«Da Stettino nel Baltico a Trieste nell’Adriatico una cortina di ferro è scesa attraverso il continente» disse Churchill nel 1946 e io, nel 2020, sto andando proprio a Stettino, per vedere se davvero la cortina è di ferro. Che poi, cortina: è gergo militare, una cosa che stendi tra te e il nemico, in inglese è proprio curtain, tenda, di solito è quella fumogena. A Stettino la Polacchia finisce, sopra c’è solo la laguna di Stettino, un brandello di terra circondata dal mare e dalla Tedeschia controllato dall’Unione sovietica fino al 1990, e poi solo mar Baltico. A Stettino, fino ad alcuni anni fa, finiva un mondo e ne cominciava un altro, e viceversa, ma era un assurdo della storia: da secoli questi territori erano collegati e uniti, la stessa cosa, a valicare il confine non si nota nulla, questa immensa pianurona sabbiosa coltivata a granturco e costellata di betulle mica cambia. E invece no, le strade sono piccole, i treni viaggiano a cinque all’ora, nonostante poco più sotto ci siano ipertreni lanciati tra Berlino e Varsavia, parlo di pochi chilometri, ma qui è ancora confine, terra di nessuno, zona di militari.
Poco più a nord c’è Peenemünde, che è il posto dove i nazisti costruirono i poligoni e i laboratori per von Braun e il suo gruppo, per il programma missilistico del Reich. Non ci arrivarono, fortuna, e quando annusarono l’aria capirono che era meglio andare a ovest, così da farsi catturare dagli americani. E così fu, e furono la Florida e il programma spaziale fino all’Apollo e alla Luna, in venticinque anni. Vedi, uno piglia un trenino del menga in mezzo a una pianura scombinata e poi si ritrova al cospetto della Storia, quella con la esse maiuscola e con lo Spazio, proprio quello dell’universo. Militari, dicevo, al punto che persino i binari qui sono a scartamento più grande, come quelli russi, infatti i treni sono più larghi e, se ricordate i nostri vecchi treni a scompartimento, questi hanno quattro posti invece di tre (o otto invece di sei, a contarli tutti). Il che mi porta a una legge invariabile della Storia, legge che ogni militare dovrebbe conoscere: qualunque cosa tu faccia, non invadere mai la Russia. Seee. Dicono che lo sanno e poi ci cascano lo stesso.
Io lo sapevo che qui sarebbe finita la Polacchia ma per una legge invariabile dei miei viaggi, mai tornare indietro. E poi di là c’è la Germania, mica il vuoto. Quella Germania che, come dicevo prima, era un tutt’uno con tutte le città lungo il Baltico, nella lega Anseatica, che quando la Svezia invase queste terre fu costretta a ritirarsi, come la Polacchia, insomma: è operazione piuttosto inutile valutare i territori tenendo conto dei confini, non è così che funziona la geografia e la Storia in senso ampio. La Pomerania, il Meclemburgo, lo Schleswig e lo Jutland sono sostanzialmente la stessa cosa se non molto simili, la geografia, la conformazione e i traffici sono quelli, poi certo: uno sta di qua, ha gli złoty, usa il carbone e ha Gesù dalla propria parte, l’altro sta di là e ogni qualche decennio deve mettere in atto un piano di conquista del mondo. Quell’altro, ancor più in là, gioca con le costruzioni, odia gli stranieri e si bea dei propri biscotti burrosi e della regina. Ma sono invenzioni inventate lontano da qui, a Monaco, a Berlino, a Varsavia, a Mosca. Qui ci sono sabbia, mare e cieli spettacolari. E un caldo mica da poco, nonostante man mano gli alberi stiano perdendo le foglie e guadagnando gli aghi.
Dopo solo quattro ore di viaggio, per coprire duecento chilometri, sto per arrivare a Stettino, che pronuncialo tu in polacchico (Szczecin, impossibile da dire a un impiegato dietro a un vetro in biglietteria). Visto che il paesaggio scorre piuttosto lento fuori dal finestrino, è ora di riprendere il corso di polacco, con alcune parole idiomatiche che sono certamente utili nella vita quotidiana in Polacchia. Per iniziare, è bene sapere una cosa importante: in Polacchia è vietato per gli uomini essere più alti di 1,84 e per le donne di 1,74. Questo deve essere chiaro.
È una tabella su una bilancia pubblica, che nostalgia, anche le nostre avevano tabelle piuttosto limitate. Ora veniamo al corso in sé e per sé. Se dovete imbucare una cartolina o una lettera d’amore, il vostro posto è questo:
Il che ci riporta a quanto già imparato: la «s» diventa «cz», la «i» «y», l’importante è inserire delle «h», delle «z», delle «k», delle «ji» magari aspirando, nel senso di togliere, tutte le vocali possibili. Esagerando, mai trattenersi. E fin qui la grafia, bene. Ma come trovare la parola giusta in polacco? Ecco il segreto: pensate alla parola italiana, cercate un parasinonimo desueto, applicate le regole della grafia e vualà, ecco la parola in polacco. Ecco il primo esempio pratico, la gioielleria di gioielli ricercati e preziosissimi.
Ma questo è ancora niente. Che dire del negozio di abiti eleganti? Inarrivabile, bellissimo, mi dà gioia alla sola contemplazione.
Che, poi, se c’è la galanteria e l’uomo galante (e la donna? Può essere galante una donna? Voglio dire, certo che può, ma è un concetto che esiste in Italia?), allora ci dev’essere anche l’idea stessa, la galanza. Che meraviglia. E veniamo ora al termine più importante di tutti: quando nello spazio la stazione orbitante russa si ruppe, cioè finì la carbonella, sapete cosa dissero via radio a Mosca per avvertire dell’imminente disastro? Questo.
Esatto, mica Iustonabbiamounproblema o gnagnolare che ti si è rotto qualcosa, semplicemente: avaria! Avaria! E il bello è che funziona per tutto: sei dal tizio dei telefoni con il telefono rotto, lo punti col dito e dici: awaria! Stai avendo un incontro galante, cioè ti sei vestito alla galanteria per uscire con una donna e, sul più bello, hai difficoltà prestazionali? Awaria! Sono estasiato.
Ce n’è ancora: in libreria, quando avete voglia di un libro appassionante ma non impegnativo, magari con una bella storia con un investigatore e una trama fatta di crimine, che prendete? Un giallo. Già, ma che tristezza, solo perché le copertine Mondadori erano gialle. Ma che poca fantasia, Vogliamo mettere con l’esplosione di senso di questa locuzione polacca?
Non c’è paragone. Io voglio vivere all’est. Ho l’ostalgia, spesso.
Come ci vedono da fuori (parte seconda)? Un esempio, tra tanti.
Un ristorante, italiano come ce n’è mille ovunque, e che bella idea caratterizzarlo in stile mafioso: il nome, Corleone, i due manichini vestiti come don Vito Brando nel suo tempo libero e avanti così. Questa è però colpa nostra (meglio, colpa di qualcuno di noi), così poi quando scontiamo immancabilmente la battuta: «Aaaah, itagliano… pizzamandolino… mafia, bellusconecicciolina» allora la colpa è nostra, inutile prendersela.
Perché struonzisiamo, ah!
E ostalgie sia, avanti con la musica adatta, Destroy everything you touch dei Ladytron.
Ecco, io avevo anche finito per oggi ma il treno è fermo da quasi un’ora e volevo dare un’idea più precisa dei luoghi. Eccoli.
giorno zero | giorno uno | giorno due | giorno tre | giorno quattro | giorno cinque | giorno sei | giorno sette | giorno otto | giorno nove | giorno dieci | giorno undici |
E’ ripartito il treno ? In caso contrario suggerisco “www.trenord.com” i loro treni sono sempre in movimento, anche senza macchinista. Diglielo ai tuoi pollacchiotti.
Fortuna che dopo il cosiddetto “referendum per l’autonomia della Lombardia” viaggiare su Trenord sarebbe stato come viaggiare in Ferrari (per citare testualmente l’assessore lombardo ai trasporti). Cialtroni.
Siccome sono linguista inside, ho letto le cose sul polacco con sommo piacere. E mi sono ricordata di un viaggio nei paesi baltici iniziato in Lettonia. La lingua è meno straniante del polacco (o dell’estone, per fare un altro esempio) e dopo un paio di giorni certe cose cominciavo a coglierle. Poi avevo visto a Riga l’insegna di una negozio: MODE KORPULENTA DAMA e tutto all’improvviso aveva preso un’altra luce…
“Korpulenta dama” è meraviglioso, vengono in mente certe divisioni corazzate lanciate contro le trincee in Alsazia e, allo stesso tempo, una certa grazia nei confronti delle signore di taglia forte. Bellissimo, grazie.