salve, sono stupido
Esiste un’organizzazione potentissima, più forte della mafia e più efficace del complesso industriale, che è sempre all’opera e, nonostante sia priva di organizzazione, di comandanti, di statuti, di leggi, riesce a operare con straordinaria coordinazione ed efficienza: il gruppo umano degli stupidi.
Ora: il fatto interessante è che il sopradetto gruppo è a composizione variabile, ossia possiede un nucleo solido di iscritti da lunga pezza e un possente quantitativo di membri occasionali che vi partecipano a seconda dell’occasione, in maniera consapevole o meno. A questa seconda categoria, banalizzando, è probabile che chiunque di noi in potenza vi partecipi, prima o poi.
Le persone oneste e dotate di coscienza di sé sono in grado di riconoscere (e ammettere) gli episodi occasionali di stupidità endogena, caratteristica non condivisa con gli stupidi tout court, i quali difficilmente sono in grado di scoprirsi nell’atto di. Non a caso, la stupidità (da stupeo, essere storditi, restare attoniti) è concetto dinamico e a misura variabile che si tende sempre ad attribuire ad altrui ovvero – come fa notare Livraghi – si tende “ad etichettare come stupidi tutti i comportamenti che non rientrano nei nostri schemi mentali ordinari”. Nessuno – anche se parecchi dovrebbero – si presenta come stupido.
Chiariamo: è stupido chi commette azioni stupide, non chi commette errori. Di conseguenza, il concetto di stupidità può essere valutato sulla base degli effetti delle azioni e le ripercussioni che esse hanno sul contesto, tenendo conto di una serie di variabili. Ed ecco così formulata la terza legge della stupidità (Carlo Maria Cipolla, Allegro ma non troppo, 1988): “Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno”. Si noti, fatto importante, che Cipolla – giustamente – non implica alcuna idea di consapevolezza dell’atto, cosa che in effetti non fa alcuna differenza.
E se esiste una terza legge, ce ne devono essere per forza altre; eccole (sempre C.M. Cipolla):
1. Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di individui stupidi in circolazione.
2. La probabilità che una certa persona sia stupida è indipendente da qualsiasi altra caratteristica della persona stessa.
3. Una persona è stupida se causa un danno a un’altra persona o ad un gruppo di persone senza realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo un danno.
4. Le persone non stupide sottovalutano sempre il potenziale nocivo delle persone stupide; dimenticano costantemente che in qualsiasi momento e luogo, e in qualunque circostanza, trattare o associarsi con individui stupidi costituisce infallibilmente un costoso errore.
5. La persona stupida è il tipo di persona più pericoloso che esista.
Ragionando dunque sulla terza legge, è possibile sintetizzare due fattori determinanti per valutare un atto stupido: il danno o vantaggio che l’individuo procura a sé stesso e il danno o vantaggio che l’individuo procura agli altri.
Trasformando il tutto in un grafico, il risultato è questo:
Ed ecco quattro belle categorie umane, definite in modo abbastanza preciso e più o meno inconfutabile. Osservando che l’articolo 61 del Codice Penale prevede l’aumento della pena fino a un terzo se esiste l’aggravante “per futili motivi”, è altrettanto opportuno considerare il seguente corollario: il potere politico o economico o burocratico accresce il potenziale nocivo di una persona stupida.
Potrei citare alcune frasi a effetto al riguardo della stupidità (“Due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana. Della prima non sono sicuro”, attribuita a Einstein, per dirne una) ma la più bella, che rende perfettamente il concetto dinamico di stupidità, è questa (attribuita a Billie Holiday): “Abitavo in un paese così piccolo che non avevamo neanche lo scemo del villaggio. Dovevamo fare a turno”.
A ben guardare, in effetti il mondo è un piccolo, piccolo villaggio.