se riuscite a comprendere questo post, fate parte di una minoranza.

In Calabria il 7,9% della popolazione è laureata (Gelmini compresa) ed è la percentuale più alta tra le regioni italiane.
Sempre in Calabria, il 13,2% della popolazione non possiede alcun titolo di studio, Gelmini – stavolta – esclusa. Attenzione: “nessun titolo di studio” significa proprio nessuno-nessuno, né terza media né quinta elementare né scuola Radio Elettra.
Ma la Calabria non è un caso a sé, esiste piuttosto un caso Italia: sei milioni di italiani non hanno ricavato dalla scuola nessun tipo di titolo, il che equivale a dire che la scuola o non l’hanno vista proprio o si sono perduti in fretta. A questi, vanno aggiunti quindici milioni di italiani che sono in possesso della sola licenza elementare. E fa ventuno, un terzo del totale.
Due terzi, invece, sono gli italiani che al massimo arrivano alla licenza media, ossia il 66% della popolazione o non ha alcun titolo o arriva a stento alla terza media. Questo, tradotto in classifiche OCSE, significa che su 25 paesi monitorati per livello culturale l’Italia si piazza ventiquattresima, seguita dalla sola Turchia.
In concreto, del 33% di popolazione in possesso di un titolo superiore di qualsiasi tipo soltanto il settanta per cento di essi, circa, arriva a livelli di piena competenza alfabetica e aritmetica, il che significa – banalmente – che è in grado di comprendere appieno un comune articolo di giornale, un testo mediamente complesso, una metafora, una comunicazione burocratica.
Una situazione del genere, a parer mio, può essere sintetizzata con una sola parola: emergenza. Qui non si tratta di analfabetismi di ritorno, qui si tratta di andata e basta. Ed è evidente che, dato il contesto, il problema sostanziale di molti bambini è il capitale culturale di partenza prossimo allo zero: situazione che può essere recuperata solo grazie a notevolissimi sforzi nel corso di una carriera scolastica ed extra-scolastica, altrimenti il risultato è praticamente scontato.
crocketDunque, senza voler pontificare alcunché, bisogna tenere in mente alcune cose: leggere è un’attività faticosa e dispendiosa e lo è ancora di più se non si è in grado di comprendere ciò che si legge. Se Corriere e Repubblica vendono insieme, a far tanto, un milione e duecentomila copie, la Gazzetta da sola ne vende quasi il doppio. Sport batte politica e cronaca oppure c’è (anche) una questione di comprensione a monte? Il TG1 ha più o meno un ascolto di sette milioni di persone e il TG5 altrettanti: è che ci piace la TV nazionalmente parlando oppure per molti non esiste un’alternativa percorribile? In Italia un successo successone editoriale si verifica quando un libro vende duecentomila copie (le prime tirature, spesso, non superano le cinque-diecimila copie per titolo, quando va bene): è che tutti gli altri sono rincoglioniti e a loro non ci piace la lettura oppure il divario culturale (cultural divide per gli appassionati) esclude la maggioranza della popolazione da quello che alcuni considerano un piacere primario e insostituibile? Se Facebook e Youtube spopolano è perché vanno di moda oppure perché offrono contenuti appetibili e raggiungibili senza troppe difficoltà e pensieri al riguardo?
L’esclusione è una pessima cosa, sempre: in primis se la si subisce, secondariamente se la si impone o se la si osserva sconcertati dall’interno di una minoranza inclusa. Infatti, nel caso del divario culturale, il livello condiviso dalla maggioranza contribuisce – sebbene la forbice quantitativa tra alfabeti e analfabeti si allarghi – ad abbassare i termini qualitativi complessivi, diminuendo massimo e minimo dei termini della questione. L’élite culturale, dunque, non si senta al riparo: se la nave affonda porta con sé anche gli occupanti la prima classe, e se la nave non naviga perché pochi remano, ci si rimette tutti. Per esempio, sempre in similitudine marinara, se i passeggeri di una nave si ribellano e nominano un capitano pelato, ringhioso e di malaffare, i signori al tavolo del comandante deposto possono stare seduti a fare le facce stranite sorseggiando il the, buon per loro finché dura: può darsi, però, che prima o poi debbano fare i conti con il trampolino e gli squali in acqua.

  • siu
    Ott 12th, 2009 at 14:28 | #1

    Altro che thriller… sono notizie di squassi definitivi come questi a riempirmi di brividi la schiena. Purtroppo: grazie, caro Trivigante. (La misera consolazione, spiegarsi un po’ meglio l’italica realtà, è identica a quella provata dopo aver letto Il ritorno del principe di Scarpinato).
    Nemmeno un quarto di virgola da aggiungere.

  • Ott 12th, 2009 at 17:55 | #2

    Gran bel post, caro Trivigante. Chissà quanti esponenti dell’élite cultural-intellettuale hanno una tale lucidità sulla dinamica in cui sono inseriti, sporgendosi con lo sguardo fuori dei loro circoli autoreferenziali. Una pecca che colpisce poi in modo devastante a sinistra. Queste dinamiche “macro”, però, ormai mi sembrano sempre più ingovernabili.
    Il rapporto tra potere e ignoranza è vecchia storia e di esso ci sono arrivate alcune belle rappresentazioni dalle distopie: “Ignorance is strength”, l’ignoranza è forza, è uno dei tre motti che Winston Smith legge sulla facciata del Ministero della Verità in “1984”; “Ignorance is bliss”, l’ignoranza è felicità, dice Cypher all’Agente Smith quando tradisce i compagni per essere reintegrato in Matrix.

  • Ott 12th, 2009 at 20:18 | #3

    Davvero un grnade post, da salvare e da rileggere almeno una volta a settimana per i prossimi vent’anni, bravo Trivigante!!
    Non ci ho capito molto, ma ho compreso che non è colpa mia ma del mio coso culturale di partenza prossimo a zero.
    D’altra parte il telefono prima, poi gli SMS, e oggi Facebook e youtube, sono strumenti che (garantendo canali meno “formali” rispetto a quanto consolidato) consentono ai più di rallentare questa deriva inarrestabile. Il problema che i contenuti su cui si regge la nostra (in)civiltà si stiano sgretolando comunque non ha (non è) ormai più valore…
    Grazie

  • quez
    Ott 13th, 2009 at 23:13 | #4

    grazie per la chiarezza, penso che sia una fotografia lucida e spietata della nostra realtà.Questo post riassume mirabilmente dei capisaldi che dovrebbero orientare qualunque ragionamento politico (nel senso di gestione del bene comune) e che mi pare siano completamente ignorati a sinistra e molto ben compresi e utilizzati a destra… e non è cosa da poco.Anzi, è cosa che mi spaventa parecchio; rappresenta il “bug” fondamentale della democrazia, solo che nessun sincero democratico osa riconoscerlo perchè le soluzioni che vengono alla mente portano tutte verso qualcosa di diverso dalla democrazia… e sospetto che anche in questo la destra sarebbe molto piu capace della sinistra.

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