le allegre nonché inutili guide turistiche di trivigante.it: le prigioni esclusive del Castello Estense di Ferrara
Si fa sotto Pasqua e secondo il principio del va’-con-chi-vuoi è tempo di riesumare le belle guide turistiche di trivigante.it, che non si sa mai che qualcuno voglia andarsene in giro a vedere luoghi ameni.
Eccone uno di prima grandezza: le prigioni del Castello Estense di Ferrara. Garantiti divertimento e riso argentino sulle bocche anche dei più scettici.
Non si farà qui cenno al Castello che sta sopra, ché quello si trova su tutte le guide e soprattutto è difficile mancarlo anche per i più svagati, se non per dire che è necessario entrarvi per discendere giù giù, più o meno a livello fossato, per arrivare alle prigioni sotto la torre dei Leoni.
Attenzione, però: non prigioni per gente qualsiasi, ma prigioni per gente che vale. Essendo nella residenza ducale, va da sé che anche le prigioni sono di alto rango, destinate a ospitare personaggi pregiati rei di delitti ed effrazioni particolarmente gravi. Infatti, il principio che sottende la prigione di alto rango è che il povero che compie reato, essendo mentecatto di propria natura, lo si punisce e via, senza grazie né prego, perché un po’ non sa bene quello che fa e un po’ è inutile prendersela più di tanto con le bestioline; al contrario, il signore che compie malfatto, avendo egli ben altri mezzi e cultura, è chiaramente da punirsi in modo grandioso e, nella ripicca, platealissimo. Se poi, come vedremo, si tratta di un fratello-attentatore, allora la pena deve superare ampiamente l’esagerazione, è chiaro. Ne va dell’onore, suo mio e vostro.
Come dicevo, per vedere le prigionissime si paga il biglietto al Castello, si ignora tutto il resto e si scende nei meandri. Basta seguire l’umido. Per essere ospiti del duca, nelle prigioni infinamai, è necessario far parte di una ristretta cerchia, perché i posti sono pochi e non è che vengono dati via al primo che passa. Le prigioni, infatti, sono quattro o cinque, una molto grande e le altre piccolissime, a seconda del lignaggio connesso al reato.
La più piccola di tutte, stretta poco più di un metro e lunga cinque o sei e con la pregevole caratteristica del soffitto estremamente ribassato, è la cosiddetta prigione di Ugo e Parisina (foto in scala quasi 1:1 a destra).
Ugo d’Este era figlio di primo letto di Niccolò III marchese di Ferrara. Lo sciagurato, appena fu in età da sporcellate, ebbe la malaugurata idea di accuccarsi con la sua matrigna, la coetanea Parisina Malatesta, convolata a nozze con il marchese in seconde nozze appena decenne ed entrata anche lei da poco in età da cosacce. Chiaro che Niccolò III non ci mise troppo a scoprire la tresca e a farsi montare parecchio nervoso: li fece imprigionare nella cella, appunto, e poco dopo li fece decapitare, nel 1425. L’accuccamento familiare edipéo è reato assai brutto, specie se perpetrato nei confronti di marchese.
A dimostrazione dell’alto gradi di comfort riservato ai due, un’immagine esplicativa dell’unico arredo della cella: il bagno. Sono serio, è un vero privilegio avere il bagno in cella, le altre non sono dotate di cotesto agio, sebbene a differenza della cella di Ugo e Parisina non abbiano il soffitto alto poco più di un metro e mezzo. Scegliere: soffitto alto o bagno.
Ugo e Parisina, poi, furono raccontati e cantati innumerevoli volte (più lei che lui, a dire il vero), emuli di Paolo e Francesca che ebbero, però, ben più alto cantore.
Proseguendo nella visita, vi sono altre due celle meno lussuose e ricoperte di graffiti fatti con spezzone di brace, a testimoniare lunghi anni di detenzione e indicibile sofferenza, come da fotografia all’inizio, e poi c’è lei, la cella imperiale: un rettangolo di quindici metri per sei, con volta a botte alta almeno otto metri e una porticina alta meno di uno, ovviamente nessuna finestra e un’umidità che par di essersi addormentati sul fondo di una laguna limacciosa. Un bocchettone dal soffitto porta l’aria dalla pubblica via e con essa anche l’acqua e qualsiasi cosa uno vi getti da sopra.
Per raccontare la storia di questa cella o, almeno, una delle storie, bisogna andare al 1506: duca era Alfonso I e i suoi tre fratelli non godevano pacificamente il potere. Due di essi, Ferrante e Giulio, dopo una vita di litigi e insulti con il fratello maggiore, decisero di passare all’azione e di congiurare apertamente. Come spesso accade, la congiura arrivò a orecchie attente e fu sventata in anticipo, i due fratelli furono arrestati, in nome del proprio rango, e rinchiusi nella cella grande sotto la torre. Gli altri congiuranti uccisi.
La famiglia era finalmente riunita, uno di sopra e due di sotto (il quarto era cardinale e non contava). E così fu per parecchi anni.
Nonostante Alfonso I fosse morto nel 1534, Ferrante e Giulio d’Este rimasero rinchiusi nella prigione: il primo vi rimase fino al 1540 quando, dopo trentaquattro anni di prigionia, morì. Il secondo, Giulio, se si può dir fortunato, fu graziato nel 1559 dal duca Alfonso II, dopo cinquantatre anni di carcere e alla veneranda età di ottantun anni. Il vecchierello se ne uscì all’aria aperta e – le cronache raccontano – suscitò l’ilarità dei passanti di fronte ai suoi vestiti alla foggia di cinquant’anni prima. Ed ebbe un paio d’anni di libertà prima di stirare le gambe.
La cella è a dir poco istoriata di graffiti quasi, visto il tempo libero degli occupanti, elaborati e complessi, come da immaginetta santa qui a destra, anch’essa cliccabilissima per la miglioria visuale. Fa parecchia paura.
A questo punto, non senza la tipica tristezza che accompagna le cose belle quando finiscono, la visita termina, avendo esaurito i locali e lo scopo turistico di questa guida. Risaliti che si è dal fondo, si possono vedere cose belle e bellissime a Ferrara, fate vobis, la mia esplicazione si esaurisce qui. Una nota: all’interno è proibito fare fotografie, quelle che vedete in questo articoletto le ho fatte io con mano lesta senza flash, senza dare nell’occhio. Naturalmente sono stato scoperto ma, sollievo, non mi hanno condannato alla detenzione nelle gattabuie ferraresi. Ho spiegato loro che avrei dovuto scrivere questa guida e così mi hanno lasciato andare. Grazie, guardiani ferraresi, questa guida è dedicata a voi.
Per una volta mi sono molto divertita a leggere le inflazionate e lacrimevoli vicende di Ugo e Parisina e dei fratelli di Alfonso I. Buon sangue non mente…bella stirpe di fedifraghi.
Ti ringrazio, in effetti lo scopo delle guide è un po’ quello.
Fedifraghi e fratifraghi, non c’è che dire.