La signora Pelicot, Gisèle Pelicot, 71 anni, è protagonista di una delle vicende più aberranti che io abbia mai sentito: con la complicità del suo ex marito Dominique Pelicot, che la narcotizzava, cinquantuno uomini l’hanno stuprata a sua insaputa nel corso di dieci anni. L’uomo, il marito perdio, le somministrava di nascosto farmaci per consentire a uomini contattati online di entrare in casa e abusare di lei mentre era in stato di incoscienza, mentre lui filmava il tutto. Fin da quando qualche settimana fa è emerso il caso non riesco a farmi una ragione di tanta crudeltà, ci penso spesso sgomento.
In questa storia che di decente non ha nulla, Gisèle Pelicot ha deciso non solo di affrontare il processo e tutti i connessi a testa alta, assistendo a tutte le testimonianze degli imputati, guardandoli in faccia – e questo sarebbe già ben più che ammirevole – ma ha deciso di fare del proprio caso un esempio, «per cambiare la società»: «Voglio che tutte le donne vittime di stupro – non solo quando sono state drogate, lo stupro esiste a tutti i livelli – dicano: la signora Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi». Non basta: «Quando vieni stuprata provi vergogna, e non spetta a noi provare vergogna, spetta a loro».
Ecco. Si tratta di stupri, certo, sì. Ma si tratta anche di giustizia, di rispetto, di rettitudine, di morale e di etica e di coscienza. Ecco perché il «la signora Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi» dovrebbe valere per tutte le giuste cause, lei sta affrontando l’inaffrontabile, perdio ce la posso fare anch’io nelle mie piccolezze. E tutti gli altri, se ce l’ha fatta lei. Incredibile, questa donna.