Certo che a volte Re Nudo l’azzeccava proprio. Spesso, altro che a volte.
Almeno nel ciclo storico, fino al 1980. A una prima ripresa, mai davvero partita, a una seconda nel 1996 e a una che scopro solo ora, dall’anno scorso e siamo al quinto numero, ma pensa te, è seguito l’inarrestabile scivolamento verso l’olistico e l’esoterico e amen, quella sinistra là è poi finita a rifiutare i vaccini, vecchi banalotti che non ci si crederebbe. Ma le idee restano e il cane chissà.
Marò, i Marillion. Chiariamo, come se servisse dirlo: con Fish, gli unici Marillion che io conosca. Ovvero: Script for a Jester’s Tear, Fugazi, Misplaced Childhood e Clutching at Straws. E Real to Reel e The Thieving Magpie, cioè cinque anni scarsetti.
Chiaro che genesiseggiavano, bella scoperta, e che lui gabrieleggiava, indovina. E allora? Tutti inventori di cose nuove? Ovviamente no, l’impianto era davvero solido, musicalmente, vocalmente e dal punto di vista compositivo, mica per caso si chiamò neoprogressive. Diciamo sentirli nel 1984 a Sheffield, quando annuncia una nuova canzone intitolata Fugazi, oppure all’Hammersmith Odeon nel 1986 ma certo non butterei via Edimburgo nel 1987.
È quasi tempo di una comoda lettura dei giornali a piazza Bernini, un panino con affettati appena affettati, appunto, all’alimentari, una visita a San Saba, un pensiero alle case popolari di Polverini ma no, perché rovinarsi la mattina? e, magari, la discesa sulle terme.
Oppure no, giù di là verso casa, vicino all’Aventino quello vero.
Non dico nulla di nuovo se dico che la Turchia, la Turchia di oggi, mi sta sui maroni. Però hanno costruito una centrale a pannelli solari fenomenale.
La centrale Kalyon a Karapınar, 3,2 milioni di pannelli, dello studio Bilgin. Il fulcro è il centro di controllo che, grazie ai pannelli riflettenti, sparisce e cambia colore a seconda del tempo e della luce, sfumandosi quando c’è nuvolo.
Magnifico. E che effetto di notte.
Ovviamente tutti quei pannelli servono a illuminare l’edificio di notte. E basta.
Ormai solita manfrina di Meloni che, in occasione oggi dell’anniversario dell’eccidio alle Fosse Ardeatine, riesce a dire: «terribile massacro perpetrato dalle truppe di occupazione naziste», travisando i fatti e la storia come sempre in maniera strumentale, esattamente come l’anno scorso per i «335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani» ed evitando a ogni costo i termini, e i concetti che stanno lì dietro, «fascismo» e «antifascismo». Che bello sarebbe un po’ di Vergangenheitsbewältigung, il superamento del passato facendoci i conti, le cose sarebbero un poco più compiute. Anche per essere una destra più credibile, moderna, liberale. Ma no, niente, restano coi bustini.
Ieri, come da successione degli eventi di allora, l’anniversario dell’attacco di via Rasella. Gli spari dei soldati nazisti – non suonatori – a casaccio verso le finestre stanno ancora lì su un solo palazzo all’angolo con via Boccaccio, si possono vedere finché ci saranno.
Mentre Meloni e cameratini omettevano, come sempre, si è svolta invece una bella biciclettata antifascista sotto il sole di primavera, che scaccia sempre i fascisti. Fino alle Fosse, dove persone di buona volontà e buona memoria hanno ricordato i trucidati. Ebrei e antifascisti, lo dico?
Cambiare lo spazzolino, è un imperativo: ora che l’intelligenza artificiale arriva finalmente dove deve, ovvero negli oggetti quotidiani migliorandone finalmente l’utilizzo, è da fare.
Chissà che danni, finora. E il filo? Come faccio senza il filo con A.I.? Prepararsi, sarà un diluvio di intelligenza ovunque.
Finisce l’inverno e la cosa importante non è la luce, il caldo, le foglie, i fiori, l’amore: la compila. Ecco le settantasei canzoni della stagione appena conclusa, quasi una al giorno e, se dovessi azzardare una valutazione, direi boh. Vivo proiettato verso il futuro, che ne so io del passato? A me piace, ovvio, ci mancherebbe non lo facesse, sarei stolto: si apre con un classico dance settanta, però nella versione rock Blue Man Group con la grande Venus Hum, per chiudere con una nuova uscita, il singolo dei Vampire weekend. E si pregusta un tour, immagino. In mezzo c’è anche roba truzza, come sono io sovente. A proposito: concerto della mia stagione è stato senz’altro Alison Goldfrapp al Barrowlands Ballroom di Glasgow, che divertita con gli amici scozzesi, che indigestione di paillettes. Magari racconto.
Praticamente cinque ore, quanto ci si può mettere da Roma Termini a Fiumicino stando quattro ore e mezza al bar a sentire la musica.
Bravo me, mi dico, che apri le orecchie e sei meno talebano di un tempo. Si migliora, crescendo, eccome. Dentro, almeno, e questo mi basta per compensare. Bon, avanti, allora, che con la primavera siamo già a tre brani e l’estate è là in fondo che già rompe.
Vagolando per le piane a sud di Milano, so per certo e per esperienza che c’è una cintura di abbazie che cinge la parte a sud est della città, tutte risalenti grossomodo ai secoli tra dodicesimo e tredicesimo e legate a quella tipologia padana del luogo agricolo-religioso, talvolta fortificato, che punteggiava tutta la pianura e che ne gestiva coltivazioni, privilegi e commerci. In particolare, tre, ciascuna a un quarto d’ora l’una dall’altra, da ovest a est: Mirasole, Chiaravalle e Viboldone.
Beh, visto che lo so, ci vado. Mirasole ha la struttura più significativa di cascina-abbazia perché fortificata, una grande aia centrale e un tozzo ma arioso chiostro a nord, affiancato dalla chiesa, l’attività particolare era la lavorazione della lana, in particolare la trasformazione in feltro. Che per quanto ne so io, zero, basta lasciarla lì e quella infeltrisce. E poi nessuno mi chiede mai consiglio…
A parte un incongruo balcone con colonnato settecentesco, il complesso è ancora leggibile, sebbene non ne resti moltissimo. Il recupero è stato fatto in modo tradizionale, parecchi ambienti sono affidati ad associazioni più o meno benefattrici, le grandi sale per i corsi, qualcuno ha pensato a un bar ed è stata una buona idea, per il cappuccino seduto al sole nell’aia che mi offro oggi. Secondo me non è un modello sostenibile ma, magari, se qualcuno chiede spiego.
Chiaravalle è certamente la più nota, sia per la discendenza dall’ovvio Bernardo, qui chiamato per frenare le tendenze scismatiche del milanese e riportarlo nell’alveo di papa Innocenzo II a metà del dodicesimo secolo, sia per il funerale di Giorgio Gaber in tempi recenti e per una certa notorietà superiore alle altre due. È anche, fuor di dubbio, la più sontuosa, con la notevole torre nolare (vuol dire che c’è la campana), e la più organizzata, con negozio, ristoro e infopoint.
E frati, qualcuno se ne vede. Scippato il Cristo alla colonna di Bramante, ora a Brera, resta il gran coro ligneo, il chiostro bello e la torre, la ciribiciaccola. Che dice la filastrocca, a un certo punto: Quando i cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini vogliono chiacchierare con la ciribiciaccola / la ciribiciaccola è pronta a chiacchierare con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini / la ciribicciaccola chiacchiera, i ciribiciaccolini chiacchierano / ma la chiacchierata della ciribiciaccola è più lunga di quella dei cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini. Dilla veloce, dai.
Terza tappa, Viboldone, quasi a Melegnano. Si intuisce il complesso agricolo, enorme, dell’abbazia resta un corpo contemporaneo ancora abitato dalle monache benedettine e la chiesa, di gran lunga l’elemento più interessante. Infatti, all’interno è conservata una serie di affreschi di ispirazione giottesca di grande qualità, riscoperti tra l’altro dalla grande Fernanda Wittgens. Per uno di essi, in particolare, si fa il nome di Giusto de’ Menabuoi che sarebbe il collegamento diretto con la Padova giottesca e la parte a lui attribuita con buona approssimazione è il giudizio universale.
Di impianto tradizionale, al centro Dio nella forma vulvare che tutto sovrintende, a sinistra i buoni e pii scortati dagli angeli amichevoli, a destra un diavolazzo che ingoia gli scellerati e li defeca direttamente nella bolgia, riprendendo in questo gli esempi di Buffalmacco al camposanto di Pisa, il più formidabile che io abbia visto finora, e di Giovanni da Modena nella cappella Bolognini nel Duomo di Bologna. Ma ancor più bello è un particolare in alto, anzi due: due angeli che a destra e sinistra sono intenti ad arrotolare il tempo della storia, facendo intravedere dietro la Gerusalemme celeste. Il motivo è già presente nella cappella degli Scrovegni. Giotto, appunto, tutto torna.
È il giudizio universale, signori, poi si chiude. Si arrotola tutto e bon, arrivederci. Strepitoso. Mi ricorda al volo il Belli de Er giorno der giudizzio: «All’urtimo uscirà ‘na sonajera / D’angioli, e, come si ss’annassi a letto, / Smorzeranno li lumi, e bona sera».
Alle 4:06 di stamane il punto azimutale dell’orbita terrestre incrociata con la fermità solare ha sancito l’accadimento dell’equignomo di primavera che, come dice il nome, apre alla primavera e lascia indietro l’inverno. Se siete tra i savonaroliani che pensano che l’equipozzio avvenga il 21 marzo, cari miei, siete fuori strada: fino al 2102 sarà il 20, a volte il 19, mai ma mai il 21. Così è e non è il caso di star qui a spiegare perché a dei tolemaici dell’accidenti.
Fortuna la primavera arriva sempre, specie quando ci sono i fascisti.
Tipico di certe persone che fanno politica, non parliamo dei dittatori, prima dire una cosa e poi smentirsi dicendo l’esatto contrario. Al campione Salvini, per il quale in twitter è rintracciabile qualsiasi affermazione e il suo contrario, oggi giustappongo il brutto Al-Sisi, che prima dice una cosa e poi ne dice un’altra, guardate voi stessi:
Ma possibile, dico io? No. Ma per non farlo sentire solo nella sua propria incoerenza, la sua vera amica è andata a sostenerlo – non da sola, va detto, von der Leyen in campagna elettorale va dappertutto e promette qualsiasi cosa – con un corposo versamento condiviso con l’UE.
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