Ormai solita manfrina di Meloni che, in occasione oggi dell’anniversario dell’eccidio alle Fosse Ardeatine, riesce a dire: «terribile massacro perpetrato dalle truppe di occupazione naziste», travisando i fatti e la storia come sempre in maniera strumentale, esattamente come l’anno scorso per i «335 italiani innocenti massacrati solo perché italiani» ed evitando a ogni costo i termini, e i concetti che stanno lì dietro, «fascismo» e «antifascismo». Che bello sarebbe un po’ di Vergangenheitsbewältigung, il superamento del passato facendoci i conti, le cose sarebbero un poco più compiute. Anche per essere una destra più credibile, moderna, liberale. Ma no, niente, restano coi bustini.
Ieri, come da successione degli eventi di allora, l’anniversario dell’attacco di via Rasella. Gli spari dei soldati nazisti – non suonatori – a casaccio verso le finestre stanno ancora lì su un solo palazzo all’angolo con via Boccaccio, si possono vedere finché ci saranno.
Mentre Meloni e cameratini omettevano, come sempre, si è svolta invece una bella biciclettata antifascista sotto il sole di primavera, che scaccia sempre i fascisti. Fino alle Fosse, dove persone di buona volontà e buona memoria hanno ricordato i trucidati. Ebrei e antifascisti, lo dico?
Cambiare lo spazzolino, è un imperativo: ora che l’intelligenza artificiale arriva finalmente dove deve, ovvero negli oggetti quotidiani migliorandone finalmente l’utilizzo, è da fare.
Chissà che danni, finora. E il filo? Come faccio senza il filo con A.I.? Prepararsi, sarà un diluvio di intelligenza ovunque.
Finisce l’inverno e la cosa importante non è la luce, il caldo, le foglie, i fiori, l’amore: la compila. Ecco le settantasei canzoni della stagione appena conclusa, quasi una al giorno e, se dovessi azzardare una valutazione, direi boh. Vivo proiettato verso il futuro, che ne so io del passato? A me piace, ovvio, ci mancherebbe non lo facesse, sarei stolto: si apre con un classico dance settanta, però nella versione rock Blue Man Group con la grande Venus Hum, per chiudere con una nuova uscita, il singolo dei Vampire weekend. E si pregusta un tour, immagino. In mezzo c’è anche roba truzza, come sono io sovente. A proposito: concerto della mia stagione è stato senz’altro Alison Goldfrapp al Barrowlands Ballroom di Glasgow, che divertita con gli amici scozzesi, che indigestione di paillettes. Magari racconto.
Praticamente cinque ore, quanto ci si può mettere da Roma Termini a Fiumicino stando quattro ore e mezza al bar a sentire la musica.
Bravo me, mi dico, che apri le orecchie e sei meno talebano di un tempo. Si migliora, crescendo, eccome. Dentro, almeno, e questo mi basta per compensare. Bon, avanti, allora, che con la primavera siamo già a tre brani e l’estate è là in fondo che già rompe.
Vagolando per le piane a sud di Milano, so per certo e per esperienza che c’è una cintura di abbazie che cinge la parte a sud est della città, tutte risalenti grossomodo ai secoli tra dodicesimo e tredicesimo e legate a quella tipologia padana del luogo agricolo-religioso, talvolta fortificato, che punteggiava tutta la pianura e che ne gestiva coltivazioni, privilegi e commerci. In particolare, tre, ciascuna a un quarto d’ora l’una dall’altra, da ovest a est: Mirasole, Chiaravalle e Viboldone.
Beh, visto che lo so, ci vado. Mirasole ha la struttura più significativa di cascina-abbazia perché fortificata, una grande aia centrale e un tozzo ma arioso chiostro a nord, affiancato dalla chiesa, l’attività particolare era la lavorazione della lana, in particolare la trasformazione in feltro. Che per quanto ne so io, zero, basta lasciarla lì e quella infeltrisce. E poi nessuno mi chiede mai consiglio…
A parte un incongruo balcone con colonnato settecentesco, il complesso è ancora leggibile, sebbene non ne resti moltissimo. Il recupero è stato fatto in modo tradizionale, parecchi ambienti sono affidati ad associazioni più o meno benefattrici, le grandi sale per i corsi, qualcuno ha pensato a un bar ed è stata una buona idea, per il cappuccino seduto al sole nell’aia che mi offro oggi. Secondo me non è un modello sostenibile ma, magari, se qualcuno chiede spiego.
Chiaravalle è certamente la più nota, sia per la discendenza dall’ovvio Bernardo, qui chiamato per frenare le tendenze scismatiche del milanese e riportarlo nell’alveo di papa Innocenzo II a metà del dodicesimo secolo, sia per il funerale di Giorgio Gaber in tempi recenti e per una certa notorietà superiore alle altre due. È anche, fuor di dubbio, la più sontuosa, con la notevole torre nolare (vuol dire che c’è la campana), e la più organizzata, con negozio, ristoro e infopoint.
E frati, qualcuno se ne vede. Scippato il Cristo alla colonna di Bramante, ora a Brera, resta il gran coro ligneo, il chiostro bello e la torre, la ciribiciaccola. Che dice la filastrocca, a un certo punto: Quando i cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini vogliono chiacchierare con la ciribiciaccola / la ciribiciaccola è pronta a chiacchierare con cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini / la ciribicciaccola chiacchiera, i ciribiciaccolini chiacchierano / ma la chiacchierata della ciribiciaccola è più lunga di quella dei cinquecentocinquantacinque ciribiciaccolini. Dilla veloce, dai.
Terza tappa, Viboldone, quasi a Melegnano. Si intuisce il complesso agricolo, enorme, dell’abbazia resta un corpo contemporaneo ancora abitato dalle monache benedettine e la chiesa, di gran lunga l’elemento più interessante. Infatti, all’interno è conservata una serie di affreschi di ispirazione giottesca di grande qualità, riscoperti tra l’altro dalla grande Fernanda Wittgens. Per uno di essi, in particolare, si fa il nome di Giusto de’ Menabuoi che sarebbe il collegamento diretto con la Padova giottesca e la parte a lui attribuita con buona approssimazione è il giudizio universale.
Di impianto tradizionale, al centro Dio nella forma vulvare che tutto sovrintende, a sinistra i buoni e pii scortati dagli angeli amichevoli, a destra un diavolazzo che ingoia gli scellerati e li defeca direttamente nella bolgia, riprendendo in questo gli esempi di Buffalmacco al camposanto di Pisa, il più formidabile che io abbia visto finora, e di Giovanni da Modena nella cappella Bolognini nel Duomo di Bologna. Ma ancor più bello è un particolare in alto, anzi due: due angeli che a destra e sinistra sono intenti ad arrotolare il tempo della storia, facendo intravedere dietro la Gerusalemme celeste. Il motivo è già presente nella cappella degli Scrovegni. Giotto, appunto, tutto torna.
È il giudizio universale, signori, poi si chiude. Si arrotola tutto e bon, arrivederci. Strepitoso. Mi ricorda al volo il Belli de Er giorno der giudizzio: «All’urtimo uscirà ‘na sonajera / D’angioli, e, come si ss’annassi a letto, / Smorzeranno li lumi, e bona sera».
Alle 4:06 di stamane il punto azimutale dell’orbita terrestre incrociata con la fermità solare ha sancito l’accadimento dell’equignomo di primavera che, come dice il nome, apre alla primavera e lascia indietro l’inverno. Se siete tra i savonaroliani che pensano che l’equipozzio avvenga il 21 marzo, cari miei, siete fuori strada: fino al 2102 sarà il 20, a volte il 19, mai ma mai il 21. Così è e non è il caso di star qui a spiegare perché a dei tolemaici dell’accidenti.
Fortuna la primavera arriva sempre, specie quando ci sono i fascisti.
Tipico di certe persone che fanno politica, non parliamo dei dittatori, prima dire una cosa e poi smentirsi dicendo l’esatto contrario. Al campione Salvini, per il quale in twitter è rintracciabile qualsiasi affermazione e il suo contrario, oggi giustappongo il brutto Al-Sisi, che prima dice una cosa e poi ne dice un’altra, guardate voi stessi:
Ma possibile, dico io? No. Ma per non farlo sentire solo nella sua propria incoerenza, la sua vera amica è andata a sostenerlo – non da sola, va detto, von der Leyen in campagna elettorale va dappertutto e promette qualsiasi cosa – con un corposo versamento condiviso con l’UE.
Chiaramente stasera sto a casa, perché ho trovato questo film:
La trama in molta sintesi: in Romania, alcuni soldati risvegliano inavvertitamente il servo di Dracula e il suo diabolico cane, Zoltan. Le mostruose creature partono, così, alla volta di Los Angeles, dove vive l’ultimo dei discendenti del conte vampiro. Bene. Poi mi chiedo: come andranno, le mostruose creature, a Los Angeles? Aereo, immagino. Chiusi nella stiva, però, se no il sole la luce poi è un casino. Allora me li immagino al banco del check in per essere impacchettate, le mostruose creature, Zoltan compreso, e andare in stiva con gli altri cani e valigioni. Poi però mi fanno notare, giustamente, che il Conte avrà pur un aereo suo di sua proprietà. In effetti. L’avevo valutato disagiato tecnologicamente arretrato ma errore mio, se l’aereo ce l’ha pure Wonder Woman, ben più vecchia, figuriamoci il Conte.
Aggiornamento: ho trovato l’aereo del Conte, anzi l’ha trovato E., grazie.
Un monolite alto tre metri e mezzo, a forma di prisma di metallo, apparso improvvisamente nel novembre del 2020. E così scomparso dopo undici giorni. E già c’erano adoratori, complottisti, alienisti, teorici dell’inganno e fanatici di Kubrick in grande pellegrinaggio nel deserto. Lo stesso giorno un monolite apparve vicino a Piatra Neamt, in Romania.
Forma identica, finiture non esattamente uguali al primo ma chi sono io per dire qualcosa? Anche lì il monolite restò a far parlare di sé per cinque o sei giorni e poi scomparve, perché ne riapparisse un altro ai primi di dicembre in California, sulla Pine Mountain ad Atascadero.
Infine, dopo qualche giorno, sparì e ne apparve uno ad Albuquerque in New Mexico.
Questo fu preso e spostato il giorno stesso e poi di monoliti, diciamo di questa serie, non se ne parlò più. Finora. Perché qualche giorno fa, nella piena brughiera gallese, vicino a Hay-on-Wye, vualà, un monolite.
Urrà, è tornato e continua a girare il mondo, non se n’è andato. E dove andrà adesso? Chi troverà il prossimo? C’è un disegno delle destinazioni? Qualcuno sta unendo i punti su una mappa? Facendo le dovute triangolazioni? Eh, domande, saperlo. Urrà per il monolite.
Anche in Germania, a Kempten, ne apparve uno improvvisamente poco tempo fa ma secondo gli scienziati non è dello stesso tipo.
Mi fido.
facciamo 'sta cosa
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