lui più di tutti? qualche numero non a caso

Sproloqui: il numero dei processi cui è stato o è sottoposto quella maledizione in forma umana che è l’attuale presidente del consiglio, e le relative sentenze. Lui spara cifre variabili ma tutte assurde, Bonaiuti pure (centonove, pochi giorni fa) e i parenti e i relativi uguale.

E’ il caso di fare un breve riepilogo, ad usum memoriae (mi si perdonino le inevitabili imprecisioni di dicitura, non sono leguleio, si badi alla sostanza).

Assoluzioni con formula piena:

  • Sme-Ariosto/1 (corruzione dei giudici di Roma);

assoluzioni con formula dubitativa:

  • fondi neri Medusa;
  • tangenti alla Guardia di Finanza;

assoluzioni grazie al fatto che il governo Berlusconi ha riformato e depenalizzato il falso in bilancio:

  • All Iberian/2;
  • Sme-Ariosto/2;

prescrizioni per “attenuanti generiche” ma con riconosciuta colpevolezza:

  • All Iberian/1;
  • caso Lentini;
  • bilanci Fininvest 1988-’92;
  • fondi neri nel consolidato Fininvest;
  • causa Mondadori;

estinzioni del reato e cancellazione della condanna grazie ad amnistia:

  • falsa testimonianza (iscrizione alla P2);
  • falso in bilancio (terreni di Macherio);

processi in corso:

  • corruzione in atti giudiziari per l’affare Mills;
  • frode fiscale per i diritti tv Mediaset;
  • appropriazione indebita nell’affare Mediatrade;
  • concussione e favoreggiamento della prostituzione minorile.

Il totale, dunque, fa sedici. E le assoluzioni con formula piena, una.
Un po’ pochino per uno che dichiara: “In assoluto [sono] il maggior perseguitato dalla magistratura in tutte le epoche, in tutta la storia degli uomini in tutto il mondo. [Sono stato] sottoposto a 106 processi, tutti finiti con assoluzioni e due prescrizioni” (10 ottobre 2009).
Non se ne può davvero più. Imploro chiunque e chicchessia: basta. Pietà.

intervallo: muoio per te

Dramorama: una famigliola di porcelli da presepe si dirige un po’ sottomessa verso il proprio destino, a capo chino ma volentieri, se ciò è per Ruggeri; Ruggeri da par suo, in formato storico bidimensionale e bicolore, aspetta con tutta la compagine la venuta della materia prima, che considera amici e sodali prima che carne. Il tutto è sormontato dalla Grande Mortadella dell’Avvenire, che sorge grandiosa alle spalle della scena artigianale e getta speranza sul futuro alla luce di ciò che è stato. Inarrivabile.

(locandina fotografata su una vetrina di una salsamenteria romana, ma mi sa che Ruggeri è mantovano).

non si fanno mai le domande giuste

Da alcuni giorni, cercando di raccapezzarmi nella vicenda FIAT, una domanda mi gira per la testa.
Ma non la devo fare io, la dovrebbe fare lo Stato (il governo, meglio). E la domanda è: “Caro Marchionne, sopravvoliamo pure sul fatto che fate macchine dimmerda, ma una cosa devi dirci: che ce ne facciamo di tutte ‘ste macchine?”.

Stamattina, per fortuna, scopro che la domanda non è peregrina:

poesia: ed è record

Il cardinale Mezzofanti, Giuseppe Gasparo per gli amici bolognesi, fu linguista d’eccezione nel secolo decimonono, al punto che si rammaricava di saper soltanto leggere il sanscrito, il malese, il tibetano, l’islandese, il lappone, il ruteno, il frisone, il lettone, il cornico, il quechua, il bambara (che, per i pochi che non lo sapessero, deriva dal mandingo orientale) e di non saperli parlare. Se lo avesse saputo fare, il suo bagaglio di lingue parlate correntemente sarebbe passato da trentotto a quarantanove. Senza contare i dialetti. Sciapò.
Ma non è questo che costituisce il record. Il Mezzofanti scrisse un sonetto poeticamente valido fino a un certo punto ma che, linguisticamente, costituisce un valico insormontabile per i posteri: il sonetto monosillabico. Eccolo, con le rime tutte a posto:

A
me
la
fe’
dà,
se
da
te
l’ho,
be’

i
mie’
dì!

Difficile fare meglio, resterebbero le singole lettere con risultato discutibile. Una traduzione approssimativa potrebbe essere: “Dammi la fede, se da te l’avrò, farò belli i miei giorni”. Teologicamente e stilisticamente ineccepibile.
Se la torre di Babele fosse stata costruita due secoli fa, noi avremmo potuto mandare il solo Mezzofanti, facendo pure bella figura.

trivigante vs. la Chiesa: l’obolo di San Pietro

All’angolo sinistro, con i pantaloncini rosso-sovietico e i guantoni dell’Uomo Tigre, trivigante, peso piuma. All’angolo destro, con i pantaloncini di velluto damascato e i guantoni di scroto di balena, la santa romana Chiesa una-e-indivisibile, peso ultramassimo (uooooah, esulta il pubblico).

Nella ripresa di oggi: l’obolo di San Pietro.
«Si chiama Obolo di San Pietro l’aiuto economico che i fedeli offrono al Santo Padre, come segno di adesione alla sollecitudine del successore di Pietro per le molteplici necessità della Chiesa universale e per le opere di carità in favore dei più bisognosi», dicono loro qui. L’obolo, che risale all’ottavo secolo, è un’offerta libera che i fedeli fanno direttamente al papa, su conto corrente apposito (75070003) o via carta di credito, e che la chiesa redistribuisce a sostegno delle opere della missione della chiesa stessa e delle opere di carità.
Per averne un’idea, il gettito 2007 è stato pari a 79.837.843 dollari, nel 2008 pari a 75.785.574 dollari. Quasi un uppercut fatale per me.

B16 nella sua prima enciclica, Deus caritas est (25 dicembre 2005), disse: “La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti e, d’altra parte, non ci sarà mai una situazione in cui non occorra la carità di ciascun singolo cristiano, perché l’uomo, al di là della giustizia, ha e avrà sempre bisogno dell’amore”, parlando ovviamente anche dell’obolo.
Sto perdendo, come sempre, ma ho il colpo pronto: attendo, attendo, eccolo.

Una parte cospicua dei proventi derivanti dall’obolo di San Pietro viene devoluta in beneficenza: ossia, soldi provenienti da donazioni vengono devoluti ai bisognosi. Pare giusto. Una delle forme della beneficenza vaticana è il cosiddetto “Prestito della speranza”, vale a dire che le parrocchie segnalano all’ufficio competente delle famiglie bisognose alle quali viene assegnato il Prestito, che equivale a cinquecento euri al mese. Attenzione alle parole, però: si chiama “prestito” e tale è. Non si tratta di un regalo, affatto, ma di un prestito che va restituito – e qui arriva il mio gancio destro – con l’interesse del 4,5%. Ovvero, per i duri di comprendonio, soldi ricevuti in donazione vengono prestati a interesse a porelli. 270 euri ogni seimila ricevuti in prestito, la cosa a me pare disgustosa. A dir poco.

Se, per dire, io entrassi nella prima filiale della prima società finanziaria che incontro, e chiedessi seimila euri in prestito per un anno, il risultato sarebbe questo:

Ventisei euro in più di quanto richiede la santa madre Chiesa. Complimenti vivissimi.
Mai come in questo caso la parola carità, “l’amore disinteressato verso dio e il prossimo”, è utilizzata a vanvera: senza interesse, appunto. Viva la carità del bancario, dunque, e questa brutta bestia che ho di fronte, nonostante i miei poderosi pugni al limite della cintura, non mostra alcun segno di cedimento.
La prossima ripresa, magari, la mordo all’orecchio.

francis il muro parlante: rubare ai richi

Scrivere sui muri è arte sopraffina e dovrebbero farlo solamente coloro che sanno ciò che scrivono.
E questo è un caso limite, tra so e non so: un uomo del popolo, derubato e vessato dal signore locale che pretende tributi e ius primae noctis, invoca dunque l’eroe (o l’erore) che ruba ai richi per dare ai povereli, insieme a Litle John e buona note ale dopie.
Ma non importa, nessun si faccia beffe degli errori: la scritta, datata da me con il carbonio 14, risale almeno ai primi Settanta, di poco posteriore al muro che la sostiene, e commuove per il significato e la leggerezza intrinseca. Viva.

Altrimenti bastava che Eichmann si vestisse da pagliaccio

Puro genio del titolista odierno del Corriere, uomo sensibile con dentro un ragazzino:

Non ha visto “It”, chiaramente.

pleiliste: i cinque dischi del duemilaedieci

Come usano fare le rivistine sofisticate, anche noi ci dilettiamo con le pleiliste musicali. Anzi, a dire il vero c’è una lunga tradizione in questo senso da queste parti (qui), per cui potrei dire che sono loro ad aver copiato noi.
In ogni caso, una consuetudine che si cerca di rispettare è la pleilista dei cinque dischi più ascoltati dell’anno – in questo caso il 2010 – che serve per memoria e ispirazione altrui. Quindi, perché mancare l’appuntamento? Ecco quattro pleiliste appena sfornate:

trivigante:
Jack Johnson – To The Sea (2010)
Magneta Lane – Gambling With God (2009)
Metric – Fantasies (2009)
The Futureheads – The Chaos (2010)
The Kills – Midnight Boom (2008)

pazoozo:
Aṣa – Aṣa (2007)
Bob Marley & The Wailers – Uprising (1980)
Christina Perri – The Ocean Way Sessions (2010)
Ettore Giuradei & Malacompagine – Panciastorie (2005)
Them Crooked Vultures – Them Crooked Vultures (2009)

dj enzio:
Charlie Winston – Hobo (2009)
The Fall – Your Future Our Clutter (2010)
Art Blakey & The Jazz Messengers – Roots&Herbs (1961)
Led Zeppelin – House of the Holy (40th Anniversary Edition, 2008)
The xx – xx (2009)

gnappolo:
Acusmatic Group – Pilot (2009)
Badly Drawn Boy – It’s Not What I Am Thinking (2010)
Il Teatro degli Orrori – A Sangue Freddo (2009)
Max Gazzè – Quindi (2010)
Offlaga Disco Pax – Prototipo (EP, 2010)

Ovviamente cinque non basterebbero, ma il gioco è proprio quello.
Se qualcuno ha cinque titoli sulla punta delle dita, suggerisca pure.

eppi niu iar

dorico, ionico o corinzio?

Solitamente non sono facile agli entusiasmi in campo natura-microscopica, ma questo fiocco di neve ingranditissimo mi ha entusiasmato:

L’unità di misura è letterastrana-millimetri.