Dopo il quarantottesimo, il quarantanovesimo era probabile che sarebbe successo: il cinquantesimo dodici dicembre.
Questa sopra è piazza Fontana, ossia la Banca nazionale dell’agricoltura, poco dopo lo scoppio. Poi ci sarebbero stati gli anarchici, Valpreda, la questura, Pinelli, Guida e Calabresi, il volo dalla finestra, i depistaggi e un incubo che oggi compie cinquant’anni.
Giuseppe Pinelli, se non l’avete mai visto. Sua moglie, Licia Pinelli, ha parlato forse due volte in questi decenni, si è però lasciata convincere da Piero Scaramucci a lasciarsi intervistare a lungo, Una storia quasi soltanto mia, per raccontare la propria storia. Una storia quasi solo sua, come dice giustamente il titolo, sia perché la famiglia era la sua, distrutta, sia perché Licia e le due figlie furono lasciate da sole dalle istituzioni e, non bastasse, insultate dalle volgarità e dalle falsità dette su Pino, fino ai nostri giorni. Un libro ricco di storia e di umanità, ne parlavo qui e mi sento di dire che andrebbe letto.
Oggi ci sono finalmente delle placche in piazza Fontana che dicono chi è stato a mettere la bomba: Ordine nuovo. I fascisti. Cinquant’anni per trovare il coraggio di metterle. Il sindaco Sala ha chiesto scusa alla famiglia Pinelli, che è un gesto dovuto da moltissimi anni.
Continuiamo a fare memoria, soprattutto ricordando chi era dalla parte giusta e chi da quella sbagliata. E chi ancora oggi lo è.
Fino al 20 dicembre, alla Casa della Memoria di via Confalonieri 14 a Milano è esposta la mostra fotografica “17 graffi. Piazza Fontana 50°”, che ricorda le diciassette vittime della strage con gli oggetti ritrovati nella banca. Perché ogni cappello, ogni ombrello, ogni cappotto era una persona.