Dopo la prima superficiale disamina di dieci giorni fa, continuo a tenere d’occhio il mondo dell’editoria – libraria e musicale – per vedere che fa in tempi di covid-19. Catalogo questo, l’altro post e quelli futuri in ‘giocherelli’ perché ovviamente non ho letto nemmeno un libro e non lo farò, giudico tutto dalle copertine e dai sottotitoli, nella mia miglior tradizione critica. Via. Tra le case più attive, si segnalano ancora Piemme e Bollati Boringhieri: la prima è lanciatissima e spara fuori librelli piccoletti (le «molecole») su qualsiasi cosa e il coronavirus, immagino un po’ ricicciando quello che già ha. Se l’altra volta suggerivo anche «Utopia e pandemia», stavolta butto lì un «De monarchia e coronavirus» e, se l’autore è d’accordo, un «Prose della volgar lingua al tempo del coronavirus», in cui si affronta il problema della lingua della scrittura in tempo di pandemia. Più diretta Bollati Boringhieri che punta direttamente al cuore del problema tralasciando le incertezze, con un titolo dedicato al covid-19 senza rimestare il già rimestato, in apparenza. Bravi (sopravvolando decisamente sull’incipit del sottotitolo, «chi è questo coronavirus?» che nemmeno Quelo in trance agonistica).
A proposito di rimestamenti nel catalogo e uscite sull’onda del tema contagioso, Ponte alle Grazie merita un posto d’onore con l’ennesimo testo di Chomsky, nel quale – indovino – sarà stato fatto un cerca/sostituisci tra «governo», «potere», magari più probabilmente «guerra», e «pandemia». Non ne sono certo, dovrei leggerlo. Castelvecchi, invece, si affaccia con quello che pare essere un testo originale, uno sguardo d’insieme. Bravi?
Ma è un’illusione, perché invece si sono lanciati di testa dentro il tema caldo, altroché, un titolo per settore spaziando in tutto l’umano scibile. Mancano i canti popolari napoletani in tempo di coronavirus, l’arte della tessitura degli arazzi in tempo di coronavirus, la storia della pasta brisé in tempo di coronavirus e il tema della pandemia nelle opere degli espressionisti viennesi. Ma è solo questione di tempo, nutro fiducia.
Spazio poi al primo libro in autopubblicazione che ho incrociato – figuriamoci, saranno mille – «Omicidio al tempo del lockdown», romanzo giallo in cui, azzardo, il tema del delitto della camera chiusa potrebbe assumere nuovissime evoluzioni. Oddio, forse ho avuto un’idea brillantissima, potrei… Ma no, meglio cazzeggiare. Segnalo la ristampa di «Abisso» di Koontz con sottotitolo d’attualità (segnalo ai marziani che il romanzo è del 1981 e parla dell’arrivo nel 2020 del virus-arma letale Wuhan 400, anvedi), la prima edizione riportava invece la citazione: «Una lettura a vostro rischio e pericolo», spassosoni, attribuita allo stesso Koontz.
Non mancano le riviste: Vanity Fair ingaggia Sorrentino per un numero speciale, gli affida anche la copertina che lui riempie con una fotografia di Roma deserta, a dirla bene Trinità de’ Monti deserta di umani e ricolma di fenicotteri rosa. Lascio a esegeti che conoscano la materia l’interpretazione, a me oscura, la cosa più divertente di tutto è la nota in calce: «Questo numero non contiene interviste a virologi», che basterebbe per comprarla.
Ma la palma del riciclo del periodo, mi spiace dirlo, tocca di nuovo a Piemme che, sull’onda di Bonaccini che batte prima la destra, poi il virus e poi chissà che altro, magari i Meganoidi, ricicla titolo, copertina, foto del Bonaccini stesso e non oso aprire i due volumi, chissà che meraviglie.
Massimo risultato, minimo sforzo. O quasi, dai, le apparenze ingannano? Bonaccini contro Gozzilla, Bonaccini batte il cambiamento climatico, Bonaccini batte Chuck Norris. La povertà no, che l’ha già battuta Di Maio. Olè.