E vivere insieme è un po’ così: parecchie delle persone con cui ho modo di confrontarmi interpretano la riapertura in modo prudente e tendono a innervosirsi per quelli che considerano comportamenti irresponsabili da parte di molti, niente mascherine o messe male, vicinanza troppo vicina, assembramenti molesti, trascuratezza, disinteresse, maleducazione, assenza totale di senso civico. Perché fosse solo per loro, amen, ma qui la situazione ci tocca tutti e si ripercuote in modo omogeneo. Vero, c’è una certa quantità di gente che – come sempre, anche stavolta – non ha ben capito quali siano le precauzioni da seguire. Ma quanti sono? Difficile dirlo. Sono tanti da poter costituire un pericolo? Tali da far impennare i contagi? Viviamo circondati da idioti? Può essere, la tentazione di pensarlo a volte è forte, se non fosse che, di conseguenza, noi siamo gli idioti di qualcun altro. Stavolta, come non mai, è questione di percezione. Intendiamoci, gli idioti, o i banditi per restare alla felice catalogazione di Cipolla, ci sono eccome, e non sono pochi. Ma non sono nemmeno così tanti come la comunicazione attuale vorrebbe farci credere, hanno di certo una visibilità e un effetto ampiamente superiori alla consistenza reale. Alcuni meriterebbero senz’altro il calare della vindice spada della Giustizia, altri avrebbero solo bisogno di un lungo corso di educazione di base, tipo il mio vicino camionista, e di qualche vergata da qualche vecchia suora nera che gli insegni il senso del peccato. Ora molto più del solito è difficile valutare, sia perché l’angolo di visuale è davvero ridotto, sia perché si presuppone che ogni comportamento individuale abbia una ripercussione collettiva, sia perché si tende a notare il comportamento irragionevole tralasciando tutti gli altri, persino più rilevanti numericamente. Che poi, irragionevole, intendiamoci: il parametro generale di giudizio è ovviamente sé stessi e ciò che in generale si discosta dalle proprie norme di comportamento e prevenzione è valutato come irragionevole o, peggio, scorretto. Può essere ma solo se uno è Abele o Gandhi (ma solo nella seconda parte della sua vita) o Giobbe o Fontana, che nulla sbagliano e ben si comportano, per tutti gli altri non vale. Infatti, e per questo durante la quarantena è capitato a tutti di notare come i comportamenti individuali in situazioni limite siano diversi anche tra amici, tra persone affini e che, di solito, si comportano in modo analogo e riscontrano posizioni comuni. I miei amici, cioè le persone da cui mi separa una distanza molto breve, non sempre hanno interpretato la situazione come ho fatto io e non sempre si sono comportati come avrei fatto io nella loro situazione. E non posso dire di aver capito, anzi mi sono stupito e li ho biasimati ma l’errore è mio. Siamo un enorme flipper di palline che sbattono di qua e di là, qualcuna finisce nel buco, qualcun altra fa punti, qualcuna gira del tutto a vuoto, ma il senso di tutto sta nel sistema complessivo – la scatola, il vetro e il Caso che preme i pulsanti – e nelle posizioni reciproche, c’è sempre qualcuno, a turno, che sta dove non dovrebbe. Questo, poi, è un vizio particolarmente praticato a sinistra, in Italia, individuare e deprecare i comportamenti individuali o collettivi della gente: politicamente si ama il popolo, per cui si fa la rivoluzione, ma presi come vicini di casa stanno anche abbastanza sulle balle. Se poi loro escono a prendere l’aperitivo in questi giorni e a noi tocca stare a casa, la rabbia monta.
I dati. Sempre il solito casino, oggi salgono i nuovi positivi e i decessi ma adesso si è capito che il martedì è così, per questioni di trasmissione delle informazioni e soprattutto per il numero di tamponi effettuati, che oscilla in modo molto significativo. Ma non tempestivo: una persona a me vicina ha sentito il proprio medico ai primi di marzo per difficoltà respiratorie, è stata congedata con qualche medicinale, se l’è sfangata come bronchitona o giù di lì ma nel frattempo il medico ha fatto partire la segnalazione. Con il monitoraggio efficiente che ci viene venduto dalla Regione Lombardia, l’hanno convocato per il tampone oggi, dopo più di due mesi. Nel frattempo, qualche giorno fa si era fatto il test sierologico, per sfizio, ed è risultato positivo. Al di là della situazione particolare, riesce difficile leggere dati costituiti da situazioni pregresse raccolti un po’ come capita. La situazione della riapertura, dopo solo due giorni, è variegata: alcuni esercizi, parrucchieri, estetisti, bar, venditori di barbecue eccetera, hanno ripreso immediatamente e, ovviamente, non lamentano perdite di clientela. Altri, legati magari agli uffici o al turismo, oltre ai cinema, i ristoranti e così via, vedono invece prospettarsi una situazione di crisi duratura. Aumentano le preoccupazioni sulla capacità di alcuni ministri del governo, specialmente quelli del m5s, di fronteggiare i prossimi mesi e la crisi economica più grave da decenni. Per questo, oltre al fatto che ciò si ripercuoterà nelle urne alle prossime tornate elettorali, alcuni chiedono un rimpasto, vedi per esempio il sindaco di Milano. Che però, mi si conceda, non ha proprio la fedina candida per quanto accaduto negli ultimi mesi e dovrebbe fare anche un rimpastino dentro sé stesso.
I giorni precedenti:
giorno 72 | giorno 71 | giorno 70 | giorno 69 | giorno 68 | giorno 67 | giorno 66 | giorno 65 | giorno 64 | giorno 63 | giorno 62 | giorno 61 | giorno 60 | giorno 59 | giorno 58 | giorno 57 | giorno 56 | giorno 55 | giorno 54 | giorno 53 | giorno 52 | giorno 51 | giorno 50 | giorno 49 | giorno 48 | giorno 47 | giorno 46 | giorno 45 | giorno 44 | giorno 43 | giorno 42 | giorno 41 | giorno 40 | giorno 39 | giorno 38 | giorno 37 | giorno 36 | giorno 35 | giorno 34 | giorno 33 | giorno 32 | giorno 31 | giorno 30 | giorno 29 | giorno 28 | giorno 27 | giorno 26 | giorno 25 | giorno 24 | giorno 23 | giorno 21 | giorno 20 | giorno 19 | giorno 18 | giorno 17 | giorno 16 | giorno 15 | giorno 14 | giorno 13 | giorno 12 | giorno 11 | giorno 10 | giorno 9 | giorno 8 | giorno 7 | giorno 6
Cocktail influenzale
Al termine di una giornata molto stancante, con varie riunioni online e una sessione d’esami (ovviamente telematica) a interrogare studenti a distanza nelle loro cucine, stanze da letto o studi improvvisati, sono letteralmente collassato davanti a una serie e, prima di addormentarmi, ho avuto la malaugurata idea di fermarmi una decina di minuti davanti a un programma di approfondimento politico. La tematica era ovviamente quella sempreverde del covid, sospesa tra l’aspetto sanitario e quello economico; il livello degli interventi mediamente non era neanche malissimo, soprattutto quando a parlare erano i cultori delle cosiddette scienze “dure” (biologi, chimici, persino medici, sebbene per lo più io esiti a considerare la medicina una scienza esatta), ma notavo che quando parlavano certi politici o rappresentanti delle cosiddette istituzioni venivo preso da un crescente nervosismo. Non tanto per quel che dicevano, ma per come lo dicevano: per la loro sintassi e anche per la loro prossemica. Soprattutto il loro linguaggio del corpo, infatti, mi trasmetteva un’insicurezza e una diffidenza singolari e apparentemente inspiegabili fin quando non sono andato a verificare chi fossero i parlanti. Uno è l’attuale Presidente dell’INPS (quello prima, per capirci, era Boeri), l’altro il Viceministro della Salute; preciso che entrambi parrebbero avere buoni curricula accademici e non dovrebbero essere dei totali sprovveduti, eppure (a me) epidermicamente sono subito parsi i classici “dilettanti allo sbaraglio”. Devo scrivere a quale area politica appartengono?
Il vindice popolo dell’aperitivo è risorto e arrivano i primi inviti ad andare a prendere un negroni al bar; gentilmente declino, anche perché sono le undici del mattino e poi devo interrogare alcune decine di studenti (poi mi pentirò amaramente di non aver preso quel negroni). Come suggerisce il mio amico C., medico agli Spedali Civili, meglio avere cautela per lo meno ancora una decina di giorni, quando si sarà definitivamente capito se e come avremo un’ondata di ritorno legata alla fine del lockdown. A questo punto, tra l’altro, le due settimane sono ormai passate (aggiungo incidentalmente che le due settimane paiono il tempo massimo di incubazione del virus prima che compaiano i sintomi; quello medio sono cinque giorni) e gli eventuali effetti dovrebbero iniziare a notarsi. Pare che non sia così e che la prudenza nel trarre le conseguenze da questo dato sia legata a ragionamenti di tipo (non virologico, bensì) epidemiologico, legati cioè non tanto al singolo individuo che contrae il virus in prima battuta, ma ai meccanismi collettivi di trasmissione su larga scala: su questo livello il ragionamento acquisisce maggior senso anche per un incolto come il sottoscritto.
Sempre C. aggiungeva che, secondo lui, barbieri e ristoranti (al chiuso) sarebbero da evitare fino almeno al prossimo anno e – qui un po’ tutti concordano – a ottobre sarà davvero complicato gestire la “vera” ondata di ritorno. Gli ho domandato perché, e la risposta non è affatto stata quella che mi aspettavo, vale a dire legata alla mancanza di tracciamento, di tamponi, di test sierologici o di reti territoriali di assistenza sanitaria. O meglio: certo, sì, c’è anche tutto questo. Il dato principale, tuttavia, secondo lui sarà la compresenza di covid e influenza: stessi sintomi, diagnosi differenziale molto, molto complicata.
Eh già, considerato che a prendere l’influenza sono milioni di italiani ogni anno mi immagino che non potranno sottoporre tutti a tampone a ogni starnuto o colpo di tosse (per quante volte, poi?): bel problema…