Van Rompuy, l’UE e un piccolo gruppo di riflessione politica

Herman_Van_Rompuy_portraitHerman Van Rompuy, il vispo signore qui a destra, sarà a breve il nuovo presidente dell’Unione Europea.
Come è noto, sarà in carica per due anni e mezzo, il primo a farlo, per rispondere a una volontà comune di rafforzare la posizione dell’UE e dotare le istituzioni di una certa stabilità, non garantita dalla presidenza a rotazione. Condivisibile, in linea di massima.
Alla luce di questi intenti, la nomina di Van Rompuy, politico apparentemente di secondo piano e per di più belga, appare decisamente una scelta debole: le posizioni del presidente in pectore, infatti, sono piuttosto retrive (esempio: “La Turchia non è parte dell’Europa e non sarà mai parte dell’Europa… I valori universali che sono in vigore in Europa, e che sono anche i valori fondamentali della cristianità, perderanno vigore”) e la sua storia politica – dedicata più che altro alla ricomposizione dei conflitti tra fiamminghi e francofoni, roba da cortile – è piuttosto opaca. Cattolico, conservatore, appassionato compositore di haiku, dedito all’ornitologia, è solito ritirarsi in preghiera in un’abbazia nota per la produzione della birra. Insomma…
Allora, domanda, perché il signore è stato nominato primo presidente permanente dell’UE?

In prima analisi, la risposta comune è sostanzialmente una: poiché non si è riusciti a raggiungere una candidatura condivisa e forte, secondo una consuetudine tipica dei paesi europei si è scelta una figura di secondo piano che non scontentasse nessuno. Cioè, che scontentasse un po’ tutti ma che fosse tale da non infastidire nessuno oltre un certo limite. Va bene. E’ come nominare amministratore del condominio un inquilino che possiede un millesimo, quindi niente, che però non ha litigato con nessuno. Non è la prima volta e non sarà l’ultima.
20091114_DETIJD_001_200.JPGIn seconda battuta, invece, si è fatta strada un’altra ipotesi: il quotidiano belga De Tijd ha pubblicato la notizia che Van Rompuy sarebbe stato candidato dopo una riunione a porte chiuse nel Castello di Val Duchesse, alle porte di Bruxelles, lo scorso 12 novembre. Tale riunione sarebbe stata organizzata dal misterioso Gruppo Bilderberg.
Il Gruppo Bilderberg sarebbe, secondo la definizione del Parlamento Europeo, un “gruppo di riflessione politica di tendenze decisamente conservatrici”, costituito da alcuni dei personaggi più influenti nei vari campi della politica economica e della finanza internazionale.
Il Gruppo, fondato nel 1952, avrebbe un nucleo di membri fissi (tra cui sono noti David Rockefeller, Henry Kissinger, la regina Beatrice d’Olanda, Richard Perle, i dirigenti della Federal Reserve Bank, di Credit Suisse e della Rothschild Europe, delle compagnie petrolifere Shell, BP e Eni, della Coca Cola, della Philips, della Unilever, di Time Warner, di AoL, della Tyssen-Krupp, di Fiat, i direttori e corrispondenti del Times di Londra, del Wall Street Journal, del Financial Times, dell’International Herald Tribune, di Le Figarò, del Globe and Mail, del Die Zeit, rappresentanti della NATO, dell’ONU, della Banca Mondiale e della UE, economisti e molti ministri dei governi occidentali) e un certo numero di membri a invito. La caratteristica che balza agli occhi è il segreto più assoluto che avvolge le attività del Gruppo e i temi trattati durante le riunioni periodiche, poiché ogni membro è tenuto al più rigoroso silenzio.
Le ipotesi si sprecano: alcuni sostengono che nella riunione di maggio scorso il Gruppo abbia fissato il prezzo del petrolio a 70 dollari al barile, qualcun altro sospetta che si tratti di una forma simile alla massoneria occulta, altri ancora sostengono invece la tesi che si tratti semplicemente di un club i cui membri scambiano idee e visioni politiche ed economiche. E’ un fatto, comunque, che del Gruppo non si parli mai: tra gli italiani che hanno partecipato a riunioni recenti si contano, per esempio, Franco Bernabè, John Elkann, Mario Monti, Tommaso Padoa Schioppa, Paolo Scaroni, Giulio Tremonti, Romano Prodi, Walter Veltroni. A domanda precisa, nessuno di loro ha mai fornito la benché minima risposta.
Molti dei membri del Gruppo appartengono anche alla Commissione Trilaterale, al Club di Roma e ad altre organizzazioni mondialiste più o meno riservate e di cui esiste una vasta letteratura in rete, affidabile o meno.
Lo stesso Van Rompuy appartiene sia al Gruppo Bilderberg sia alla Commissione Trilaterale.

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