minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 95

Fatti vari: dopo la morte di George Floyd parte il furore in difesa degli afroamericani prima, poi dei diritti dei neri sfruttati e poi, con tutte le modalità già viste nel #metoo, la protesta diventa movimento, Black Lives Matter, e giù con il furore iconoclasta contro le statue. A Bristol viene divelta quella di Edward Colston, mercante anche di schiavi, e viene gettata nel canale. Negli Stati Uniti se la prendono di nuovo con quelle che sono rimaste di Colombo, una decapitata, una tirata in mare, a Milano con quella di Montanelli, reo di sfrontato possesso di dodicenne durante le guerre coloniali, fatto grave e per nulla nuovo. Vari gli arruffapopoli che cercano di mettere la firma sul movimento e che prevedono, finalmente, la fine di ogni ingiustizia. Bene, dico io, ma se esercito la memoria so che la pazienza umana è sempre inferiore al tempo e alla costanza che ci vogliono per queste cose, che immancabilmente finiscono per distrazione e altro interesse. Non che non servano, per carità, ogni passaggio è un pezzettino di ingiustizia in meno e di consapevolezza collettiva in più, ma certe cose le sento ormai ripetere a ogni assassinio di un nero negli Stati Uniti da parte della polizia. E nemmeno: uno ogni tanto, un po’ a caso, chissà com’è che avviene. E come per il già citato #metoo, la faccenda dilaga in ogni direzione, HBO ieri ha tolto «Via col vento» dal proprio catalogo perché espressione dell’America colonialista. E da noi, il Negroni? Lo vogliamo cassare? Nella furia vengono prese di mira le statue di Churchill, Hume, Jefferson e sa dio chi, da noi bisognerebbe cambiare tutta l’odonomastica delle strade, non per razzismo ma per insipienza (Bixio, Cadorna, Vittorii Emanuelii eccetera). Qualche bestialità al riguardo l’avrà scritta pure la Bibbia o Dante o Darwin. Al rogo. Perché racconto tutto ciò? Per dire che, essendo ormai il covid-19 dappertutto come prima ma ormai relegato, nelle teste, in sudamerica e in paesi che non ci interessano, ora ci occupiamo di altro. Sfogliando un giornale o scorrendo una pagina online, per le notizie della pandemia bisogna avanzare parecchio e se ne parla solo il relazione a un qualche fatto diverso: «Italiani. Tre su quattro andranno in ferie nonostante il virus». Meno male. Oppure in relazione al PM di Bergamo che ha convocato Conte, Lamorgese e Speranza per spiegare la questione della zona rossa di Alzano e Nembro, quando gli Interni mandarono soldati e poliziotti per provvedere e poi, chissà perché, non se ne fece nulla. Con meno clamore, Regione Lombardia ha rimosso il direttore generale della Sanità, Cajazzo, in quota Lega, per sostituirlo con Trivelli, uomo di CL. E tutto comincia a tornare a posto in Regione, com’era una volta il sistema formigoniano. Giova segnalare che il primo, rimosso, era un ex poliziotto della squadra mobile di Lecco, e qui gli interrogativi nella mia testa sorgono come funghi (mmm, poliziotto mobile direttore sanità mmm mmm), il secondo quanto meno era fino a oggi il direttore generale degli Spedali civili di Brescia. Da sempre CL fornisce uomini lottizzatissimi ma, almeno, con una competenza specifica, a differenza della Lega.

(Claudio Furlan – LaPresse)

Venendo alla pandemia vera e propria, la diffusione globale non rallenta, raggiunti i 7,2 milioni di positivi e 409 mila decessi, secondo la Johns Hopkins University. L’immunologo Anthony Fauci, intervistato da La Stampa, dice: «In autunno ci saranno nuove infezioni, l’Europa farebbe bene a sviluppare un vaccino», ma che vuole questo? Noi dobbiamo stabilire le regole del mare e delle discoteche, perché non guarda a casa sua? Che poi, tanto in autunno si sta già a casa, capirai. L’OMS ha fatto un certo casino, affermando ufficialmente prima che i contagi da asintomatici sono molto rari e poi affermando esattamente il contrario, avrà parlato uno stagista. I ricercatori e l’Accademia dei Lincei hanno avanzato una richiesta ufficiale per ottenere i dati di Regione Lombardia sui contagi per fare legittima e sacrosanta ricerca, dati che la Regione fornisce in modo già aggregato e, quindi, inutile o quasi per un ricercatore. Pare strano ma così è. In Europa, si può ormai dire che il caso di eccellenza nell’aver affrontato la pandemia è sicuramente la Germania, che non solo è andata meglio di noi ma di praticamente tutti, con misure di isolamento relativamente allentate. Con più di 184.000 casi di coronavirus confermati, ma solo 8.736 decessi, da metà maggio i tedeschi vivono in modo pressoché normale, sconsiglio di cercare immagini perché viene la verde invidia, ovvero a bere le birrette insieme sulle sponde dell’Elba e a guardare le partite di campionato. Grande sistema sanitario (loro sì, non quello lombardo sbandierato ai quattro venti), grande efficacia degli interventi della Merkel, di formazione scientifica e quindi capace di comunicare serietà e tranquillità, comunicazione chiara e razionale del governo ai cittadini, da cui discende il rispetto generalizzato delle regole, nel momento peggiore della crisi hanno messo in piedi un sistema nazionale che può eseguire fino a un milione di test diagnostici per covid-19 al giorno, patapum!, e portato i posti di terapia intensiva da dodicimila a quarantamila. Di cui ne hanno usati la metà. Peccato che son tedeschi.

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Un commento su “minidiario scritto un po’ così dei giorni di reclusione causa cojonivirus: giorno 95

  1. Dov’era Gondor?

    Mi sveglio, prendo in mano il telefono, lo accendo e in quello stesso istante arriva una telefonata; mentre rispondo arrivano altri due messaggi e da lì in avanti resto al telefono ininterrottamente per quasi due ore. Nel frattempo faccio colazione, guardo le varie caselle di posta elettronica e qualche giornale online, monto un’intervista (io sono l’intervistatore, l’intervistato è al telefono con me e guardiamo insieme il testo), spedisco varie email di lavoro e programmo gli esami della prossima settimana. Si stava meglio quando si stava peggio, nel mezzo del lockdown?
    Solo al pensarlo mi viene da ridere, perché proprio nel mezzo del lockdown avevo avuto questa intuizione: rimpiangeremo anche questo! Mi rendo conto che a forza di relativizzare i disagi viene fuori che l’unica fortuna che si è davvero disposti a riconoscere è quella che il mio amico F. chiama “una pausa”, con ciò intendendo una pausa dalle inevitabili rotture di coglioni generosamente dispensate dalla vita. Ovviamente questa è la mia infelice sintesi di un pensiero un filino più elaborato, ma la sostanza quella rimane.
    I dati sul covid continuano a essere bassi, ma altalenanti; va bene, anche molto bene, dappertutto salvo che in Lombardia, ma a questo punto siamo davvero ritornati ai discorsi di febbraio, dove si poteva tranquillamente dire tutto e il contrario di tutto e all’occorrenza si trovava sempre qualche arruffapopoli con presunta laurea in medicina per dare un po’ di credito alle proprie posizioni. A proposito, ma dove sono finiti i vari tecnici delle varie task force, i virologi, gli epidemiologi? Dove sono tutti quei medici, anche pensionati, quegli specializzandi trasferiti da altre regioni, quegli infermieri a cui molti inneggiavano postando foto di persone esauste e in lacrime? Dove sono quelli che “d’ora in avanti mangio solo italiano, bevo italiano, compro italiano” con sullo sfondo un orgoglioso tricolore? Questi ultimi, immagino alla Lidl. Il personale medico dov’era prima, con possibilità di stabilizzazione a dir poco evanescente. I tecnici messi finalmente al posto che spetta loro quando non servono: in una cantina polverosa o – per dirla con l’ufficiale antipatico e formalista che se la piglia con Gunny nell’omonimo film con Clint Eastwood – chiusi in una teca dove è appeso il cartello “rompere solo in caso di guerra”. Sappiamo poi com’è finita.
    Conte oggi è andato dal PM di Bergamo a riferire sulla mancata chiusura della val Brembana, e si dice tranquillo. La stessa cosa avevano fatto Fontana e Gallera qualche tempo fa, sostenendo che secondo l’accusa la responsabilità della mancata istituzione della zona rossa era proprio del Governo. Trovo improbabile che entrambe le versioni siano vere, ma questo è quello che ci offre finora la covid-politica.
    Una delle cose forse più deludenti del periodo che stiamo vivendo qui in Lombardia resta per me la diffusa atrofia di giudizio di molti soggetti che anche personalmente sono stati toccati da questa emergenza, e che tuttavia non paiono trarne conseguenze anche minime (perché basterebbero queste) in termini di interesse e critica politica. Certo, ci sono gli insoddisfatti, ma sono quasi sempre gli stessi di prima; mentre quelli che prima non andavano a votare non ci andranno neppure la prossima volta, perché tanto “eh ma siamo stati sfortunati” e “gli altri non avrebbero fatto meglio”: vero e forse, ma con questo? Forse è proprio vero che la maggior parte ha i governanti che si merita: peccato solo che non valga per tutti.

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