Il più o meno insensato e macabro confronto fra i numeri (in rosso) degli ultimi due post mi ha fatto chiedere come mai proprio Boves gode (se mai ci fu ossimoro..!) di uno “statuto speciale”, fra le città martiri della Resistenza. Ringraziando, come sempre, Trivigante, ho trovato la risposta:
Settembre 1943. I soldati tedeschi erano arrivati da poco. Da appena una decina di giorni. Senza incontrare resistenza, avevano occupato ogni città, ogni contrada. Si erano impossessati delle caserme e, caricati su lunghe tradotte i militari, ex alleati, li avevano spediti nei campi nazisti. In testa a quelli che avrebbero martoriato il Piemonte occidentale c’era la divisione comandata da Joachim Peiper, uno che dal 1939 era stato nello staff di Himmler e aveva partecipato alla creazione del sistema concentrazionario dei Lager. A Boves, nel cuneese, le sue truppe si erano però imbattute nei nascenti nuclei partigiani, che avevano avviato le loro primissime azioni subito dopo l’armistizio dell’8 settembre. L’ordine di Peiper fu perentorio: per rappresaglia, trucidare gli abitanti e poi dare alle fiamme il paese. Era il 19 settembre del 1943, e la città si conquistò il triste primato di teatro del primo atto di rappresaglia contro la popolazione civile. La lunga e crudele occupazione militare non valse, però, a piegare la Resistenza.
Proprio questa strage, secondo alcuni storici, portò alla nascita del movimento resistenziale in Italia. Ma la medesima ferocia si ripeté fra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944, con un secondo eccidio durante il rastrellamento per debellare gli attivissimi partigiani “colpisti” della zona: il paese fu nuovamente bruciato, e nuovamente si ebbero decine di vittime tra civili e partigiani.
La medaglia d’oro al valor civile fu assegnata a Boves nel 1961, per aver sopportato «con eroico comportamento e stoico coraggio, per ben due volte, la rappresaglia crudele del nemico invasore, subendo la distruzione di numerose abitazioni e sacrificando la vita di molti suoi figli all’ideale patriottico». Seguì, nel 1963, la medaglia d’oro al valor militare
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Il più o meno insensato e macabro confronto fra i numeri (in rosso) degli ultimi due post mi ha fatto chiedere come mai proprio Boves gode (se mai ci fu ossimoro..!) di uno “statuto speciale”, fra le città martiri della Resistenza. Ringraziando, come sempre, Trivigante, ho trovato la risposta:
Settembre 1943. I soldati tedeschi erano arrivati da poco. Da appena una decina di giorni. Senza incontrare resistenza, avevano occupato ogni città, ogni contrada. Si erano impossessati delle caserme e, caricati su lunghe tradotte i militari, ex alleati, li avevano spediti nei campi nazisti. In testa a quelli che avrebbero martoriato il Piemonte occidentale c’era la divisione comandata da Joachim Peiper, uno che dal 1939 era stato nello staff di Himmler e aveva partecipato alla creazione del sistema concentrazionario dei Lager. A Boves, nel cuneese, le sue truppe si erano però imbattute nei nascenti nuclei partigiani, che avevano avviato le loro primissime azioni subito dopo l’armistizio dell’8 settembre. L’ordine di Peiper fu perentorio: per rappresaglia, trucidare gli abitanti e poi dare alle fiamme il paese. Era il 19 settembre del 1943, e la città si conquistò il triste primato di teatro del primo atto di rappresaglia contro la popolazione civile. La lunga e crudele occupazione militare non valse, però, a piegare la Resistenza.
Proprio questa strage, secondo alcuni storici, portò alla nascita del movimento resistenziale in Italia. Ma la medesima ferocia si ripeté fra il 31 dicembre 1943 e il 3 gennaio 1944, con un secondo eccidio durante il rastrellamento per debellare gli attivissimi partigiani “colpisti” della zona: il paese fu nuovamente bruciato, e nuovamente si ebbero decine di vittime tra civili e partigiani.
La medaglia d’oro al valor civile fu assegnata a Boves nel 1961, per aver sopportato «con eroico comportamento e stoico coraggio, per ben due volte, la rappresaglia crudele del nemico invasore, subendo la distruzione di numerose abitazioni e sacrificando la vita di molti suoi figli all’ideale patriottico». Seguì, nel 1963, la medaglia d’oro al valor militare