i suggerimenti senza amore
A me le robe su base statistica mi vanno un po’ traverse. Perché non c’è amore, non c’è cura.
Mi spiego: il fatto che io abbia una età X e che corrisponda, ipoteticamente, a un certo profilo di consumo, non implica che io sia felice quando ricevo in posta grumi di depliants di carte di credito gold e superplatinum; allo stesso modo, se un commesso non viaggiatore (ma in odore di morte) mi vede e mi propone l’acquisto di una tuta da ginnastica da antenato di un para-rapper, un filo mi irrito. E odio tutti i tipi di tessere che puntano a fare di me un amico fedele in cambio di sconti micragnosi (e poi si vendono le mie preferenze in fatto di latticini), non clicco mai sulle inserzioni in rete, evito i questionari, disprezzo chi pubblica sondaggi sui giornali e prima o poi passerò a fil di lama chi pubblica dati statistici in campo sanitario sui quotidiani, vigliacchi senza coscienza.
Comunque, ‘sta sbrodolatina per venire al fulcro dell’esperimento di oggi: messi gli occhiali vedo-rosa, che ogni esperimento fan ben venire, e chiuse le tende del laboratorio-soggiorno ho testato con la bellezza di sei prove i suggerimenti di ricerca di Gugol. Quelli che se digiti l’inizio della parola/e che stai cercando, appaiono tutti in fretta sotto la casella di ricerca, secondo un percorso illogico riconducibile solamente alla statistica casuale della cippa: ho un’idea vaga di quale dovrebbe essere la loro utilità ma non ne conosco utilizzo pratico sensato.
Ecco le parole-test con cui ho titillato il motore di ricerca: quando, perch (c’è una ragione), chi sono, fare, how (vorrei essere pubblicato su riviste scientifiche internazionali), uccidere.
I risultati offrono elementi interessanti: il 60% delle ricerche sono iperfutili e il resto fondamentali (“quando“), nessuna via di mezzo; se la parola è “perch“, la poesia dei risultati sulla rositudine dei fenicotteri è insuperabile, alla faccia di emule rotto; saluto felicemente il pareggio sostanziale tra palestinesi ed ebrei al test “chi sono“, con buona pace di chi cerca sé stesso; il fatto che la tecnica per fare il pane superi le ricerche su come fare l’amore (voce “fare“) è un sintomo preoccupante? Meglio il pane o l’amore? La versione internazionale (“how“) mi aveva mandato in visibilio con la prima voce, evidenziata, finché non ci ho cliccato sopra e ho scoperto che si tratta di un telefilm: sono molto deluso; infine, “uccidere“, oltre alla doppia variante dello stesso concetto (maiale e Berlusconi) mi rapisce al pensiero di “uccidere virgola”.
E ora, cari scienziati colleghi, i risultati in dettaglio:
Una bella chiusa informativa, oltre a tutto: cari cercatori di Gugol e caro Gugol stesso, vi informo ufficialmente che “perché”, sia come congiunzione che come sostantivo che come avverbio, si scrive con l’accento acuto e non con quello grave, perché perché perché. Cazzo, l’accento, maledizione, fanculo, ora vi cercherò e poi, sapetevelo, morirete.