minidiario scritto un po’ così dei giorni in Europa al tempo del contagio: giorno zero

La parte migliore è sedersi al tavolo e inventare il viaggio. Ma dalla fine di febbraio io so dove voglio andare e l’avevo detto nel minidiario dei giorni del lockdown: vado a dare un’occhiata in qualche pezzetto d’Europa, per vedere come stanno là. Avranno le mascherine? Misureranno la temperatura? Potrò abbracciarli? Sputare? Pochi giorni, stavolta, per farmi un’idea, poi ad agosto starò in giro di più. Anche per capire dove prendono i lombardi e dove no. Già, da dove posso uscire? Austria? Svizzera? Francia? Con che confiniamo, poi, oltre a produrre legname ed esportare prodotti agricoli? Consulto il sito di riferimento, re-open EU. Bene la Francia, verde, tutte le altre gialle, restringono. Mmm. La Svizzera richiede quarantena per chi proviene da zone altamente contagiose e intuisco subito di essere spacciato. E invece no, elencano le isole Turks e Caicos, ah certo come no?, la Macedonia del Nord, la Svezia e così via. Nemmeno l’Ucraina. Sono salvo. L’Austria pone limitazioni a chiunque si muova da paesi non-EU, sono salvo anche qui. Non è citata la Lombardia, fiuu. La Slovenia dice qualcosa su «Datum zadnje posodobitve» ma, tanto, non voglio passare di lì. Bene, il piano di fuga comincia a prendere forma, ora sono affari vostri, europei.

Dove, ora? Consulto la mia mappetta dei luoghi che voglio visitare, sono abbastanza distribuiti in Europa. Ma se voglio condurre un’indagine sulla situazione devo visitare il maggior numero possibile di paesi europei in pochi giorni, così da avere una panoramica attendibile. E devo farlo con mezzi terrestri, treni, autobus, stazioni, fermate, biglietterie, in modo da avere più elementi. Devo ragionare sui confini. Mappa. Il Reno è un buon inizio, attraversando un ponte posso vedere Francia e Germania. E Svizzera, per arrivarci. Bene. Poi potrei deviare verso nord, sfiorare la Mosella e puntare su, magari verso Belgio e Paesi Bassi, così da poterli andare a insultare di persona per come ci hanno trattato durante il lockdown. E così sarebbero cinque, mica male. Considerando poi che dovrei avere sì e no sette giorni è un’impresa quasi al limite. Però i Paesi Bassi sono gialli, essi limitano, serve una prenotazione per un albergo per entrare e non essere svedesi o portoghesi. Si può fare. Ci provo, non garantisco, magari finisco in quarantena a Chiasso.

La borsa. Preparo sette mascherine, un paio di ffp2, qualche guanto, chissà, quelle sanitarie le spillo agli angoli perché si romperanno di certo. Chissà se serviranno, sarebbe bello che no. Mi misuro la febbre, per sicurezza, non vorrei essere fermato a Milano Centrale con le pive nel sacco, ho 34,4°. Ottimo, l’importante è non avere più di trentasetteccinque, se sono già morto in ipotermia non importa. Che altro? Le cose della sanificazione, il gel e qualsiasi altra cosa, le troverò là e sarà comunque occasione di socializzazione, seppur pandemica. Non voglio informarmi più di tanto su come butta là fuori, voglio vedere. La pasticca di cianuro nel molare è sempre lì, pronta. L’opinel per togliere le sanguisughe pure, il siero antimalarico è scaduto ma tanto è tardi, il sasso con dentro la fotocamera è già nello zaino. Dimenticavo la cosa più importante: la carta di identità falsa con residenza in Molise, ora nessuno mi fermerà. Prendo anche il sombrero largo due metri per il distanziamento? No, eccessivo, forse. Prenderò un cappellone bavarese, alla bisogna. Compro un biglietto per il treno fino a Basilea, poi vedrò di giorno in giorno. Ci sono. Domani mattina vado, ci sentiamo qui nei prossimi giorni. Che Gallera mi protegga.


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