foss
FOSStituire il possibile
di gnappolo.
Oggetto
Il FOSS è software innanzitutto “libero”. In inglese si dice “free”, parola con doppia accezione, che in questo caso non denota solo la gratuità (come in “free drinks”), ma la sostanziale libertà (come “born to be free”) da parte dell’utente di usare e migliorare il software stesso. Per la maggior parte di noi normali utilizzatori, avvezzi all’uso di programmi generalmente “free” o “shareware” (puoi provarli per un tempo limitato, poi devi pagarli) e occasionalmente dediti alla pirateria spicciola, questa “libertà di modificare” il software è di fatto quasi ininfluente. Se non mi metto a cambiare il cuore di un programma, di fatto posso ancche ignorare con quale tipo di licenza è distribuito… E qui casca l’asino. In realtà la maggior parte dei programmi “commerciali” (anche se gratuiti) si fondano su brevetti e sistemi “proprietari”, sui quali si è giocato e si giocherà la partita per il potere sulla rete e nell’informatica globale (l’esempio di Internet Explorer è noto a tutti). In questa partita ci sono pesci(cani) enormi e plancton, piccole software house one-man che producono UN solo programma di nicchia mantenendosi grazie agli utenti onesti che paganno le licenze (chapeau). Ma la partita è ormai approdata su un altro piano, ha cambiato tavolo perchè nel frattempo è avvenuta una rivoluzione epocale: i programmmi (ma anche le enciclopedie, i documenti, gli help ecc.) vengono costruiti “anche” da intere comunità di appassionati, da gruppi di programmatori dispersi sul pianeta che “insieme” lavorano a ottimizzare e migliorare i programmi.
Effetti
Il software Free o Open Source ha un grande vantaggio intrinseco: chiunque può modificarlo e migliorarlo, a patto di rendere la nuova versione disponibile e liberamente usabile (di fatto non può “appropriarsene”). Questo aspetto consentte il coinvolgimento di numerosi programmatori che in forma comunitaria e devolvendo anche solo qualche ora del loro tempo libero (per passione o per migliorare le proprie capacità professionali) hanno potenze di fuoco che molte software house non possono permettersi. Ecco il primo pilastro della rivoluzione, che per me è fondamentale, e non è più un tabù: molto software FOSS è qualitativamente pari o migliore del software “commerciale”. La qualità non è più proporzionale al costo di un software. La qualità è stata liberata, ed è diventata oggettiva. la qualità del software FOSS deriva anche da un diverso approccio (vedi anche il terzo pilastro), derivato dal mondo Linux: in linea di massima, ogni “aggiornamento” deve girare meglio della versione precedente sullo stesso hardware: non dobbiamo cambiare computer per far girare il nuovo programma! Questo vale ddi sicuro per i sistemi operativi tipo Linux, un po’ meno, ad esempio, per OpenOffice. Ma vale.
Il secondo pilastro della rivoluzione è che il FOSS esce da vere e proprie “comunità” di programmatori, con diverse implicazioni: la natura dei programmi è davvero “libera” nel senso che non sono piegati a logiche commerciali “strumentali” ad altri disegni di potere (come alcuni cosiddetti “standard” imposti da Internet Explorer, che tutto sono tranne che standard). Importa solo che i programmi funzionino bene e rispondano alle esigenze degli utenti. Il supporto e il contatto con gli utenti è più diretto, così capita (l’ho visto con i miei occhi nel caso di Ubuntu) che se hai bisogno di una certa funzione la segnali (add es. su un forum) e se viene condivisa da altri ci si lavora, e alla prossima versione voilà, te la ritrovi bella e pronta!
Terzo pilastro è che l’accessibilità del FOSS non si limita ai programmi, ma anche ai formati. Scegliendo di salvare documenti in formati liberi e aperti, questi diventano modificabili da qualunque programma, non solo con quello “proprietario” del software. Esempio: se creo un lavoro con CorelDraw 11 (un diffusissimo software di grafica) lo salvverò con il “suo” formato, il CDR. Se passo il file a un utente che ha la versione 9, lui non riesce ad aprire il file. Deve installare la 11 (e pagarla). Lo stesso succede con Word, Excel, ecc. I Formati Liberi al contrario rendono possibile l’accesso ai nostri dati da qualunque programma o versione. Vuoi mettere?
L’obiettivo dell’accessibilità riguarda anche la lingua (in informmatichese si chiama “localizzazione”). Grazie al lavoro di decine di appassionati, moltissimi software FOSS sono stati interamente tradotti e sono disponibili in molte (moltissime) lingue. Provate a vedere quante versioni “localizzate” esistono di OpenOffice o Notepad++…
Quarto pilastro: la gratuità. Il software libero è una risorsa, perchè (banalizzo) è sempre meglio dedicare il PIL alla salute dei cittadini piuttosto che a pagare licenze software. La portata è devastante se questo ragionamento lo trasferiamo a livello globale, dove l’80% della popolazione mondiale fatica ad accedere alle risorse (di cui dispone nella misura del 20%).
Colore
Barack Obama diventa presidente e dopo pochi giorni incarica uno dei massimi esperti di informatica a livello planetario (Scott McNealy, co-fondatore di Sun Microsystems, che ci ha “regalato” Java e Open Office) di esplorare le potenzialità dei programmi Open Source per l’Amministrazione. Obiettivo: ridurre il carico delle licenze sui software pagati dagli USA, chhe ammonta a XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXx decine di miliardi di dollari. A quanto pare Obama all’Open Source ci crede! Nel frattempo dall’altra parte dell’oceano il Min. Brunetta sigla un accordo con Microsoft, per “digitalizzare” le strutture pubbliche a costo zero. Si, con Microsoft. Si, “a costo zero”. E noi ci crediamo…
indice:
1 – il media player
2 – il text editor
3 – comprimere
4 – comunicare
4.2 – comunicare/l’accesso alla rete
5.1 – gamez!/UT
5.2 – ancora gamez!
6.1 – masterizzare et similia
6.2 – convertire file immagine ISO
7 – le cose tipo Office
7.2 – le cose tipo Office
7.3 – altre cose tipo office: i PDF
8.1 – grafica per tutti i giorni