Ora, con la condanna a gennaio di Cavallini per aver aiutato gli esecutori materiali Fioravanti, Mambro e Ciavardini, sappiamo molto della strage.
Sappiamo molto anche di coloro che depistarono, Gelli e Musumeci, Belmonte e Pazienza, lasciando perdere chi, ogni anno, non si faceva mai mancare il piacere di dire qualche volgare stupidaggine interessata sulla strage, schifosi.
Dei mandanti non molto, diciamo che mancano i nomi ma gli ambienti e i moventi sono chiarissimi, in realtà si potrebbero anche fare dei nomi senza andare troppo lontano: Gelli, Ortolani, D’Amato, Tedeschi, Bellini. Un processo è ancora aperto, perché gli imputati sono vivi: l’ex carabiniere Segatel, l’ex generale dei servizi segreti Spella e Catracchia, che salta fuori di nuovo in via Gradoli a Roma, tutti accusati di aver intralciato le indagini.
Per far memoria di questa strage bisogna – anche – pensare a sé, oggi: mentre si parte per le vacanze, o per una fine settimana, in un autogrill, un casello, un luogo qualsiasi, una stazione, appunto. Gli ottantacinque di Bologna sono io, oggi, ogni giorno e ogni anno ai primi di agosto. Ma bisogna provare a immaginarlo, mentre oggi si fa una cosa qualsiasi, comprare un giornale o fare la spesa al supermercato, all’improvviso scoppia tutto. Ed è finita.