È di ieri la notizia che il prossimo salone del libro di Torino sarà via streaming, quindi avremmo detto qualche anno fa «virtuale». Insomma, non ci si va, ci si collega e si segue da casa, come ultimamente ci stiamo abituando a fare.
L’editoria, dunque, ragiona e si adegua alla nuova situazione, potendolo fare più di altri settori tipo, per dire, l’industria produttrice di cannoni. Anche dal punto di vista delle pubblicazioni il tema è caldo e, di conseguenza, bisogna cominciare ad avere qualche titolo in catalogo. Le case editrici più piccole, più agili e versatili, ne approfittano e, come Piemme per esempio, pubblicano al volo dei librelli, instant books, di non più di cento pagine e, quindi, di sforzo e costo modesto, in formato elettronico prima che cartaceo. Alcuni sono semplicemente cronaca – a saperlo, mettendo insieme il mio minidiario ne avrei fatti almeno due! – e altri propongono anche qualche minima riflessione, nonostante la contemporaneità spinta del fenomeno. Poi c’è qualche riciclo, secondo me, cui è stata aggiunta la parte sul covid-19, vedi «Mafie e pandemia» qui sotto. Suggerisco, presto!, anche «La divina Commedia e la pandemia», «Cinquanta sfumature di grigio e pandemia» e il supremo, meraviglioso «Utopia e pandemia» di Thomas More. Eccellente.
Ciò che è eccezione per le case editrici piccole, è la norma per quelle più grandi: essendo più lente e, solitamente, offrendo prodotti più accurati, per agire in tempo devono sfrucugliare quello che già hanno, magari qualche saggetto non troppo dissimile per argomento o qualche tipo di trattazione cui può essere incollato il titolo d’attualità. Immagino, ma sto andando per supposizioni e cazzeggiando perché mica ne ho letto nemmeno uno di questi, che la Di Cesare, filosofa stimata, stesse scrivendo un saggio sul capitalismo e abbia virato in corsa trovando l’aggancio con il virus sull’«asfissia», come sintomo e metafora, se no sfugge il senso tra titolo e sottotitolo. Stessa cosa per la raccolta di saggi di Teseo, probabilmente il filo conduttore è davvero flebile. Suggerisco anche per loro: «Comincia il libro chiamato Decameron, cognominato prencipe Galeotto, nel quale si contengono cento novelle in diece dì dette da sette donne e da tre giovani uomini al tempo del coronavirus».
Come già visto nei giorni scorsi con Andrew Taylor e la sua «The lockdown session» e DaBaby con «Blame It On Baby», anche il settore musicale di adegua e prende atto della realtà. In questo caso è facile farlo, se si pigliano delle raccolte, si inventa una collana, in questo caso «Work from home with…» e poi un nome a piacimento, si fanno un po’ di copertine e via, è fatta. Evans, Gilberto, Jobim, Getz e così via per stare alla Verve, che ha un ricco catalogo, ma con altra casa anche Zimmer, autore di milioni di colonne sonore di film di successo. In questo caso, il richiamo allo smart working è evidente fin dalla copertina: computer, caffè, penne per lavorare e lo svago della musica (che sarebbero i popcorn). Tutta roba già pronta. Ma ce ne sono ancora e ne usciranno a breve, per esempio gli Orleans con il loro soft rock seguono la scia, non ne riporto la copertina perché non è rilevante in questo senso.
Più serio Einaudi che pare avere composto qualcosa davvero da casa, approfittando della reclusione. Certo, ovvio che la tranquillità dello stare in casa in modo forzato favorisca più alcune professioni, diciamo creative, rispetto ad altre, i piloti di elicotteri per esempio. O i posatori di ponti.
Pian piano, perché serve giustamente tempo, le produzioni più serie, libri o dischi, prenderanno il posto di quelle più istantanee, sull’onda del momento. A quel punto sarà più difficile per me prenderli per i fondelli e, dunque, leggerò e ascolterò.