggi. Troppo fisica a discapito della rappresentazione di strade e conurbazioni, infatti la differenza tra la mappa di default e quella che rappresenta i rilievi è, appunto, solo il disegno dei rilievi, come si vede qui sotto. Inoltre, i colori, soprattutto i verdi e l’azzurro del mare, sono troppo saturi, assomiglia a Openstreet map per i difetti. E anche ad Apple maps.
La scelta dei colori, verdi e azzurri, inoltre interferisce negativamente con i colori delle strade, i grigi tenui tendono a svanire e i grigi più intensi delle strade maggiori devono essere anch’essi parecchio saturi. Peggio va con la colorazione del traffico, là dove il verde del traffico scorrevole per essere visibile viene enfatizzato molto, rasentando la fluorescenza. I rossi e i gialli poi vanno a comporre un puzzle di colori eccessivo per poter guardare a lungo la mappa con attenzione.
Per carità, poi man mano si adeguano le cose e si sistemano, colpisce però in prima battuta la scelta generale rispetto alla versione precedente che, giustamente, spegneva i verdi e tutti gli altri colori in favore dei layout da sovrapporre.
Con gli indicatori, poi, di luoghi notevoli e non la situazione peggiora, tendendo all’arlecchinata se la concentrazione di strade con traffico rilevato è significativa, troppo simili i colori di luoghi storici, musei e fiumi, tendenti per saturazione ai verdi del traffico, per fare un esempio.
Dopo di che, bisognerebbe conoscere le ragioni a monte della revisione per esprimersi compiutamente, per il momento non c’è un sensibile miglioramento nell’utilizzo e fruibilità, anzi. Ci saranno senz’altro adeguamenti in corsa, tra l’altro al momento il bug più grosso mi pare sia il layout del traffico che scompare attivando i rilievi. Non male, invece, il giochino dei tempi di percorrenza.
La sua biografia è ridicola, una cavalcata ubriaca di idiozie colossali: dalla comunicazione telepatica col cane, peraltro reincarnato, all’insegnamento del sesso tantrico, al colloquio con i morti, si potrebbe andare avanti. Di conseguenza anche la piattaforma di governo, dallo smantellamento della banca centrale alla libera vendita degli organi alla «dollarizzazione» dell’economia all’ultraliberismo a vanvera, si potrebbe andare avanti. Complimenti per l’ennesimo ottimo voto, avanti con la gestione dell’inflazione al 142% e del debito pubblico a 419 miliardi di dollari. Propongo che dopo il decimo fallimento dello Stato l’amministrazione di un paese venga smantellata ed esso venga posto in amministrazione controllata permanente da parte degli altri stati del mondo, sull’esempio del Polo sud, in quote proporzionali. Fine, basta, per manifesta incapacità o malafede.
facciamo 'sta cosa
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