25 aprile 2012: buona festa a chi ne è degno
Il 25 aprile è il mio natale, anzi meglio: è l’unica ricorrenza annuale in cui non mi tocca scendere in piazza per ricordare una strage o per protestare contro il pacchetto sicurezza (il 2 giugno è un po’ una sòla, una roba per sottosegretari), è una festa vera, che si è felici e si celebra una vittoria. Capito? Una VITTORIA!
Anche per me, anno dopo anno, resta più che mai il giorno cruciale e irrinunciabile della dignità civile, della testimonianza, di una vita che può ancora avere un senso. E nella mattinata in Risiera anche dell’emozione, che picchia a fondo ogni volta. Tutti insieme su quella spianata, là, sotto il cielo, al centro di quelle mura e di quelle celle, di fronte all’impronta di quel camino, immaginando il carico di tutto quel dolore, si prova una commozione che non si può, nè si vuole arginare. Comincia a pungere già durante i discorsi e i brevi riti religiosi di tutte le confessioni presenti in città, per raggiungere immancabilmente il culmine quando il Coro partigiano, e chi vuole con lui, canta Auschwitz, e alla fine Bella ciao.
Purtroppo non sono l’unica oggi ad aver notato che gli anziani reduci dai lager, sempre presenti nella zona loro riservata, non sono rimasti che quattro: tre donne e un uomo.
Che dio o chi per lui ce li conservi in buona salute il più a lungo possibile.