i libri della settimana: sei

Accavallo di ferragosto è chiaro che ci vogliono altri consigli di lettura.
Solo libri buoni e pieni di giusto sapere. Solo libri reali che, con un po’ di fortuna, possono essere reperiti nella biblioteca del quartierino o tutt’al più su una bancarella in stazione. Per una preparazione a trecentosessantacinque gradi, ossia oltre ogni orizzonte culturale possibile. E grazie a mr. E. per l’ispirazione preziosa.

E io, cretino, dormivo:
1. Come scrivere durante il sonno
(How to write while you sleep)
di Elizabeth Irvin Ross, 1985

Invece di dire cazzate o canticchiare, vogliamo lavorare su quel povero cervelletto?:
2. Cosa dire quando si parla da soli
(What to say when you talk to yourself)
di Shad Helmstetter, 1982

Sto ancora in piedi, no? Coraggio, me ne sbatto delle vostre pallottole! Avanti, continuate a sparare, avanti! Continuate a spararmi! Me ne sbatto delle vostre pallottole!:
3. Carriere nella droga
(Careers in dope)
di Dan Waldorf, 1973

Un imperdibile manuale per gente che conosce davvero il proprio lavoro:
4. L’abuso sugli anziani. Un manuale per professionisti
(The abuse of elderly people. A handbook for professionals)
di Jacki Pritchard, 1992

Io forse lo so:
5. Ma cosa fanno i conigli tutto il giorno?
(What do bunnies do all day?)
di Judy Mastrangelo, 1988

E siccome è ferragosto e i libri di questa tornata sono particolarmente buoni, solo per questa volta salteremo il consueto appuntamento con la nostra autrice di riferimento. Evviva. Un quizze, piuttosto, da farsi sotto l’ombrellone: chi ha detto “Il passato non si può più modificare e il futuro non ci appartiene di diritto. Ciò che esiste davvero è il presente. Solo l’attimo ha importanza“?
Chi indovina vince un trapianto di cervello.

che dittatura, l’estate

Francesco Piccolo ha scritto per il domenicale del Sole un pezzo semiserio sull’estate che io, qui e ora, sottoscrivo in ogni sua virgola. Eccolo:

In estate si parla soprattutto d’estate. Ci si prepara qualche tempo prima, e il segnale è quando alla fine della primavera qualcuno ti chiede: che farai questa estate? Da quel momento in poi, si apre una voragine di domande e risposte. Poi arriva l’estate, in cui si fa quello che si è annunciato a centinaia di persone che te l’hanno chiesto. E infine c’è il ritorno a casa, con le domande che ti aspettano già al casello dell’autostrada: com’è andata questa estate? E si mettono in attesa di racconti dettagliati, ma soprattutto non vedono l’ora che tu dica: e a te? Per farti racconti dettagliatissimi.
L’umanità si può catalogare in molti modi, ai quali si può aggiungere il seguente: quelli che non vedono l’ora che arrivi l’estate, quelli che non vedono l’ora che finisca l’estate. Le due specie umane divise secondo tale criterio, si differenziano per un sentimento del tempo elementare: la prima ritiene che l’estate finisca troppo presto; la seconda ritiene che l’estate non finisca mai. Questi ultimi sono di meno, ma ci sono. Sono di meno, ma sono di più di quanti ne vengano censiti, perché si vergognano di esprimere il loro sentimento di impazienza, di noia. Si nascondono, come quelli che agli exit poll si vergognano di dire chi hanno votato per davvero, e rispondono ciò che immaginano faccia piacere agli altri. E infatti, quando qualcuno dice loro: quant’è bella l’estate, vero? Vorrebbero rispondere no, e rispondono sì.
Io faccio parte della seconda specie. Mi sono vergognato di dirlo per tanti anni, ma poi alla fine ho cominciato timidamente a fare accenni a una certa insofferenza, a un dispiacere. Questo non ha determinato nulla nella mia vita: perché i molti che amano l’estate non prendono minimamente in considerazione la possibilità che si possa pensare il contrario. Se lo dici, non ti ascoltano, o ridono e ti battono la mano sulla spalla per dire: stai scherzando. Così, da quando ho coscienza di far parte della seconda specie, non è cambiato nulla nella sostanza: dico cosa farò questa estate, passo l’intera estate da qualche parte al mare o in montagna, racconto cosa ho fatto questa estate, finisco perfino per mostrare le foto, se mi chiedono con insistenza di vedere le foto. Solo, che non sono contento. (qui prosegue…)

francis il muro parlante: basta!

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
Lo sa benissimo l’ignoto estensore bolognese di questa riga lapidaria, che contiene in sé almeno due messaggi: contro i cattivi e in favore della propria salute.
Triste è quando ci si deve allontanare per forza maggiore, la domanda irrisolta è chi siano i cattivi.
A ognuno la propria risposta.

Grazie a mr. J. per il prezioso contributo.

i libri della settimana: cinque

Altra settimana e agosto chiama lettura.
Consigli buoni, dunque, per chi se ne intende. Solo libri reali che, con un po’ di fortuna, possono essere reperiti nella biblioteca di quartiere o tutt’al più su una bancarella ben fornita. Per una preparazione a trecentosessantacinque gradi, ossia oltre ogni orizzonte culturale possibile. E grazie a mr. E. per l’ispirazione preziosa.

Ingiustamente trascurato dalla popolazione, è ora di prendersi cura davvero del proprio corpo:
1. Pulizia del colon? In un attimo!
(Colon cleanse the easy way!)
di Vena Burnett e Jennifer Weiss, 1979

Il turco Zaro Agha visse per 162 anni mangiando per tutta la vita enormi quantità di yogurt:
2. Trattato sullo yogurt
(About yoghurt)
di P.E. Norris, 1954

La simpatia travolgente del Principe gaffarolo raccontata da un autore d’eccezione:
3. Il brio del Principe Filippo
(The wit of Prince Philip)
di Sua Altezza Reale il Principe Filippo, 1965

Se la pulizia è il vostro credo, forse non siete così forti come pensate:
4. Ripulire il carbone
(Cleaning up coal)
di Gerhard Weber, 1982

Stupite i vostri ospiti con lo stufato di gatto, l’omlétt di bachi e la salsa di formiche rosse:
5. Cucina innominabile
(Unmentionable Cuisine)
di Calvin W. Schwabe, 1979

 “La felicità sta alla gioia come una lampada elettrica sta al sole”. Annichilisco.
Come al solito, parole della nostra autrice di riferimento.

genio applicato all’igiene intima

Là, quando manca l’acqua e la foglia di vite irrita le parti molli, l’unica soluzione è:

Anche in comoda crema.
Il merito è tutto di ms. F. e mr. M., sempre attentissimi alle sbirolità del mondo. Grazie.

ancora Bologna, ancora il quattro agosto

1974, alle ore 1.30 del 4 agosto, una bomba esplose nel secondo scompartimento della quinta carrozza del treno Italicus, Roma-Monaco di Baviera, mentre transitava all’interno della galleria della Direttissima a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna.
Morirono dodici persone: Nunzio Russo di Merano, tornitore delle ferrovie, la moglie Maria Santina Carraro e Marco, il figlio quattordicenne. Nicola Buffi, 51 anni, segretario della Dc di San Gervaso (Fi) ed Elena Donatini rappresentante Cisl dell’Istituto Biochimico di Firenze. E poi Herbert Kontriner, 35 anni, Fukada Tsugufumi 31 anni, e Jacobus Wilhelmus Haneman, 19 anni. La bomba uccise anche Elena Celli, 67 anni e Raffaella Garosi, di Grosseto, 22 anni. Silver Sirotti, invece, non era stato coinvolto nell’esplosione. Aveva 24 anni ed era stato assunto dalle Ferrovie da dieci mesi, stava svolgendo servizio sul treno quella notte e, quando vide le fiamme in galleria, impugnò un estintore e incominciò a estrarre i feriti. Rimase anche lui bloccato tra le fiamme. Fu decorato con la medaglia d’oro al valor civile. L’incendio rese irriconoscibili molti corpi, tra cui quello di Antidio Medaglia, 70 anni, che venne riconosciuto dalla fede al dito.

L’attentato fu subito rivendicato. Fu fatto ritrovare un volantino di Ordine nero che proclamava: “Giancarlo Esposti è stato vendicato. Abbiamo voluto dimostrare alla nazione che siamo in grado di mettere le bombe dove vogliamo, in qualsiasi ora, in qualsiasi luogo, dove e come ci pare. Vi diamo appuntamento per l’autunno; seppelliremo la democrazia sotto una montagna di morti“.
Poi qualcuno fece il nome di Tuti, qualche pista portò poi a Gelli (Arezzo è vicina), al SISMI e così via. Facile indovinarne la conclusione: nessun colpevole individuato.

Questo è un post di quattro anni fa. E la cosa tragica è che non fa nessuna differenza.

ancora Bologna, ancora il due agosto

Trentuno. E per fortuna l’Associazione dei parenti delle vittime della strage della stazione di Bologna continua a ricordarlo, ogni anno con lo stesso, identico, manifesto. Cambia una data, un anno in più. Vederli tutti insieme è come vedere gli anni che sono trascorsi e che qualcuno ci ha costretto a vivere senza sapere. Anche questo non è giusto.

i libri della settimana: quattro

Passano le settimane e scorrono le pagine delle letture estive.
Essenziale, dunque, avere dei buoni titoli per aggiungere cultura alla cultura e saggezza alla saggezza, avanti dunque con altri preziosi consigli di lettura per l’estività.
Solo libri reali che, con un po’ di fortuna, possono essere reperiti nella biblioteca di quartiere o tutt’al più su una bancarella ben fornita. Per una preparazione a trecentosessantacinque gradi, ossia oltre ogni orizzonte culturale possibile. E grazie a mr. E. per l’ispirazione preziosa.

Incredibilmente, questa meraviglia si trova all’imbarazzante prezzo di venti centesimi di dollaro:
1. Ritraete il vostro cane col ricamo
(Picture your dog in needlework)
di B. Borssuck e Ann Jackson, 1980

Ma la mia casa è di cemento armato…:
2. Mangiate la vostra casa. Guida eco-artistica all’autosufficienza
(Eat your house. Art eco guide to self sufficiency)
di Frederic Hobbs, 1980

Sconvolgenti rivelazioni. La Galilea era in realtà il Galles? Gesù era inglese? Giuseppe costruiva banchi per i pub?:
3. La vergine Maria è vissuta e morta in Inghilterra?
(Did the virgin Mary live and die in England?)
di Victor Dunstan, 1985

Sei forte papà:
4. Dimmi, papà, raccontami dei funerali
(Tell me, Papa, tell me about funerals)
di Marvin e Joy Johnson, 1980

Spietato ma capace di abbinare i colori:
5. Il manager androgino
(The androgynous manager)
di Alice Sargent, 1980

Un’altra settimana di buone letture.
A corollario, anche questa settimana vorrei lasciarvi con un pensiero, bello e profondo, della nostra autrice di riferimento: “Quando si lacera, il cuore che rumore fa? Il tonfo di una spugna inzuppata o il sibilo di un fuoco pirotecnico bagnato dalla pioggia?“. Non saprei, però prosasticamente so che rumore fanno certe ghiandole esterne quando si rompono.

un caso da Guinness dei primati

La storia in certi ambienti circola da vari giorni e susciterebbe non poca ilarità se non fosse miseranda.
I fatti in breve: il Ministero dell’Interno bandisce un concorsino per il nuovo logo, primo premio tremila euri, e la fantasia si sbizzarrisce. L’undici luglio scorso vengono proclamati i vincitori: Inarea strategic S.r.l. con il logo che è già sulla pagina del Ministero.

Bel logo, davvero, niente da dire.

Anzi no, qualcosa da dire c’è. Due parole: Roy Smith. Questo signore nel 2008 ha disegnato il logo per la French Property Exhibition, una cosa riservata agli angli francofili, il cui logo è questo:

Il font, in effetti, è proprio diverso. E c’è anche il bagliorino.

Interpellati a tal proposito, il Ministero tace e Antonio Romano, presidente di Inarea (società peraltro, guardando l’elenco clienti, piuttosto addentro un certo sistema), su un pessimo magazine dice: “Se avessimo voluto copiare, avremmo modificato qualcosa (…) Guardi, ci sono molti casi di affinità da marchi. ma ammetto che il nostro è un caso da Guinness dei primati”. Certo.

In attesa di sviluppi (chissà, qualcuno che magari dice sì, abbiamo copiato, ci avete scoperto, accidenti a noi invece che invocare il record dei record), io mi candido prontamente a sostituire il logo in caso il Ministero avesse un rigurgito d’orgoglio.
Ecco le mie proposte, ci ho passato le notti a disegnarli per cui di certo merito la gloria anche io:

A me piacciono.

là dove la filosofia spiega la musica per sempre

Aristotele, un signore che praticava l’esercizio del pensiero più in profondità di quasi chiunque altro prima e dopo, mica un debole Vattimo toccato in sorte a noi schiapponi, un giorno decise – tra i suoi innumerevoli interessi – di fare un’incursione nel mondo della musica.
La musica del suo tempo, diciamo, forniva non troppe variazioni sul tema, ossia poteva essere una melodia di canto e accompagnamento con il flauto (musica aulodica) o solamente con il flauto (auletica), il che non fa però alcuna differenza con il nostro contemporaneo: sempre musica è, ed è un po’ questo il bellissimo della cosa. Comunque, deciso a sviscerare alcuni aspetti relativi alla musica, più precisamente all’armonia e alla sua fruizione, scrisse i “Problemi musicali” (ΟΣΑ ΠEPI APMONIAN) e, come sempre, colpì nel segno. Perché la filosofia è pensiero e non sbrodolata (arivedi i nostri tempi tragicamente sbrodoloni).

Dalla prima frase, la prima soltanto, dell’ΟΣΑ ΠEPI APMONIAN si potrebbe trarre la migliore definizione mai sentita di musica e spiegare, così, tutto quanto era, è e sarà. Chi pensa di averne di migliori è un pazzo. Ecco la prima frase o primo problema:

Serve altro?