Bene, partiti. Altro che percossa e attonita, la terra sta in auto e in giro, altroché. E riemergono pure i sepolcri imbiancati: «Nozze gay e aborto segni dell’Anticristo» tuona, insomma, tuonicchia Ratzinger, con il fare tipico del nonno rincoglionito in fondo alla tavola del pranzo domenicale. «Ai tempi miei…» quando già si sta parlando di altro argomento, al massimo qualche cognato gentile che non distoglie lo sguardo per qualche secondo, annuendo con la testa. Poi il papa emerito capisce e dice: «Mi vogliono eliminare», immagino lui intenda «zittire», e invece io qui devo dire che ha ragione: lo vogliamo eliminare. Eccome. Specie se continua a prodursi in tali uscite non richieste, né dal Vaticano né, tantomeno, da me. Momento adatto, tra l’altro, per portare l’attenzione sui matrimoni gay e sull’aborto, dato che non si hanno argomenti di dibattito al momento. Nell’ambito delle iniziative solitarie non ho parlato, qualche giorno fa, della sortita della Regione Calabria, nella figura della sua governatrice, minuscolo voluto, Santelli, quella che «non l’ha mai data» al presidente emerito di Fininvest. Bene, per smarcarsi dall’angoletto geografico e politico in cui si ritrova, ha annunciato con delibera depravata che in Calabria i ristoranti e i bar sarebbero stati aperti fin da subito. Ottima idea, giustificata peraltro dalla situazione solida della sanità calabrese, che permette qualunque iniziativa in questo senso. Il governo diffida e lei si è guadagnata la pagnotta, conquistando i titoli per qualche giorno. La cosa da segnalare, è che i cittadini pur legittimati i bar e i ristoranti non li hanno aperti, vuoi per calcolo economico, spese a fronte di assenza certa di clienti, vuoi per buon senso civico e sanitario. Sarà come al solito un po’ e un po’, mentre Santelli pende tutta da una parte sola. Nel frattempo, bailamme dimenticabile: la Lega scende ancora, ammesso che questi sondaggi abbiano un senso, e finisce sotto il 25, il PD che come le lancette del famoso orologio è rimasto fermo, lo tallona a due punti. Potrebbe esserci pure il sorpasso, se il centrosinistra riesce a stare fermo. Ma non è scontato. Trump va a visitare una fabbrica di mascherine senza la mascherina (neanche gli altri ce l’hanno, a onor del vero). Johnson spiega come ci fossero dei piani in caso lui non ce l’avesse fatta in terapia intensiva, «come con Stalin», dice improvvidamente, essendo ben altra la statura. Sciocchezze.
Una signora con un bel mazzo di fiori come icona saluta cordialmente Salvini di prima mattina.
I dati dicono che i morti e i contagi continuano a calare e noto che la notizia non tiene più la testa dei giornali: ora è a metà delle pagine online o ancora più in basso. Attenzione, verrebbe da dire, perché è vero che parliamo di un futuro ancora imprevedibile ma quel futuro, che forse cominceremo a vedere tra due o almeno tre settimane, potrebbe essere già tra noi. Che, a esser precisi, stiamo ora guardando il passato. Spero di essere stato comprensibile, parlo di contagi e di incubazione, diciamo quattordici giorni. Nel frattempo si parla di maturità, di alberghi che non riaprono, di test sierologici che chi può fa a pagamento per scoprire che la malattia già se l’è fatta a dicembre, di tamponi in numero crescente, di come la moda ha intenzione di coccolare le donne dopo questo periodo di reclusione brutto e di come Dolce e Gabbana dicano che è il momento del FattoinCasa (magari fino al 4 sì, ora sarebbe proprio il momento del FattoFuori, ma cosa ne capisco io di moda?) e di proposte a vanvera o meno su come concludere tutto ciò che non si è concluso o come svolgere tutto ciò che non si è potuto svolgere. Esempi: campionati vari (partite più brevi, calcolo della classifica eccetera), giri ciclistici, olimpiadi e così via. La società di basket con cui sono abbonato – e mi devono parecchie partite – mi scrive per sapere se ho intenzione di devolvere la quota non usufruita del mio abbonamento alla società stessa, ai fini della (loro) ripartenza. Ve lo sognate, carini, col binocoletto.
Al momento è solo baccano, il pollaio si è aperto ed è starnazzamento. Beh, non era difficile da immaginare, bravo chi pratica il silenzio e fa quel che deve.
I giorni precedenti:
giorno 58 | giorno 57 | giorno 56 | giorno 55 | giorno 54 | giorno 53 | giorno 52 | giorno 51 | giorno 50 | giorno 49 | giorno 48 | giorno 47 | giorno 46 | giorno 45 | giorno 44 | giorno 43 | giorno 42 | giorno 41 | giorno 40 | giorno 39 | giorno 38 | giorno 37 | giorno 36 | giorno 35 | giorno 34 | giorno 33 | giorno 32 | giorno 31 | giorno 30 | giorno 29 | giorno 28 | giorno 27 | giorno 26 | giorno 25 | giorno 24 | giorno 23 | giorno 21 | giorno 20 | giorno 19 | giorno 18 | giorno 17 | giorno 16 | giorno 15 | giorno 14 | giorno 13 | giorno 12 | giorno 11 | giorno 10 | giorno 9 | giorno 8 | giorno 7 | giorno 6
Mascherina sì, mascherina no
Cambia ancora la normativa lombarda. O meglio, era cambiata ancora l’altro ieri ma io non me ne ero accorto. Giusto un attimo prima del presunto “liberi tutti” del 4 maggio, infatti, il nostro Presidente Fontana ha ritenuto di correggere parzialmente il tiro su alcuni aspetti, tra cui anche quello relativo all’uso delle mascherine. In Lombardia, si diceva, sono obbligatorie anche all’aperto. È però adesso intervenuto l’art. 1, comma 1, dell’ordinanza 539 del 3 maggio 2020 a precisare che “Per coloro che svolgono attività motoria intensa non è obbligatorio l’uso di mascherina o di altra protezione individuale durante l’attività fisica intensa, salvo l’obbligo di utilizzo alla fine dell’attività stessa e di mantenere il distanziamento sociale”.
Tralasciando il drafting normativo tutt’altro che esemplare (“attività motoria” e “attività fisica” sarebbero la stessa cosa? Se no, in cosa si differenziano? Se sì, perché utilizzare locuzioni diverse nello stesso periodo) e le inevitabili incertezze nel definire cosa sia da considerare “intenso” (al di là della vaghezza quantitativa, una certa attività motoria/fisica/sportiva sarà da considerare tale intrinsecamente oppure in relazione a chi la effettua, così da dover riconoscere “intensa” anche la camminata del novantenne cardiopatico?), la sostanza della scelta mi lascia alquanto perplesso.
Ma non sono proprio quelli che svolgono attività motoria intensa – tipicamente sudati e poco in grado, presi come sono dalla furia sportiva, di trattenere eventuali colpi di tosse, starnuti, sputacchi et similia – i soggetti che hanno più probabilità di trasmettere inavvertitamente il virus ai malcapitati che incrocino il loro percorso? Si dirà che resta l’obbligo di distanziamento sociale. Ma per un verso non si capisce come mai, se bastasse quest’ultimo a evitare ogni pericolo, si potrebbe giustificare l’obbligo di mascherine per chi svolge attività motoria non intensa; per altro verso, poi, il distanziamento è tanto più difficile da tenere proprio per coloro che svolgano attività fisica intensa in spazi anche solo minimamente frequentati.
Anche qui speriamo nel buon senso, nostro e del prossimo, per una applicazione spontanea e ragionevole della normativa. Detto questo, quando ieri osservavo infastidito runners e bikers madidi e vocianti senza alcun dispositivo di protezione addosso, avevano ragione loro. Anzi no, perché quei depravati che ho incontrato erano fermi (attività motoria terminata: scatta di nuovo l’obbligo di mascherina! Ma che dire delle sospensioni temporanee? Se corro come un matto e poi mi fermo 30 secondi per rifiatare vado esente oppure no dall’obbligo di protezione?) e comunque stavano chiassosa in compagnia (in spregio all’obbligo di distanziamento di sicurezza).
Sono queste le dotte riflessioni giuridiche che effettuo durante una giornata in cui il momento più alto fino a un istante fa è stata la visita a mia madre, che non vedevo da più di un mese e alla quale sono riuscito a portare la spesa, fermandomi una ventina di minuti per una chiacchiera “a norma di legge”. Dicevo, questo fino a un attimo fa, perché capitando sul sito del Governo in cerca di nuovi provvedimenti coi quali saziare la mia fama di nuove fonti del covidiritto mi sono imbattuto in una notizia che conferisce all’oggi tutto un altro senso. Per la nostra rubrica “forse non tutti sanno che”, infatti, il 5 maggio – oltre a essere data esecrata da generazioni di studenti per colpa del Manzoni – è ora ufficialmente la Giornata mondiale dell’igiene delle mani, ricorrenza istituita “per ricordare l’importanza di questo gesto semplice, ma essenziale, nella prevenzione delle infezioni trasmissibili, soprattutto negli ambienti ospedalieri e di cura”. Profilassi cruciale quasi quanto quella di non mandare i malati di covid nelle RSA.