52 anni, oggi, da questo momento memorabile.
Spiego per chi non era a Città del Messico quel giorno: durante la premiazione della finale dei duecento metri, Tommie Smith e John Carlos, scalzi, alzarono il pugno chiuso guantato di nero, in sostegno all’Olympic Project for Human Rights (Progetto Olimpico per i Diritti Umani), e non alle Pantere nere, come si dice spesso, o al Black Power. Fu la protesta più eclatante della storia delle olimpiadi.
Ma se si racconta una storia, allora bisogna raccontarla tutta: il secondo classificato, Peter Norman, velocista australiano, si fece dare una spilla del progetto e la indossò sul podio (si vede nella foto); pare peraltro che l’idea del singolo guanto nero sui due velocisti sia stata sua. Comunque, appoggiò la protesta, sebbene non abbia levato il pugno.
Gli australiani non la presero bene, tanto che i media e il comitato olimpico boicottarono Norman al punto da impedirgli di partecipare alle olimpiadi del 1972, sebbene si fosse qualificato più volte e fosse, in sostanza, il più grande velocista australiano di sempre. E lo è tuttora. Non fu nemmeno coinvolto nell’organizzazione delle olimpiadi del 2000, a Sidney.
Norman si battè tutta la vita per i diritti umani e fece poi l’insegnante di educazione fisica. Nel 2006 morì per un infarto e al suo funerale si presentarono Tommie Smith e John Carlos per portarne la bara.
Solo a quel punto, tardivamente, la federazione statunitense di atletica leggera proclamò il 9 ottobre il Peter Norman Day, vabbè, e il parlamento australiano nel 2012 si scusò:
This House:
1) recognises the extraordinary athletic achievements of the late Peter Norman, who won the silver medal in the 200 metres sprint running event at the 1968 Mexico City Olympics, in a time of 20.06 seconds, which still stands as the Australian record;
2) acknowledges the bravery of Peter Norman in donning an Olympic Project for Human Rights badge on the podium, in solidarity with African-American athletes Tommie Smith and John Carlos, who gave the ‘black power’ salute;
3) apologises to Peter Norman for the wrong done by Australia in failing to send him to the 1972 Munich Olympics, despite repeatedly qualifying; and
4) belatedly recognises the powerful role that Peter Norman played in furthering racial equality»
il che tradotto suona così:
Questo Parlamento:
1) riconosce lo straordinario risultato atletico di Peter Norman, che vinse la medaglia d’argento nella gara dei 200 metri piani ai giochi Olimpici di Città del Messico del 1968, in un tempo di 20.06, ancora oggi record australiano;
2) riconosce il coraggio di Peter Norman nell’indossare sul podio uno stemma del “Progetto Olimpico per i Diritti Umani”, in solidarietà con gli atleti afro-americani Tommie Smith e John Carlos, che effettuarono il saluto di “potere nero”;
3) si scusa con Peter Norman per non averlo mandato ai Giochi di Monaco 1972, nonostante si fosse qualificato ripetutamente; e
4) riconosce tardivamente il significativo ruolo che Peter Norman ebbe nel promuovere l’uguaglianza di razza».
Purtroppo, però, le esistenze umane sono brevi e Norman avrebbe meritato rispetto in vita, non dopo. E avrebbe meritato di gareggiare e di essere riconosciuto come un grande atleta e, più che altro, come uomo giusto e coraggioso.