perché piazzale Loreto
C’è una ragione precisa per la quale i corpi di Mussolini, Petacci e gerarchini vari furono portati a piazzale Loreto il 29 aprile 1945: l’eccidio del 10 agosto 1944. Pochi giorni prima, il 7 agosto, in viale Abruzzi, esplose una carica a ridosso di un camion della Wehrmacht, parcheggiato di fronte ad alcuni luoghi occupati dai tedeschi: l’esplosione uccise sei civili milanesi, ferendone undici, ma non uccise alcun tedesco. L’origine dell’attentato non fu mai chiara, Giovanni Pesce ribadì a più riprese che di certo non fu iniziativa gappista né partigiana in generale, escludendo ogni coinvolgimento resistenziale.
Nonostante non vi fossero né feriti né morti tedeschi, il comandante delle SS Theodor Saevecke – poi detto il boia di Piazzale Loreto – attuò la rappresaglia, “per dare una lezione ai milanesi”: quindici antifascisti furono prelevati dal carcere di San Vittore e portati in Piazzale Loreto, dove furono fucilati dai legionari della Muti sotto comando tedesco. Non paghi, i militi lasciarono i corpi al sole di agosto per tutto il giorno, impedendo ai parenti di avvicinarsi, e insultando a più riprese i vivi e i morti; in mezzo ai cadaveri, fu eretto un cartello che diceva “assassini”. Franco Loi, allora bambino, vide la scena: “C’erano molti corpi gettati sul marciapiede, contro lo steccato, qualche manifesto di teatro, la Gazzetta del Sorriso, cartelli , banditi! Banditi catturati con le armi in pugno! Attorno la gente muta, il sole caldo. Quando arrivai a vederli fu come una vertigine: scarpe, mani, braccia, calze sporche (…) Ai miei occhi di bambino era una cosa inaudita: uomini gettati sul marciapiede come spazzatura e altri uomini, giovani vestiti di nero, che sembravano fare la guardia armati!”. La vicenda fu di crudeltà inaudita e rimase impressa nella mente dei milanesi e degli italiani. Se ne sarebbero ricordati alcuni mesi dopo.
Il boia Saevecke non subì alcun processo in patria e fu condannato all’ergastolo per la strage solo nel 1999, dal tribunale di Torino. Naturalmente nulla si fece, fu negata l’estradizione e il nazista morì tranquillo vecchio decrepito nel 2004. Non solo, dopo la fine della guerra fu arruolato dagli americani e svolse numerosi incarichi, finché non rientrò, addirittura, nei ranghi della polizia tedesca occidentale, fino a ricoprire il ruolo di vicedirettore dei servizi di sicurezza del Ministero degli Interni. Un altro capitolo alla voce “vergogna”.
A noi restano i morti e il ricordo: caddero Umberto Fogagnolo (nato nel1911), Domenico Fiorani (1913), Vitale Vertemati (1918), Giulio Casiraghi (1899), Tullio Galimberti (1922), Eraldo Soncini (1901), Andrea Esposito (1898), Andrea Ragni (1921), Libero Temolo (1906), Emidio Mastrodomenico (1922), Salvatore Principato (1892), Renzo Del Riccio (1923), Angelo Poletti (1912), Vittorio Gasparini (1913), Gian Antonio Bravin (1908). Per loro.