la letteratura nascosta
Prima di tutto, è bene sapere che i diritti d’autore, in Italia, sono considerati validi fino a settant’anni dalla morte dell’autore.
Fatta la premessa, è piuttosto scontato affermare che numerosissimi sono i casi, in letteratura, di opere strepitose rimaste nei cassetti per vicende varie, vuoi perché rifiutate, vuoi perché bruciate alla morte dell’autore, vuoi perché non considerate all’altezza, e così via. Prima o poi saltano fuori e, per la gioia del pubblico, diventano libri, oppure si perdono per sempre e buonanotte.
E’ valido anche il principio inverso, chiaramente: ossia, opere giustamente rimaste in un cassetto poi pubblicate con risultati pessimi, ma non è questo il caso di cui voglio parlare oggi.
Questa è una storia d’amore, prima di tutto, e di rispetto: per questo secondo motivo, non possiamo – oggi – leggere ciò che rimane nascosto.
Ecco la storia: Italo Calvino a trent’anni amava una famosa attrice, molto bella e parecchio sposata addirittura con un conte: Elsa de’ Giorgi. Calvino scrisse moltissime lettere all’amata, e lei di contraccambio, e la relazione proseguì per parecchio tempo. Nonostante i due fossero molto conosciuti, la storia galeotta rimase abbastanza nell’ombra, a merito della sensibilità e della galanteria di Calvino.
Quando lo scrittore pubblicò le “Fiabe italiane”, le dedicò a “Raggio di sole”, che era uno dei nomignoli con cui lui chiamava lei e di cui solo lei era a conoscenza. Naturalmente nel bel mondo letterario si scatenò la caccia per capire chi fosse la fantomatica raggio-di-sole, e fra le ipotesi dei pettegoli letterati di via Veneto si fece anche il nome dell’attrice. Qualcuno, nel 1957 (Bartezzaghi pensa sia stato Flaiano), disse che si trattava certamente di Elsa de’ Giorgi, poiché aveva notato che il nomignolo è l’anagramma del nome dell’attrice. Oddio, a esser precisi c’è una ‘o’ che non è una ‘e’, ma va bene uguale. La notizia uscì su L’Espresso, Calvino lo seppe in anticipo ma non riuscì a fermare la pubblicazione, e la cosa diede parecchi fastidi all’attrice, che era impegnata in una complessa causa di divorzio.
La cosa buffa e meravigliosa è che né Calvino né de’ Giorgi avevano mai notato la cosa; infatti, lui le scrisse poco dopo: “Però questa dell’anagramma è una scoperta loro, a cui noi non avevamo mai pensato, e che corrisponde alla verità! E se distogliamo il pensiero per un momento dalle implicazioni legali e giornalistiche è molto bello”. Infatti. Ancor di più visto che si tratta di un’operazione inconsapevole. Parrà strano, ma nel 1957 il concetto di anagramma non era affatto diffuso se non tra gli enigmisti, ed è dunque molto probabile che Calvino non solo non conoscesse ma di certo non praticasse la difficile arte.
Tornando all’epistolario, di certo contiene alcune riflessioni sulla letteratura e sulla storia del periodo che sarebbe bello poter leggere, viste le intelligenze in campo, ma l’aspetto più importante e sconvolgente della faccenda è che coloro che hanno avuto possibilità di leggere il carteggio sostengono senza dubbio che si tratti del più bell’epistolario amoroso della letteratura italiana. Ma, poiché gli eredi escercitano una propria prerogativa, noi non lo possiamo leggere. E, dato che Calvino è morto nel 1985 e de’ Giorgi nel 1997, vista la premessa del post, è facile fare i conti di quando sarà di dominio pubblico. Meglio rassegnarsi.
E’ però possibile leggere, a mo’ di consolazione, “Ho visto partire il tuo treno” di Elsa de’ Giorgi, dedicato appunto alla storia d’amore tra i due, per ripensare a quanto sia crudele, e insieme bellissimo e giusto, che certe cose – anche se meravigliose – rimangano nascoste.